Libertà di libero liberismo

Mentre ancora soffriamo per lo scandalo dei mutui subprime, è scoppiato quello del Libor, il tasso di riferimento di un immenso numero di contratti bancari. Lo scandalo ha portato a galla come il Libor venisse, nel libero mercato della finanza, manipolato dalle maggiori banche anglosassoni ed aumentato per lucrare indebitamente cifre enormi, insieme a banche, ignare di truffare i clienti.
Non so perché venga definito scandalo dato che nessuno si scandalizza. Neanche i truffati. Ma tant’è. Ammetto di essere contrario al liberismo delle teorie di Friedman pur essendo, in questa fase storica, favorevole alla libertà di mercato. Se libertà vigilata. Molto ben vigilata. Ciò che mi rende ostile ad esso è l’esperienza storica che dimostra che non funziona e non ha mai funzionato.
Il liberismo, in due secoli, è già fallito almeno tre volte:
- è fallito negli anni ‘70 del XIX secolo, alla fine dello stesso XIX secolo (E. Hobsbawm , Il trionfo della borghesia) e ne siamo usciti con una guerra,
- è fallito negli anni ’30 del XX secolo portandoci ad una nuova guerra
- è fallito adesso provocando questa nuova guerra mondiale (finanziaria).
Non solo: ovunque sono state applicate, le teorie di Friedman (mala rimasticazione delle incomprese e falsate idee dei padri dell’economia) hanno generato miseria (Naomi Klein, Shockeconomy) oltre ad un folle accentramento della ricchezza in poche mani come negli Usa di Reagan/Bush (50% della ricchezza allo 1% della popolazione) e della Gran Bretagna thatcheriana (50% della ricchezza allo 0,3% della popolazione).
Salto le conseguenze sulla salute pubblica e la protezione sociale negli Usa: chi ne è curioso, può leggere “Ecocidio” di Jeremy Rifkin. Tutto questo dovrebbe farne capire l’assurdità, ma si prosegue in quel folle progetto demolendo il welfare europeo fingendo che questo accada per cause forza maggiore (v. “Furto di informazione”, Il Manifesto), mentre è lo scopo.
In questa lotta, che è stata definita e che è una guerra senza cannoni, c’è ancora il solito schieramento: angloamericani contro Stati dell’Europa centrale, con la novità della Francia schierata con l’Europa centrale e dei potentati economici europei che fanno da quinta colonna di Usa e GB. Inoltre il neoliberismo ha due grandi difetti: A) è immorale o, almeno, è “a-etico” ed è basato su un assioma errato, anzi no, falso; B) anche in linea teorica è impossibile che funzioni e contraddice sé stesso.
Punto A. Il liberismo si basa sul principio che ciò guida del comportamento umano è l’interesse personale, qualsiasi altro interesse è irrazionale e, quindi, errato. Non cerco di seguire il premio Nobel Amartya Sen di “Etica ed Economia”, tenterò invece di spiegarmi con un ragionamento terra terra, degno di me. In primis mi sembra che l’esistenza di 5 milioni di volontari in Italia, dimostri a sufficienza che non tutti mirino all’interesse personale.
Certo, forse, parte della folla di volontari nel mondo persegue un interesse lontano dal voler aiutare gli altri, ma la gran parte ha proprio solo quello scopo. E poi vi sono miliardi di persone che vivono, lavorano e rischiano solo al fine di fornire agli altri quanto più è possibile e quanto questi chiedono: sono tutti i capifamiglia che, secondo le loro capacità, danno ai figli secondo i loro bisogni. Il che è una bella applicazione del principio socialista “ad ognuno secondo le sue capacità, ad ognuno secondo i suoi bisogni”. Perché, ed è strano che non se ne parli mai, le famiglie, base di ogni società, vivono tutte, anche quelle dei liberisti friedmaniaci e persino quella di Milton Friedman, sulla spontanea applicazione di quel principio.
Mi sembra che queste osservazioni di fatti noti a tutti siano sufficienti a dimostrare che è il principio del liberismo ad essere sbagliato (dato che troppi non cercano il tornaconto personale) e menzognero (dato che nega fatti vissuti da tutti). Ricordiamoci che il miliardario Warren Buffett ha chiesto che venissero aumentate le imposte a lui e ai suoi pari, certo non mirando al proprio interesse personale, e che tutti noi, quando incontriamo qualcuno che segue quel principio, lo tacciamo di egoismo. Nonostante tutto, questa sorta di folle religione va avanti e conquista sempre nuovo potere. A danno dell’umanità.
Punto B. L’altro principio del liberismo è che, se ognuno ricerca il proprio vantaggio, si formerà un sistema economico di massima efficienza e vi sarà il massimo benessere dato che, sempre ed inevitabilmente, la vittoria andrà al più efficiente. Strana idea. Perché, dal caotico agitarsi di miliardi di persone miranti al proprio scopo personale in base a personali idee, dovrebbe nascere una struttura sociale armonica e funzionale?
Quanto all’idea che vincerà sempre il più efficiente basta aver letto il gradevole racconto dl Mark Twain sul viaggio in Paradiso, per sapere che non è così. Inoltre, l’efficienza del comportamento deriva in gran parte dalle informazioni che si possiedono, chi garantisce che ognuno di noi abbia le necessarie informazioni (Furto di informazione, Il Manifesto)?
Sarebbe bene che i ”darwineconomisti” venissero informati (a proposito di informazione) che anche del darwinismo v’è una revisione. E’ nato due secoli fa. Inoltre, qualsiasi Stato ha una struttura sociale ed economica complessa, più complessa di un’azienda, ma nessuno di questi economisti penserebbe mai di raggiungere il successo della propria azienda dicendo ai dipendenti di far ciascuno del proprio meglio, facendo le sue scelte liberamente negli acquisti, nelle vendite, nella produzione, nella pubblicità e nella finanza. Perché sa benissimo che ne deriverebbe il suo fallimento. Perché ogni iniziativa colliderebbe con quella del collega/concorrente e ogni iniziativa dovrebbe distruggere l’iniziativa opposta posta in essere da un altro.
E’ chiaro che, anche se si evitasse il fallimento, la produzione e la vita dell’azienda avrebbero costi spaventosi. Così avviene in una società liberista: la vittoria del più abile avviene sulla distruzione di mille altre aziende meno forti. Vorrei calcolare quanta ricchezza viene distrutta ogni volta che ne nasce o cresce un’altra azienda. E’ evidente che sarebbe meglio per tutti scegliere una via programmatica nella quale agire per il proprio e l’altrui sviluppo.
Infine va notato che la stessa teoria iperliberista pretende una autorità in grado di imporre il rispetto della concorrenza, di impedire la nascita dei monopoli. Giusto. Ma non è questa una limitazione alla selezione naturale del più adatto? Oltre ai monopoli, poi. esistono i semimonopoli, le posizioni dominanti. E quando un operatore forte diventa troppo forte? Una posizione dominante diventa troppo dominante? E chi lo stabilisce? E i rimedi non sono tutte limitazioni alla libera formazione delle libere armonie economiche? E, soprattutto, questo non è una contraddizione in termini?
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