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“Lettere da Berlino”, un film da vedere

Film ottimo, molto coinvolgente. Poi, come in ogni “vicenda”, il giudizio è certamente influenzato dalla componente emotiva e social-politica del singolo spettatore. Alcuni anni addietro ho letto il libro “Ognuno muore solo” di Hans Fallada pseudonimo di Rudolf Ditzen, 1893-1947 ( pubblicato da Sellerio, ed. 2010). Ricordavo bene la storia e i passaggi salienti. All’uscita del libro ( 1947) Primo Levi lo definì “ il libro più importante che sia stato scritto sulla resistenza tedesca al nazismo”.

Nel libro si ricostruisce una storia vera di opposizione al nazismo, messa in opera da Otto ed Elise Hampel, iniziata con l’aggressione nazista alla Francia (maggio-giugno 1940). La tragica vicenda, ripresa dagli atti ufficiali della Gestapo, è lo spunto che permette all’autore di ricostruire nel romanzo, con intrecci vari e la creazione di molteplici personaggi, il clima di terrore in atto in quegli anni, conseguenti alla dittatura e alla guerra. Emerge, altresì, la sottomissione psicologica e materiale di gran parte della popolazione tedesca al nazismo. Già da anni erano state violentemente distrutte tutte le opposizioni organizzate.

Il film, uscito in Francia nel corso di quest’anno ( in Italia dal 13 ottobre), è scritto e diretto da Vincent Pèrez. Ben curate le scenografie, la ricostruzione degli ambienti interni e della città Berlino nei primi anni quaranta. Gli attori Emma Thompson e Brendan Gleeson interpretano i protagonisti della tragica vicenda: Otto e Anna Quangel, marito e moglie, lui operaio, lei casalinga. Certo, non è facile sintetizzare in un film di poco più 100 minuti un libro complesso, molto articolato negli intrecci che si sviluppano per 714 pagine. A mio parere il regista ci riesce bene.

Nel merito. Otto e Anna, dopo la morte del giovane unico figlio nel corso dell’occupazione tedesca della Francia, tormentati, abbandonano lo stato di “letargo” che aveva caratterizzato la loro vita dagli anni dell’ascesa del nazismo. Otto, capofficina in una segheria, matura l’esigenza di “fare qualcosa” per denunciare gli atti e i crimini del nazismo. E’ già iniziata anche la persecuzione degli ebrei. Con grande vitalità ed ardimento per quasi due anni svolge la sua “piccola” ed intrepida azione rivolta a palesare i crimini della dittatura e di Hitler. Lo fa in una maniera semplice, forse anche “ingenua”, dato gli incerti risultati; pericolosissima, tantissimi sono gli occhi che spiano. Otto, si mette in opera, lasciando – essenzialmente in luoghi pubblici – cartoline postali ( 267), con brevi frasi contro la guerra e i crimini nazisti; si inneggia alla libertà. La moglie Anna in moltissimi casi “fa da palo” all’esterno. Nel percorso del film la loro attività si intreccia con l’azione ossessionante condotta dalla polizia e dallo Gestapo rivolta a scoprire gli “untori” che si permettono di infrangere il sacro ordine. 

Chiudo, non voglio appesantire questa nota, raccomandando la visione del film. Mentre scorreva la pellicola per conseguente similitudine si è sovrapposto il ricordo del prof. adranita (Catania) Carmelo Salanitro. Antifascista da sempre. Dopo l’inizio della guerra di aggressione fascista sentì fortemente l’esigenza di fare qualcosa. Scriveva bigliettini contro la guerra e la dittatura, lasciandoli in grande parte nell’ambito della scuola. Scoperto, dal preside fu denunziato alla polizia. Il Tribunale speciale lo condannò a 18 anni di carcere. Fu ucciso, gasato, nel lager di Mauthausen il 24 aprile 1945.

 

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