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Lettera di un anonimo politico. I paparazzi rovinano la mia vita privata

Lettera di un anonimo politico al direttore de L’Occidentale.

Un anonimo politico: “Vivo nel terrore che la mia vita privata venga messa alla berlina” – L’Occidentale

Caro direttore, spero vorrà perdonarmi se le presenti circostanze mi inducono a mantenere l’anonimato, ciò non di meno confido che vorrà pubblicare quello che mi urge raccontare.

Sono un politico di non lunghissimo corso ma già gravato di non immeritate responsabilità: i miei precedenti successi professionali, un certo prestigio che godo tra i miei attuali colleghi e l’attenzione che spesso la stampa riserva alle mie proposte e iniziative, potrebbero far dire che la mia carriera politica sia destinata anche a maggiori traguardi.

Il mio partito mi apprezza e i miei rapporti con il leader sono ispirati da stima (ritengo reciproca) e sicura lealtà. Dovrei insomma essere tranquillo e dare il meglio di ciò che posso per veder realizzate le mie migliori aspirazioni.

Invece da qualche mese vivo nella più completa agitazione. [...] L’origine di tutte le mie ambasce si concentra lì dove mai mi sarei aspettato timori o vergogne: nella mia vita privata. Badi bene, direttore, non sono certo un uomo che si potrebbe definire integerrimo, pecco anch’io sette volte sette e spesso predico bene e razzolo male, ma ritengo di non aver mai fatto male ad alcuno e tanto meno di aver commesso qualcosa che anche lontanamente possa somigliare a un reato.

Eppure, come le ripeto, vivo da mesi come sotto assedio, temo la mia ombra e la lettura dei giornali è per me diventata una sorta di tortura quotidiana.

Sono stato sposato con una donna splendida ma i casi della vita ci hanno allontanati ormai da molti anni. Le donne mi sono sempre piaciute, e molto. [...] Eppure, se dovessi leggere i dettagli intimi di queste mie relazioni sui giornali credo che inorridirei e sprofonderei nella vergogna.

[...] Da qualche tempo ho una storia travolgente con una ragazza più giovane di me (lungi però dall’essere una minorenne) e così bella che spesso mi chiedo cosa trovi in quest’uomo brizzolato e appesantito che sono diventato. Il nostro è stato un incontro casuale, in una festa di amici, ma dal momento del primo sguardo è stata una frenesia di telefonate, messaggi, appuntamenti, lettere d’amore, attimi rubati alle riunioni, ai voti, alla politica. [...]

Ma ora tutto è cambiato: apro le cronache di Repubblica o del Riformista e resto incredulo nel leggere pagine che pensavo relegate nei giornali per uomini soli, quelli racchiusi nel cellophane e debitamente censurati in copertina. Invece oggi quelle pagine gonfiano i giornali con nomi e cognomi, dettagli vietati ai minori, foto rubate, sms, confessioni a luci rosse. Poi vedo che escono libri in cui si consumano atroci vendette contro malcapitati politici colpevoli di non aver compensato con un seggio parlamentare quella che credevano fosse sincera affezione. E ancora, i giornali accreditano come vere quelle storie e se ne fanno grancassa. Lei, direttore, non ci crederà, ma tutta questa sporcizia me la sento addosso, come se fosse di me che si parla, come se fossi anch’io spiato e sul punto di essere messo alla berlina.

[...] Tremo se [la mia compagna, ndr] mi scatta una foto, cancello i suoi sms appassionati e rabbrividisco all’idea dei miei che potrebbe aver conservato. La sera, quando finalmente dedichiamo il nostro tempo e le nostre attenzioni solo l’uno all’altra, mi premuro di chiudere le tende: immagino – lo so è folle – che un giornalista di Repubblica o del Riformista sia appostato nell’appartamento di fronte con teleobiettivi e microfoni direzionali.

Nell’intimità non mi lascio più andare come prima: ogni gesto, ogni carezza, mi si traduce in testa in un racconto di giornale, nel capitolo di un libro. [...] Qualche giorno fa eravamo al ristorante noi due da soli, lei mi chiedeva del mio lavoro, dei miei rapporti con i colleghi, con il leade: tutte cose normali, che ha sempre fatto con sincero interesse per quello che faccio. Confesso però che questa volta – approfittando di una sua visita alla toilette – ho frugato nella sua borsa in cerca di un registratore acceso. [...]

Così odio i giornali, i giornalisti, i moralisti dell’ultim’ora, i talebani dei “comportamenti privati”, gli spioni, gli speculatori politici, i mentitori per interesse e tutti quelli che hanno seminato il sospetto e la paura tra me e la persona che amo.

Vede, direttore, io mi vergogno di firmarmi con il nome e il cognome, mentre i nomi e i cognomi di queste persone oggi sono venerati e applauditi come eroi della pubblica moralità, coraggiosi di svelatori dei vizi privati dei potenti e dei politici.

Dovrebbero invece essere loro a vergognarsi per aver trasformato questo paese in un letamaio, la loro professione giornalistica in una gogna e l’amore, il sesso, il desiderio in colpe da espiare.

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