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Lettera aperta a Monti: "In Italia negli ultimi 3 anni diritti dei rom violati"

Tre anni fa l'inizio del Piano Nomadi a Roma, la «rivoluzione copernicana» del sindaco Alemanno. Tre anni di diritti umani violati e di direttive del governo italiano calpestate. La denuncia in una lettera scritta al presidente Monti da cinque organizzazioni di Roma e Milano.

Esattamente tre anni fa, il 31 luglio 2009, il sindaco Alemanno e la vice sindaco Belviso presentavano il Piano Nomadi di Roma indicandolo come «una rivoluzione copernicana» che avrebbe consentito finalmente di dare una risposta definitiva all'"emergenza nomadi" attraverso un percorso segnato dalla «legalità» e dalla «solidarietà».

Il tragico e sciagurato itinerario che ha scandito le diverse azioni del Piano Nomadi è stato in questi tre anni segnato da violazioni sistematiche dei diritti umani, sperpero di denaro pubblico, azioni propagandistiche, abusi e negligenze istituzionali.

Il 16 novembre 2011, con sentenza n. 6050, il Consiglio di Stato ha dichiarato l'illegittimità dello stato di emergenza sul quale è fondato il Piano Nomadi della giunta Alemanno. Il 24 febbraio 2012 il governo italiano ha approvato la Strategia nazionale di inclusione di rom, sinti e camminanti nella quale si impone alle amministrazioni locali di «concorrere in maniera coordinata all'obiettivo che il governo si è prefissato nella cornice comunitaria». Il 15 giugno 2012 il ministro per l'Integrazione Andrea Riccardi nella missiva n. 3014 ha comunicato alle autorità romane la Strategia approvata dal governo Monti. Nonostante tutto ciò, il 5 luglio 2012 il sindaco di Roma, in occasione del recente sgombero del "campo nomadi" di via del Baiardo, ha ribadito: «Il Piano Nomadi va avanti!».

Per questa ragione l'Associazione 21 luglio, l'European Roma Rights Centre, la Consulta Rom e Sinti della città di Milano, il gruppo di sostegno Forlanini, il NAGA UPRE Roma hanno inviato al presidente del Consiglio dei ministri Mario Monti, al ministro dell'Interno Annamaria Cancellieri, al ministro del Lavoro Elsa Fornero e al ministro per l'Integrazione Andrea Riccardi una lettera in cui hanno denunciato la forte divergenza tra politica e pratica per quanto riguarda l'inclusione dei Rom e dei Sinti.

«A tutt'oggi - si legge nella lettera - rimane uno stridente contrasto tra gli scopi annunciati nella Strategia [del governo Monti] e le azioni intraprese dalle autorità a livello locale e che coinvolgono i Rom e i Sinti nelle città di Roma e Milano». Per questo viene chiesto al governo italiano di verificare e promuovere «azioni adeguate affinché la Strategia nazionale venga rispettata e applicata in tutto il territorio nazionale».

«La forbice tra quanto sostenuto dalla Strategia del governo Monti e quanto praticato dal Piano Nomadi della giunta Alemanno - sostiene l'Associazione 21 luglio - è preoccupante e pone lo stesso Piano Nomadi su un livello di illegalità istituzionale. La "rivoluzione copernicana "presentata tre anni fa dal sindaco di Roma non è stata altro che un triste ritorno al "sistema tolemaico" delle passate amministrazioni. Chiediamo al governo nazionale un incisivo intervento perchè la Strategia nazionale, approvata dall'Europa, possa essere recepita anche nella città di Roma, dove trasferimenti forzati e costruzione di nuovi mega campi monoetnici continuano a segnale la politica dell'attuale giunta».

Di seguito, il testo integrale della lettera:

PDF - 288.6 Kb

Commenti all'articolo

  • Di Renzo Riva (---.---.---.241) 1 agosto 2012 20:46
    Renzo Riva

    Ecco la risposta di Indro Montanelli a una lettrice del Corriere della Sera

    Montanelli Indro

    Pagina 29

    (30 dicembre 1995) - Corriere della Sera

    http://archiviostorico.corriere.it/1995/dicembre/30/Viaggiai_sul_carrozzone _degli_zingari_co_0_95123012229.shtml

    Caro Montanelli,
    Le faccio una domanda di attualita’ .
    Come possono vivere nella societa’ industriale moderna, gli zingari, nomadi, unico popolo del mondo che vuol vivere senza lavorare?

    Anna Lora Turre, Trieste

    Cara Signora,
    Non lo so.
    Ma la sua domanda e’ piu’ che legittima perche’ le nostre societa’ potranno convertire al lavoro qualunque comunita’ od etnia meno quella degli zingari.
    Glielo dice uno che gli zingari li conosce abbastanza bene essendo uno dei rarissimi estranei che sia stato una volta ammesso a viaggiare su uno dei loro carrozzoni, quando erano tirati dai cavalli.
    Questo avvenne nella primavera del ’ 39 . pensi un po’ ., quando mi trovavo in Albania, dove conobbi un ebreo greco del Cairo, del cui fratello ero stato compagno di scuola a Parigi, e che faceva di mestiere l’ impresario di violinisti tzigani andando a scoprirne i talenti nella loro randage tribu’ .
    Facendomi passare per suo assistente, ottenne un posto anche per me in una carovana in viaggio da Corizza in Albania a Salonicco attraverso Macedonia e Tessaglia.
    Questa "lunga marcia", che mi forni’ materia per un reportage a puntate sull’ edizione pomeridiana del Corriere, duro’ quaranta giorni, e non le dico in che condizioni arrivai alla meta: smagrito di parecchi chili (e nemmeno allora avevo da buttarne via) perche’ non potevo mettere in bocca gl’ intrugli che mangiavano loro in un sudiciume inenarrabile, e pieno di cimici, pulci e pidocchi, insomma ridotto in tale stato che all’ albergo si rifiutavano di accogliermi, e dovette intervenire il nostro Consolato per trovarmi un letto.
    In quel viaggio imparai, sulla vita degli zingari, varie cose, ma soprattutto una: l’ inutilita’ di spiegargli il motivo per cui eravamo continuamente inseguiti, spesso a schioppettate, dai contadini e pastori del posto, e che era uno solo: il furto.
    Rubavano tutto quello che trovavano per strada: agnelli, galline, farina, attrezzi sicche’ varie volte rischiai di morire anch’ io come ladro di polli.
    Ma non si rendevano conto di cio’ che facevano perche’ il concetto di "proprieta’ " non e’ mai entrato nei loro cervelli, tanto e’ vero che negli stessi carrozzoni tutto era di tutti, anche le donne e i figli.
    In questo erano molto simili agl’ indiani del Nord America, quando i pionieri gli offrivano qualcosa per comprare qualche pezzo di terra.
    Non capivano cosa significasse "comprare" perche’ per loro la terra non era di nessuno, cioe’ era dei bisonti che ognuno era libero di cacciare.
    Quindi, cara signora, la sua domanda e’ del tutto pertinente. E’ assolutamente impossibile istillare negli zingari il concetto di proprieta’ e quindi educarli al lavoro come mezzo per conquistarsela.
    Ma temo che sia altrettanto impossibile far capire tutto questo ai nostri pietisti, religiosi e laici, che farneticano di "integrarli".

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