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Le confessioni di Roberto Andò

Se un summit internazionale tra ministri economici così come lo ha immaginato il regista Roberto Andò nel film Le Confessioni fosse possibile o reale, dove cioè ci fossero invitati con competenze diverse dall’economia, ad es. un monaco certosino (Tony Servillo), un’avvenente scrittrice di successo di libri per bambini (Connie Nielsen) e una rockstar, un vertice le cui conclusioni tenessero conto dei punti di vista di chi è lontano da teorie economiche, allora il film e il regista riceverebbero di certo un Nobel per la pace.
 
Il luogo prescelto è un albergo dall’aria claustrale dove un vero vertice di primi ministri si tenne nel 2007, ad Heiligendamm sulla costa tedesca di fronte alla Danimarca: c’era già la Merkel, c’erano ancora Prodi, Blair, Sarkozy, Abe, Putin, Bush, Schroeder. Considerando la scelta della “location”, il film ha il sapore della presa in giro di questi vertici; qui non manca una contestazione di fanciulle nude, nella realtà la contestazione fu molto affollata e corredata di black-blocks. Questi ministri tutti “intappati”, eleganti ma prigionieri delle loro giacche e cravatte, dei loro riti e salamelecchi, delle lussuose auto nere o blu con vetri oscurati che li recludono e li tengono distanti dalle popolazioni per le quali decidono le condizioni di vita, sembrano vittime essi stessi. Le inquadrature aeree iniziali mostrano un nugolo di questi “corvi neri” che si apre all’arrivo di un’altra lucida Mercedes da cui sbarca il frate Roberto Salus in abito bianco, inspiegabile presenza per questi esperti, uno che non ha nemmeno un conto corrente, non soldi propri, che parla un linguaggio pacato ma improntato alla pace, al buon senso e, ça va sans dire, alla Chiesa che deve occuparsi di cimenti molto più grandi di quelli contabili. Queste immagini le accompagna una musica delle grandi occasioni, un inizio solenne.



Salus ha un suo apparecchietto portatile dove registra i cinguettii degli uccelli e una frase napoletana che sa di monito, di colpa e di espiazione: Quando in cielo un angioletto nun fa chille c’ha da fà, u Signori lu mette in una cella scura scura. Guarda due bambini appena fuori dall’aeroporto dove lo preleverà un’auto, che contrasto quell’innocenza con lo stile compassato del vertice a cui è invitato. Davvero vittime questi ministri, prendono aria davanti all’albergo in sedili coperti che sembrano gabbiette, le loro stanze hanno una vaga aria di loculi. La ministra canadese, anch’essa una bella presenza (Marie-Josée Croze), è molto umana, chiacchiera dei 200 milioni di senza lavoro dei paesi del G8 ma poi passa ai dovuti convenevoli coi colleghi e, lei “colomba”, si intrattiene amorevolmente nella stanza del “falco” ministro tedesco, Fuchs, per una notte sola si concede amanti che poi non vuole più rivedere. L’attore di Fuchs ha i soliti cattivi occhi di ghiaccio, ma affascinanti, di Richard Sammel (Appartamento ad Atene, Bastardi senza gloria, La vita è bella). Tutti hanno studiato molto Keynes, Ricardo e chissà quanto altro ma Non possono prevedere le conseguenze delle loro azioni, peròrestituiscono illusioni alla speranza. Noi che a questi incontri al vertice non possiamo prendere parte, vediamo per la prima volta queste eccellenze in vestaglia, quando la mattina dopo l’arrivo viene trovato morto nella sua camera il presidente del Fondo Monetario, Daniel Roché (Claude Auteuil), soffocato da un sacchetto di plastica stretto attorno al collo. Si era confessato col frate la sera prima: Salus era stato invitato da lui stesso su indicazione del ministro italiano (Pierfrancesco Favino), anch’egli col bisogno di confessarsi, dire ad altri i propri misfatti deve essere consolatorio. Il frate è stato dunque l’ultimo a vedere il Presidente, a lui che gli aveva chiesto perché volesse confessarsi Roché aveva risposto un premonitore Per non perdere tempo! Nella sua confessione quest’uomo così potente, che poteva disporre per sé di quante ricchezze volesse, che poteva inondare il pianeta di denaro (il “quantitative easing” che sta compiendo Draghi della Bce) oppure restringere l’afflusso di prestiti per i Paesi che non fanno bene i loro “compiti”, non intendeva certo svelare al frate la manovra che era stata decisa dai “grandi” del mondo e che si andava a discutere. La loro moderna società segreta di banchieri ha il vincolo del segreto come i frati hanno quello della confessione, pure se la loro decisione avrebbe reso alcuni Paesi ancora più poveri ed era una minaccia alla democrazia, del resto badano all’austerità più che alle sue conseguenze. I banchieri sono I soli che accettano che la vita sia imperfetta, dice Roché, la fame e la miseria possono poi incentivare lo sviluppo, attuano la distruzione creativa, ma sono impotenti, miscuglio di arroganza e mediocrità (queste “doti” ricordano molto quelle dei politici in ritiro spirituale diTodo Modo).
 
Coi moniti pacifici ma severi di Salus (di Inganni sono piene le case dei ricchi, di quelli che pagano scrupolosamente le tasse) la decisione non avrà luogo, e tocca proprio al “falco” tedesco annunciarlo. Magnifiche interpretazioni: la bravura del Tony Servillo attore si potrebbe riassumere nella credibilità che aveva sotto le vesti dell’”imprenditore” che ricicla rifiuti in Gomorra e in quella che ha qui nel ruolo di un frate di disarmante bontà, mistico, lontano dalle ricchezze del mondo, che sono al contempo miserie. Ottimo Claude Auteuil anche qui, come banchiere, e l’unico vero amico che accorre a Heiligendamm alla sua morte, Lambert Wilson. Magnifico film, da premio Nobel!

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