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Le cicogne scelgono il junk food e non migrano più

Molte non migrano più, ma si fermano tra Spagna e Portogallo dove le discariche sono una fonte inesauribile di cibo. Cosa succederà quando verranno chiuse?

di Eleonora Degano 

Non è qualcosa di cui vantarsi, ma non siamo l’unica specie che ha un problema con il junk food. Anche le cicogne bianche non possono resistervi, ma l’aspetto inquietante è che la colpa è nostra: a partire dalla metà degli anni Ottanta molte hanno smesso di migrare dall’Europa verso l’Africa e si fermano tra Spagna e Portogallo, dove mangiano tutto quello che trovano nelle discariche.

Sono sempre più le specie di uccelli migratori che cambiano il loro comportamento in risposta a influenze antropiche (non ultimo il cambiamento climatico) e a sollevare il problema sono i ricercatori dellaUniversity of East Anglia su Movement Ecology: le cicogne fanno a tal punto affidamento su questa nuova fonte di cibo da aver cambiato varie abitudini, dall’utilizzo del nido alla distanza che percorrono per procurarsi da mangiare ogni giorno. Hanno il tempo di scegliere un nido migliore, ma riescono comunque a riprodursi in anticipo rispetto ai tempi considerati “normali” in una migrazione. La casa è per 365 giorni l’anno, ed è stata scelta con talmente tanta cura che la nuova attività invernale è tenerla al sicuro.

Il gruppo di ricerca, guidato dall’ecologa Aldina Franco della UEA’s School of Environmental Sciences, ha monitorato 48 uccelli tramite device dotati GPS, che trasmettevano la posizione degli animali cinque volte al giorno e, grazie a un accelerometro, fornivano importanti informazioni sulle attività in corso. Così è stato possibile tracciare i movimenti tra i nidi e le discariche, valutare la distanza dei viaggi e sapere cosa stavano facendo gli uccelli nei vari momenti della giornata. Quelli che non erano riusciti a procurarsi un nido vicino alle discariche ogni giorno percorrevano dai 28 ai 48 chilometri per raggiungerle, gli altri si limitavano a fare avanti e indietro tra il nido e la spazzatura. Ricapitolando: le cicogne hanno costruito nidi permanenti vicino a una fonte di cibo inesauribile per tutto l’anno, ma cosa succederà quando le discariche verranno chiuse, come previsto dalle EU Landfill Directives?

È proprio la domanda che si pone Franco. “La popolazione di cicogne in Portogallo è decuplicata negli ultimi 20 anni. Oggi il Paese ospita circa 14 000 uccelli durante l’inverno, e il numero continua ad aumentare”, dice la ricercatrice in un comunicato. L’80% di questi uccelli vive nei pressi delle discariche. Nel 1995 si contavano appena 1187 individui in tutto il Portogallo. “Questo è un momento eccezionale per studiare le migrazioni animali. Molte specie che in passato erano del tutto migratorie, cicogna bianca compresa, ora hanno popolazioni residenti in Europa. Vogliamo comprendere le cause e i meccanismi dietro a questi cambiamenti nel comportamento migratorio”.

Le nuove direttive europee prevedono la progressiva chiusura delle discariche portoghesi, destinate a essere rimpiazzate entro il 2018 da strutture specializzate che smaltiranno i rifiuti al coperto. Niente più cibo facile per le cicogne, che “dovranno trovare una fonte alternativa”, dice Franco. Cosa faranno? Potrebbero morire di fame, ma anche ricominciare a migrare. Anche perché le discariche sono solo un tassello, seppur cruciale, in un puzzle molto grande di novità favorevoli per gli uccelli, molte delle quali legate al riscaldamento globale. Negli inverni sempre più miti abbondano grilli e cavallette extra di cui nutrirsi, mentre le risaie sono ricche di gamberi turchi, una specie invasiva che rappresenta un ottimo spuntino per cicogne.

In ogni caso non possiamo ancora sapere se gli uccelli che non migrano ottengano un vantaggio in termini di fitness, il successo riproduttivoproprio e della progenie, né perché alcuni migrino ancora e altri siano diventati sedentari. Tutti dubbi che i prossimi studi cercheranno di chiarire.

@Eleonoraseeing

Leggi anche: Perché gli uccelli volano “a V”?

Pubblicato con licenza Creative Commons Attribuzione-Non opere derivate 2.5 Italia.

Crediti immagine: University of East Anglia

Questo articolo è stato pubblicato qui

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