• AgoraVox su Twitter
  • RSS
  • Agoravox Mobile

 Home page > Attualità > Ambiente > Le case murate di Ronchi dei Legionari

Le case murate di Ronchi dei Legionari

L'autunno, a parer mio, è una delle stagioni più affascinanti più intense, più calde offerte da madre natura a tutti noi poveri uomini che altro non facciamo che destabilizzare l'esistente per un giorno rimpiangere e piangere il ricordo di un colore carpito nella selvaggia natura.

Percorrere strade cementificate dal progresso involutivo umano, dalla cupidigia umana, circondato da colori apparentemente contrastanti tra loro, ma in verità legati dall'armonia di quello splendore meravigliosamente semplice che si pone innanzi ai propri occhi, giorno dopo giorno, anno dopo anno, vita dopo vita, è sempre esperienza degna di esser sognata.

Ecco il giallo ambra accolto nel blu cielo, ecco il rosso scarlatto coccolato da piccoli ed infiniti filamenti di verde erba, ecco il bianco perdersi sui quei delicati ma intensi riflessi di vita, nelle libere acque del fiume Isonzo.

Tra pensieri smarriti nel volo dei gabbiani, ed il canto del vento, giungi a Ronchi dei Legionari.

Ci troviamo nella c.d. Bisiacaria che è collocata fra il caldo Carso e le fredde acque dell'Adriatico.

Ronchi è una cittadina che ha vissuto insediamenti già in epoca pre-romana ma nello stesso tempo ha patito grandi e drammatiche devastazioni. Vedi le incursioni degli Ungari, quelle dei Turchi, la guerra Gradiscana, per arrivare ad essere insignita della medaglia d'argento al valor militare per i sacrifici delle sue popolazioni e per la sua attività nella lotta partigiana durante la seconda guerra mondiale.

Ed è proprio durante questo tragico evento, che nella cittadina della Bisiacaria vengono costruiti i c.d villaggi per i militari. Dopo l'otto settembre del 1943 queste abitazioni vennero occupate da chi era senza casa, vennero abitate dagli sfollati del dopo guerra.

Questa che racconterò brevemente è la vicenda delle case Pater di Ronchi dei Legionari.

Si tratta di piccole ma affascinanti costruzioni edificate lungo il vialone che congiunge Ronchi con RediPuglia. Sono circa 58 casette. Molte abbandonate a se stesse, molte murate. L'ultima muratura è di pochi giorni addietro.

Voglio capire meglio, voglio comprendere il perché di questa triste fredda autoritaria muratura. Si potrebbe dire cosa c'è di strano in ciò. La sensazione che si prova nel vedere di persona murate abitazioni ove per molto tempo emozioni amori e dolori sono stati vissuti è sempre un qualcosa di particolare, è sempre un qualcosa che deve spingere a riflettere.

Murare le porte d'ingresso, murare le finestre, distruggere i bagni e le cucine, chiudere lo spazio è la risposta autoritaria e legalitaria che si conferisce a chi crede in altro sistema a chi crede che le cose possano essere amministrate diversamente e nel rispetto del sentimento e dell'amore per le persone.

Per molto tempo si è tollerato che in quelle case, dove il Comune è proprietario del terreno ove sono edificate e l'Ater ente che si occupa di edilizia c.d.popolare ed avrebbe la titolarità della gestione degli immobili, che persone vivessero in abitazioni su cui emergevano ed emergono ben chiari interessi di speculazione economica ed edilizia.

Ciò per evitare che si possano occupare abusivamente spazi? Come ricorda Lugi Bon, consigliere Comunale di Ronchi del Prc, in quella cittadina la gente non è abituata a queste cose, non è abituata alle occupazioni. Ma è anche vero, ricorda sempre Luigi "che le persone che abitavano vicino a chi viveva in quelle casette non si chiedevano se queste persone fossero regolari o meno, perché a Ronchi vi è stata sempre una gran cultura di integrazione sociale".


Ma oggi le case devono essere murate.

Chiuse.

Devono essere abbandonate alla loro fine, alla triste morte, anziché investire in un piano di recupero, considerato anche il fatto che nel solo Comune di Ronchi vi sono un centinaio di famiglie in attesa di assegnazione di una casa c.d. popolare.

Ma gli interessi economici vengono prima di ogni cosa.

In un comunicato, condivisibile, di Rifondazione Comunista di Ronchi, che ha seguito per anni la vicenda di queste case il cui esito sembra scritto si legge che: "le casette pater sono un bene culturale perché legate, integrate e intimamente connesse all’area culturale, al contesto territoriale del Comune di Ronchi che le ha prodotte e dal quale derivano senso, sostanza e valore. Quest’area è per noi importante perchè fa parte della nostra storia e della nostra cultura. Guardando le casette, parlando dell’area, ricordiamo la nostra storia e dialoghiamo col passato.
Invece, una loro distruzione, o una modifica dell’impianto e dell’immagine complessiva farebbe perdere tutto ciò: storia, ricordo e cultura spazzate via. Amen. 
"L’organizzazione del territorio ma anche la sua forma (il paesaggio delle casette) sono interessi pubblici che Comune e ATER non devono distruggere ma tutelare ". da subito si potrebbe partire nelle case non abitate con piccole manutenzioni e interventi più consistenti coinvolgendo operatori con esperienze cooperative e del volontariato".
 
Il progetto posto in essere dal Comune si richiama al Piano Regolatore Particolareggiato Comunale del 1996 e che prevede in sostanza la demolizione di quelle casette per favorire la costruzione di orrende palazzine residenziali, simili a casermoni di cemento.

Il tutto rientra in una logica chiara e ben definita.

Si tollera l'occupazione delle persone che vivono in quelle casette, si attende il decorso naturale della loro vita, e poi via libera con la muratura, si evitano le occupazioni da parte dei loro eredi (?), si incrementa il degrado, si maturano accordi con privati immobiliaristi, si allungano nello stesso tempo le liste di attesa di chi necessita di una casa popolare, ed ecco per magia la soluzione .
Una soluzione scritta negli anni 90 circa, demolizione della storia, demolizione delle speranze, solo ed unicamente per favorire ancora una volta presunti interessi oscuri ai più ma chiari a determinate perone certamente.

Questa storia, è una di quelle tante storie che caratterizzano il nostro amato paese, è una di quelle storie che sono tipiche del modo in cui funziona il sistema vigente, sono tipiche di come il potere attende, per poi colpire. Lascio quelle casette con l'immagine di un paio di scarpe di qualche bambino abbandonate sul muretto situato accanto a quella che un tempo era una porta di una casa ove vi era vita.

Scarpe nere, nere come il senso di quell'autoritarismo imposto dall'alto, simbolo di quel potere che non ascolta la volontà di quel popolo che è sempre più rassegnato alle nefandezze del sistema.

Ma quelle scarpe voglio vederle in modo diverso.

Voglio credere che quelle scarpe stiano aspettando qualcuno pronte a raccoglierle per entrare a testa alta dentro quelle case demolendo il muro delle speculazioni il muro del potere, il muro del danaro.

Lasciare un commento

Per commentare registrati al sito in alto a destra di questa pagina

Se non sei registrato puoi farlo qui


Sostieni la Fondazione AgoraVox







Palmares