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Le Donne Avventurose 1

Alle donne avventurose che sono tutte le donne.

A quelle voglio dedicare una serie di scritti intraprendendo il titanico compito di raccontare di alcune che sono artiste famose e mie eroine, esempio e riferimento nel mio sentire; e di altre, apparentemente comuni, ma eroine del vivere quotidiano, invisibili al mondo e, quindi, anti-eroine per eccellenza.

Tina Modotti 

Di frequente mi capita cercare una libreria solo per annusare l’odore di carta che ancora si respira: è una sensazione che mi dà sicurezza e mi stimola. Circolando tra gli scaffali senza una precisa ricerca, scopro argomenti nuovi che vorrei conoscere; ma, nel tentativo di disciplinarmi e considerando la pila di libri e di riviste che ho ancora da leggere in casa, cerco di non comprare altro prima che il livello della mia pila non si sia abbassato. Come artista plastica sono sempre stata appassionata di arte e fotografia collezionando immagini e studiando autori la cui produzione mi colpisce. E’ proprio con questi libri che mi concedo una deroga, le immagini si contemplano, si comsumano in una maniera più veloce.

In una di queste mie visite mi sono imbattuta nell’edizione economica di una raccolta di fotografie: le immagini mi sedussero immediatamente e lo acquistai senza esitazione. Era un libro di scatti di Tina Modotti. Le immagini erano molto belle, e nel tempo l’ho sfogliato spesso. C’era una breve biografia di Tina, sufficiente a farmi intuire che avevo a che fare con una artista ed una donna coraggiosa. Poi quel libro, il mio libro, lo regalai ad un’amica affinché potesse avere qualcosa di mio, accompagnandolo con una dedica sul coraggio delle donne avventurose.

Non so perché, ma privarmi di quel libro mi fece sentire una tale nostalgia delle immagini che conteneva da spingermi ritornare in libreria per comprarlo: impossibile, quei libretti non li stampavano più e non ne era rimasto neppure uno! Non mi diedi per vinta, cercai su Internet e scoprii l’esistenza del Comitato Tina Modotti, che si occupava di tenere viva l’opera e la storia della fotografa. Dietro mia richiesta ricevetti un libro bellissimo: “Tina Modotti, Arte Vita e Libertà”. Accanto alla serie di foto ancora più ricca e completa del mio tascabile, c’erano testi meravigliosi (soprattutto lettere) scritti da Tina stessa o dai personaggi che avevano fatto parte della sua vita.

Che meraviglia! E quanta passione nella sua vita! La fotografia, i suoi amori, il suo impegno politico e sociale, il fermento culturale del Messico degli anni ’30.

Successivamente nel 2006 ebbi la fortuna di poter ammirare un’ampia selezione di immagini e documenti in una esposizione tenuta a Roma nel complesso del Vittoriano.

Di seguito riporto solo alcuni stralci dei testi presenti nel mio libro “Arte Vita e Libertà“. Spero sempre che tu, lettore curioso, possa approfondire personalmente e godere dalla fonte e non da ciò che io ho già gustato e premasticato.

“……. e facevamo matte risate sui ruoli assurdi che interpetava. L’intelligenza e la fantasia dei nostri registi non arrivavano ad immaginare una ragazza italiana che non abbia un coltello tra i denti e gli occhi iniettati di sangue.[1]

“Ho stampato il nuovo ritratto di Tina. Con quello di Lupe è il migliore che io abbia fatto in Messico, forse il migliore in assoluto. Ma mantre il volto di Lupe è eroico, quello di Tina è nobile, maestoso, esaltante. Il volto di una donna che ha sofferto, che ha conosciuto morte e delusione, che si è venduta ai ricchi e si è donata ai poveri, la cui infanzia è trascorsa fra privazioni e duro lavoro, la cui maturità deriva dall’esperienza amara e dolce allo stesso tempo di chi ha vissuto intensamente, profondamente e senza paura” (dal Diario di Edward Weston, Messico 1924)

“Tina Modotti trae linfa vitale dalle radici del suo temperamento italiano. La sua opera artistica è fiorita però in Messico, raggiungendo una strana armonia con le nostre stesse passioni”. (Diego Riveira, Messico 1926)

“La sua intelligenza le consentì di percorrere diverse strade: quella del teatro, della fotografia e dell’amore. Le interessava l’immagine dell’uomo, il perché della povertà degli esseri umani, le ragioni delle tristi disuguaglianze sociali e le sue fotografie si vennero trasformando in intime scoperte di quella miseria che, quando si tocca con gli occhi, obbliga a scegliere una strada”. (Maria Teresa Leon, Roma 1971).

“…E tutto il giorno seguente sono rimasta inebriata dal ricordo della notte trascorsa, e pervasa dalla sua bellezza e dalla sua follia. Come riuscirò a sopportare l’attesa? Ho riletto ancora una volta la tua lettera e come le altre volte sono scoppiata in lacrime… Mai, prima d’ora, avevo pensato che una lettera, un semplice foglio di carta, potesse trasmettere qualcosa di così sublime, infondere sentimenti così alti. Tu le hai dato un’anima. Se potessi essere insieme a te, in quest’ora che amo tanto, proverei a dirti quanta bellezza ha arricchito la mia vita in questi ultimi giorni..” (Da una lettera di Tina Modotti a Edward Weston, 1921)

Foto di Tina Modotti

Adele

Adele è una mia collega di ufficio. Il primo contatto che ebbi con lei fu come per osmosi, in quanto, lavorando con la sua compagna di stanza, avvertii la sua personalità piena, quasi senza scambiare una parola.

Strano ma vero, perché per un lato Adele non tentava di “apparire” e nemmeno di imporsi nel microambiente aziendale, sottoprodotto del mondo attuale aggressivo e arrivista; e per l’altro io, in ufficio ho un approccio lavorativo da “caterpillar” e quasi non mi accorgo delle mie sensazioni corporee. Forse inizialmente notai il suo modo naturale di interagire con gli altri, e la sua capacità innata di farsi rispettare: comunque niente a che vedere con il percepire la sua presenza/essenza che tanto mi ha colpito.

Per tutto questo, terminato il lavoro che mi vedeva presente nella medesima stanza, tentai di conoscere Adele. E’ stato un processo lento e quotidiano, giocato inizialmente su intervalli lavorativi come la pausa caffè e pranzi condivisi a mensa, piuttosto impegnativo perché Adele pondera e sceglie, difficilmente si fa guidare dall’entusiasmo, anche se riconosce l’affinità elettiva: prima di mettere il cuore, tratta sempre di osservare bene con la ragione della sua esperienza. Con me invece è successo l’opposto: arrivò prima una specie di affetto/simpatia a cui poi lei ha fatto seguire la scelta concreta dell’amicizia. Fu proprio così anche perché, successivamente, mi confidò che ero un mistero: non rientravo in nessuna delle tipologie con cui lei riconosce l’umanità!

Adele scarta a priori film il cui titolo è composto da un sostantivo che segue un aggettivo: al 90% è banale. Le sue griglie e mappe di riferimento, con le quali si orienta e forse si difende dal mondo, sono molto utili: al giorno d’oggi la maggioranza incorpora modelli (peraltro discutibili) che si trasformano quasi in una seconda pelle senza rendersi conto che tutto ciò fa perdere il contatto con se stessi. Sì, è proprio vero, si fa prima a riconoscere effettuando con l’esperienza le opportune generalizzazioni! Si risparmiano molti problemi e si perde meno tempo. Quando ci confrontiamo su alcune persone devo ammettere che lei riesce senza sbagliare a inquadrarle più velocemente di me.

Adele sogna, ma i suoi sogni le danno le vertigini, perché per viverli deve modificare il ritmi della sua vita circondata da amiche/i e dal suo compagno, un mondo di relazioni costruito con cura e affetto, un affetto sano, di altri tempi in cui la partecipazione e la solidarietà esisteva veramente e si poteva parlare di appartenenza ad una collettività, una collettività vera, non come quella posticcia che a volte mi sembra si crei, per sfuggire all’ isolamento e all’alienazione.

Quando Adele parla di questi argomenti, nonostante sia quasi mia coetanea (ha solo sei anni più di me) usa spesso l’espressione “la tua generazione”, come se fosse molto più vecchia. Purtroppo ha ragione!: pochi anni di differenza hanno creato un gap a livello di coscienza politica e sociale; poi, mi immagino che da quando ha a che fare con me, artistaintimistaspirituale quasi fuori dal mondo, l’abisso le sembra incolmabile!

Di questi temi abbiamo parlato molto e per la prima volta nella mia vita sono riuscita a inquadrare il puzzle sparpagliato che avevo della situazione italiana oggi, frutto di un lungo processo di trasformazione del tessuto sociale avvenuto attraverso l’imposizione di uno stile di vita che ci rende soli e isolati, teledipendenti chiusi nelle nostre case, possibilmente a ridosso di un centro commerciale, dove possiamo consumare e stordirci nel tempo libero.

Adele è una donna, una semplice impiegata che non mette le spalluce classiche dell’“impiegata modello”, è asciutta, sportiva, cammina dritta vestendo in maniera sofisticata ma non eccentrica: solo un attento osservatore può notare il suo stile. Questo è anche il suo modo di camminare nella vita.

 

Adele


[1] Tina ha recitato nel cinema a Hollywood. “Per nulla soddifatta dei personaggi che interpretava, dettati dalle esigenze commerciali che non condivide, decide di abbandonare Hollywood.

 

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