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Lavoro 2.0: opportunità, sfida o pericolo?

Lavoro è sinonimo di diritto o di dovere? Come cambia il mondo del lavoro con l'ausilio della tecnologia.

Crescita economica. È questo l’assordante richiamo che la maggior parte dei cittadini volesse che si concretizzi cercando di attirare l’attenzione della tanto amata e della tanto odiata politica. Crescita economica che da sempre è determinata dall’avanzata e dall’entrata di nuove tecnologie nei vari settori produttivi.

Nuove tecnologie che devono ovviamente essere introdotte il più presto possibile in modo tale da restare competitivi nei mercati internazionali. Competitività è sinonimo di riduzione dei costi e, in contemporanea, dell’aumento dei profitti. Per concretizzare tutto ciò le nuove tecnologie, determinate dall’avvento dell’informatica e dell’elettronica, in particolar modo l’automazione e la robotica specialmente in ambito industriale possono dare una “mano di forza”. Da tempo in Germania si sta sviluppando il progetto, in collaborazione con il governo tedesco, Industria 4.0: progetto nato nel garantire la competitività del tessuto manifatturiero tedesco.

Industria 4.0 introduce il concetto della “smart factory” ossia automatizzazione in primis, la personalizzazione di massa con un solo problema: la disoccupazione. L’obiettivo è la creazione di un bene in base alle esigenze del consumatore il tutto tramite solamente un “misero” ed “elementare” computer. In poche parole il “digitare” ed il scegliere il come si vuole il proprio prodotto ed il processo produttivo realizza l’idea prefissata dal cliente.

Ma poniamoci una domanda. Lavorare è definito come un diritto o come dovere? L’immaginare come il lavoro del minatore, del soccorritore oppure anche dell’operaio come un lontano ricordo, non è utopistico e non si è nemmeno dispiaciuti. Il lavoro inteso con il significato di oggi non è sinonimo di diritto bensì di dovere. 

E’ un dovere per sopravvivere. Siamo proprio convinti che il trascorrere le ore in una fabbrica (magari con il turno di notte) come operai malpagati , il lavorare in un cantiere o l’essere l’addetto alla pulizia sia un diritto? Il rifiutare ed il sentire la tecnologia come un qualcosa di ostile per parecchie volte è privo di logica per la semplice motivazione che non ho mai sentito qualsiasi persona che rifiuta un qualsiasi aratro perché crea disoccupazione.  

 Federico Pistono, informatico italiano, ci sottolinea chiaramente come questa opportunità tecnologica, economica e perché no sociale possa costruire un futuro con la “F” maiuscola.

Futuro che a differenza delle altre epoche storiche possa garantire l’opportunità di basare la propria attenzione sui propri interessi puntando su professioni intellettualmente più creative, slegando l’attività lavorativa con il reddito. Forse durante il periodo di transizione è necessaria una redistribuzione della ricchezza magari con l’introduzione di un reddito di base incondizionato (che non è sinonimo di garantire i scansafatiche o i fannulloni, ma il garantire un livello minimo di sopravvivenza) dimenticando l’attuale schiavitù perpetua per sopravvivere dedicando un terzo della propria vita al lavoro.

Difendete il lavoro come diritto se volete un futuro degno di essere chiamato cosi; difendete il lavoro come dovere se volete un futuro medievale.

Non credetemi psicopatico, è solo e solamente realtà. Realtà già preannunciata nel 1930.

Quello di cui soffriamo non sono acciacchi della vecchiaia, ma disturbi di una crescita fatta di mutamenti troppo rapidi, e dolori di riassestamento da un periodo economico a un altro. L’efficienza tecnica è andata intensificandosi con ritmo più rapido di quello con cui riusciamo a risolvere il problema dell’assorbimento della manodopera. Visto in prospettiva, infatti, ciò significa che l’umanità sta procedendo alla soluzione del suo problema economico. 

John Maynard Keynes, economista.

“Prospettive economiche per i nostri nipoti” 1930.

Questo articolo è stato pubblicato qui

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