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Lavorare meno, lavorare tutti

 
Sostiene Papa Francesco: “Non va smantellato il diritto fondamentale al lavoro”.

Al di là della simpatia umana che un laico come me nutre per questo pastore non aristocratico e che non parla solo di astratta teologia, le sue parole sono insufficienti, non portatrici di verità, né di cambiamento, impotenti come gli appelli contro le guerre.

Il lavoro, purtroppo e drammaticamente, non è un diritto, anzi, in un sistema capitalista vige una ferrea legge non scritta che bisogna avere sempre a disposizione un esercito di disoccupati pronti a rimpiazzare i lavoratori che possono disturbare gli interessi padronali.

Per tentare di non lasciare indietro nessuno bisognerebbe introdurre delle norme semplicissime che Francesco, ex cathedra, potrebbe mettere sul tavolo per una società che metta al primo posto i valori etici ed umani superando le logiche di un capitalismo ormai fallito, perché un sistema che lascia il 42% di giovani senza lavoro e i vecchi in attività è un sistema fallito e da rottamare.

Lavorare meno, lavorare tutti, per prima cosa dovrebbe prevedere per tutti (magistrati, manager pubblici e privati compresi) la pensione a 60 anni e già si libererebbero milioni di posti di lavoro.

E poi prevedere per gli occupati la possibilità di fare 4 ore, e di offrire le altre 4 ore di lavoro ad un’altra persona (figlio, coniuge o altro). Lo stipendio andrebbe dimezzato, ma il numero di contributi ai fini pensionistici considerato pieno. Questa scelta deve essere un diritto e non una graziosa concessione del padronato e potrebbe restituire la vita a molti anziani togliendo dall’ozio milioni di giovani.

Per i disoccupati si dovrebbero prevedere 4 ore al giorno (20 ore settimanali) di servizio civile a fare cose serie (tipo assistenza domiciliare agli anziani, emergenze ambientali territoriali), remunerate con 500 euro mensili di oggi, con l’obbligo di accettare il lavoro che viene offerto pena la decadenza dal diritto al servizio civile. Il Servizio Civile dovrebbe essere una istituzione statale, con dirigenti tipo don Ciotti, indipendenti dai partiti, pagati dallo Stato.

Una comunità democratica, degna di questo nome, si deve far carico delle esigenze fondamentali dei suoi cittadini garantendone effettivamente salute, lavoro, casa.

Le parole della nostra Costituzione, che i buontemponi definiscono la più bella del mondo, non garantiscono né salute, né lavoro, né casa, mentre si trovano sempre i soldi per partecipare a conflitti a rimorchio della NATO e degli USA, si trovano soldi per finanziare banche, giornali, partiti, si strapagano stipendi dei dirigenti statali e dei parlamentari, si spreca denaro pubblico nelle convenzioni tra privati e Servizio Sanitario Nazionale, intreccio tra affari e politica che porta corruzione, imbrogli, ruberie.

Tutto il sistema mediatico che dà spazio a esperti, professoroni, politicanti, personaggi dello spettacolo di tutte le tendenze, serve solo a confondere le idee, a far prevalere la tesi di chi è più fotogenico o urla di più, facendo sembrare i problemi giganteschi e irrisolvibili, mentre nella loro essenza le cose sono semplici, comprensibili, risolvibili in tempi rapidissimi se solo ci fosse una forza politica omogenea, non ideologica, che richiedesse il voto per realizzare solo quei tre punti che ho suggerito.

La politica riacquisterà credibilità solo se si occuperà di risolvere i problemi con una classe dirigente onesta, espressa dal territorio, dal basso quindi, senza uomini della provvidenza, classe dirigente da tenere al potere solo per due legislature.

 

 

Commenti all'articolo

  • Di (---.---.---.112) 8 ottobre 2014 22:24

    Il sistema capitalistico ha le sue contraddizioni. Una delle principali è questa: per competere e conquistare i mercati bisogna essere più efficienti, lavorare di più e produrre a prezzi inferiori, ma a forza di essere efficienti la capacità di produrre supera quella di acquistare. Quando con la automazione un solo uomo controllerà le macchine che faranno tutto da sole a chi venderà le sue schifezze di prodotti?

    Vince chi lavora di più a prezzi inferiori, e infatti oggi vince il capitalismo di stato cinese dove i lavoratori sono vicini alla schiavitù. Alla fine il sistema collassa per eccesso di capacità produttiva e carenza di capacità di acquisto.

    Non credo che ci siano all’ orizzonte rimedi perchè il concetto di competizione come cosa nobile è riconosciuto (purtroppo) sia dagli schiavi sia dai padroni. Occorrerebbe cambiare approccio mentale:
     il lavoro non è un diritto ma un dovere da rispettare con moderazione e solo se necessario alla comunità o al proprio divertimento
     chi è più bravo non ha diritto a nulla di più. Al diavolo i vincitori
     la maggior parte dei lavori svolti attualmente sono inutili e dannosi
     il lavoro non si crea, perchè è una cosa da fare, che serve alla comunità; o serve o non serve. Di sicuro non dovrebbe servire ad arricchire nessuno
     i soldi non servono per dare lavoro. Sono uno strumento contabile, una invenzione che vale solo se riconosciuti da chi li usa

    Lavorare meno e lavorare tutti non ha senso in un mondo dove la competizione è la regola, ma solo in um mondo dove si lavora (il meno possibile) per il bene della comunità, una roba tipo boscimani, non certo tipo wall street.

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