• AgoraVox su Twitter
  • RSS
  • Agoravox Mobile

 Home page > Tribuna Libera > Lampedusa, isola di sogno ma anche triste teatro di tragedie e (...)

Lampedusa, isola di sogno ma anche triste teatro di tragedie e catastrofi

Con riferimento alle incessanti e spesso drammatiche operazioni di sbarco di disperati sull’isola di Lampedusa - si pensi, purtroppo, all’immane disastro di questi giorni e, al peggio non c’è mai fine, di queste stesse ultime ore - mi viene alla mente la sibillina denuncia «morale» formulata, alcuni anni addietro, dal vescovo di Agrigento, nella cui giurisdizione rientra l’arcipelago delle Pelagie: «Lampedusa lasciata da sola è diventata un cimitero».

Detta frase sintetizza fedelmente, riuscendo a fotografarlo meglio che le colonne dei giornali e i reiterati dibattiti radio-televisivi, il grosso problema degli approdi, sulle coste meridionali italiane in genere, di decine di migliaia di extracomunitari - nella stragrande maggioranza gente oppressa, sbandata e affamata - e nel contesto, anzi nel cuore, di tali eventi, il dramma che sta vivendo, appunto, Lampedusa: non solo in veste di realtà dalle eccezionali attrattive turistiche, ma intesa, anche, come semplice comunità locale, l’insieme della gente che vi dimora.

Chi ha avuto occasione di portarsi, magari in vacanza, su quel lembo di terra affiorante nel Canale di Sicilia, più prossimo alle coste africane che alla nostra isola maggiore, è rimasto, di certo, affascinato dalle eccezionali meraviglie naturali, un susseguirsi, o meglio ancora un intervallarsi, di rocce a strapiombo, promontori quasi pianeggianti e baie ridenti, il tutto immerso in acque che, per la loro trasparenza, vanno addirittura oltre il concetto di cristallina luminosità. Lampedusa, l’isola della beltà dove eleggono di andare a nascere e a crescere, in familiare consuetudine con le diffuse presenze di pesci e crostacei, altre fantastiche creature quali sono le tartarughe marine.

Tanto fascino d’insieme, non fu «turbato» neppure dai missili indirizzati sull’isola, in una stagione ormai alle nostre spalle, dal dittatore libico Gheddafi. Da molti, troppi anni, invece, gravi e pesanti turbative vanno cadendo sul suo suolo, a causa di una catena, un drammatico rosario, di approdi di gente allo stremo. Tragedia nella tragedia, accanto ai vivi che toccano terra, e ciò grazie soprattutto al lodevole prodigarsi dei nostri militari e agenti preposti alla vigilanza sulle coste e sui traffici marittimi, si registrano talvolta, come giusto adesso, in questo preciso momento, tanti loro compagni di sventura che soccombono e periscono durante il tragitto, per via degli stenti - fame, sete, freddo o caldo - oppure semplicemente a causa della «rabbiosità» del mare o di un banale incidente o di un’improvvida disgrazia, precipitando in un cimitero senza confini, quale è il fondo degli abissi, cui, v’è da credere, le povere vittime non avevano pensato durante la preparazione e all’inizio del «viaggio della speranza».

Corpi di uomini, donne, vecchi e bambini, in fondo al mare. Il solo pensare a immagini di tal genere, così crudelmente reali, non può non infondere in ciascuno di noi un marcato senso di tristezza. Purtroppo, nello stesso tempo, fa rabbia sapere e sistematicamente costatare che, accanto alla mala sorte e al crudele destino che tocca a innumerevoli nostri simili, allignano, realizzando cospicui lucri, schiere di affaristi, trafficanti di morte, traghettatori di poveri cristi. Il problema è immensamente grande: in effetti, le autorità del nostro Paese da sole - non dovendosi, fra il resto, trascurare che devono pur sempre e comunque valere i fondamentali principi morali dell’accoglienza e dell’assistenza in favore di gente più sfortunata di noi - non ce la possono fare.

Tutta l’Europa, ancor più ora che si è notevolmente allargata, occorre che sia coinvolta in prima persona, deve prendersi carico degli interventi o, quantomeno, delle risorse finanziarie che occorrono per fronteggiare l’emergenza nel migliore dei modi, tenendo conto della sua immane mole. Sembra, quindi, il momento giusto perché il nostro Governo, avverta la responsabilità, tiri fuori gli attributi, gridi con forza e, soprattutto, non si stanchi, di farsi promotore e di insistere presso le massime istituzioni comunitarie e, direttamente, anche nei confronti dei governanti dei singoli Paesi membri, ai fini della messa a punto e della rapida attuazione di normative e provvedimenti concreti per tentare di dare, finalmente, un’idonea soluzione al problema. 

 

Foto: Luca Siragusa/Flickr

Lasciare un commento

Per commentare registrati al sito in alto a destra di questa pagina

Se non sei registrato puoi farlo qui


Sostieni la Fondazione AgoraVox







Palmares