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La visita del Papa a Cuba

 

Pochi mesi fa avevo segnalato sul sito In attesa del papa a Cuba alcuni commenti alla imminente visita del papa. Nel complesso molti commentatori concordano nel ritenere poco significativa questa visita, non più importante di quella in Messico, che sarà ricordata forse solo per il pastore tedesco in “papamobile” con in testa un sombrero “tipico”, di quelli utilizzati sempre meno dai messicani, e ricercatissimi invece dai turisti “gringos”.

Diversi siti ufficiosi cubani intanto hanno reagito con cauta irritazione alla meschina dichiarazione di Benedetto XVI sul marxismo: “E' evidente che l’ideologia marxista, come è stata concepita, non corrisponde alla realtà, e per questo non può servire alla costruzione di una nuova società” (“Hoy es evidente que la ideología marxista, tal como fue concebida, ya no responde a la realidad. De esta forma ya no puede responder a la construcción de una nueva sociedad”.)

Una frase di banale propaganda, con scarso rispetto per l’ideologia dei dirigenti cubani. Immaginiamoci cosa accadrebbe se essi rispondessero osservando che è interessante che sopravviva ancora ai giorni nostri un residuato di idee primitive e di concezioni medievali, per giunta organizzate sotto forma di monarchia assoluta… Ovviamente non lo diranno, perché hanno tanto bisogno dell’appoggio della gerarchia cattolica cubana e anche perché non sono poi davvero marxisti come immagina l’ex capo dell’Inquisizione, e grande persecutore della teologia della liberazione. Per giunta non possono criticare troppo la forma monarchica della Chiesa (per giunta almeno eletta da un conclave, cioè da una specie di senato oligarchico) avendo optato loro stessi per la successione familiare. D’altra parte a Cuba si considera paese “socialista” perfino la Corea del Nord, che è governata da una monarchia assoluta più classica di quella del Vaticano.

Ridicola menzogna poi quella di dare per scontato che la Chiesa cattolica stia sempre al lato della libertà (“Es obvio que la Iglesia está siempre en el lado de la libertad: la libertad de conciencia, la libertad de religión.”), cosa non vera in generale (finché ha potuto farlo, cioè fino al 1870, il papa ha governato col patibolo, e precedentemente anche con i roghi), e particolarmente falsa a Cuba, dove la Chiesa si era schierata sempre con la retrograda dominazione spagnola (che eliminò la schiavitù – ultima nel mondo - solo nel 1888!) e poi, dopo l’indipendenza, dalla parte dei governanti più reazionari, Batista incluso…

La dichiarazione di Benedetto XVI conteneva anche una gaffe che alcuni cubani cattolici hanno sottolineato: ha detto che alla lotta per la libertà contribuiscono anche i “semplici fedeli” (contribuyen también los simples fieles”). L’intenzione sottesa era di chiedere maggiori spazi non solo per la gerarchia, ma anche per un’organizzazione cattolica ramificata, ma gli è stato risposto che l’espressione rivela la concezione elitista che considera Chiesa solo la gerarchia, mentre i “semplici fedeli” dovrebbero essere loro in primo luogo “la Chiesa”…

Difficile immaginare che qualcuno osi rispondere per le rime al “pastore tedesco”: le autorità hanno troppo bisogno di un puntello da parte della gerarchia ecclesiastica, che si è prestata anche a collaborare facendo sgomberare alcune chiese da piccoli gruppi del dissenso che tentavano di rendere visibile la loro protesta. Gli esaltatori acritici del governo cubano risponderanno che quei gruppi sono piccoli e che la maggior parte della popolazione li ignora (vero) e che sono traditori pagati dagli Stati Uniti (falso, per la maggior parte di loro), e che quindi è giusta la collaborazione della Chiesa alla loro repressione. Penosissima argomentazione, che sottintende che le minoranze prima di avere il diritto a esprimere un’opinione dovrebbero raggiungere un certo quorum…

Parecchi cubani si sono irritati comunque non per queste vicende, ma per le spese destinate a presentare di Cuba una facciata gradevole e pulita, cosa in sé non negativa, se non comportasse il dirottamento delle poche risorse disponibili sulle “Grandi Opere” destinate ad accogliere il papa, lasciando in abbandono i quartieri adiacenti. Ad esempio, al grande palco costruito ai piedi della statua di Martí, che “più che per una messa sembra preparato per un concerto di Rock”… Intorno, gradinate e strutture che hanno impegnato per mesi progettisti e “brigate” di costruzione, per un evento che durerà solo poche ore. Il commento amaro di Isbel Díaz Torres, è che anche se la Chiesa può aver donato una parte delle risorse necessarie per costruire questo altare gigantesco “resistente a huracanes”, rimane chiaro che “la logistica e soprattutto la manodopera, è stata fornita dallo Stato… cioè sono risorse apparentemente nostre”…

Pare che oggi questa sia l’unica manifestazione di dissenso nei confronti di questa visita. È anche l’opinione di Leonardo Padura Fuentes (Il Manifesto), che riporto di seguito. Ma ne riparleremo a visita iniziata.

 

"Cominciato ieri il ventitreesimo viaggio all'estero del pontefice tedesco, prima in Messico poi a Santiago de Cuba e all'Avana: due tappe fondamentali per il suo predecessore Wojtyla. Oggi i cubani sembrano molto più presi da altri problemi che dalla visita papale. 
Agghindata con luci e colori brillanti in un quartiere della periferia avanera la pasticceria La Caridad ha aperto i battenti da poco. Questa attività privata nuova di zecca occupa il locale anteriore di una modesta casa, ma basta vedere il suo aspetto e le sue offerte per avvertire che nutre aspirazioni di grandezza.
A pochi isolati, nello stesso quartiere lontano dal centro, funziona il lussuoso ristorante cubano-italiano il Divino, piazzato sulla terrazza di una mansion di stile campestre-coloniale. Fra le sue attrazioni c'è anche quella di essere la sede del Club dei sommellier di Cuba, che poggi anche sull'esistenza di una favolosa cantina in cui riposano varie migliaia di bottiglie di vini italiani, spagnoli, francesi, cileni, australiani, alcune di grandi annate e prezzi da capogiro...
Per le strade di quella stessa zona della capitale si contano a decine i venditori ambulanti di frutta, bigiotteria, articoli industriali, spuntini veloci.
Attività come queste e altre fra quelle permesse dalle recenti leggi destinate ad ampliare e sostenere il cosiddetto «lavoro per conto proprio» e anche la contrattazione di lavoratori da parte dei privati, fioriscono negli angoli più inaspettati e a volte periferici del paese, come un'esplosione di capacità e necessità per diversi decenni rinviate e demonizzate dal centrallizatissimo modello economico socialista, che in altri tempi le proibì e per anni le combatté come se fossero il nemico (almeno di classe)". Continua a leggere su Il Manifesto
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