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La vera colpa di Yanis Varoufakis

Non si ferma l’aggressione mediatica all’ex ministro dell’economia, che continua ad essereconsiderato un pericolo nonostante il suo cedimento alle pressioni di Tsipras. Il quale, asua volta, pur ottenendo i voti della destra e del centrosinistra, continua ad essereconsiderato un corpo estraneo, di cui appena possibile bisognerà sbarazzarsi.“Kathimerini”, l’organo più fazioso e reazionario della stampa greca, ha mosso aVaroufakis (e a Tsipras) accuse pesanti, senza accorgersi che il senso delle “rivelazioni”era ben diverso da quel che poteva apparire inizialmente.

Riporto qui (in basso) l’articolo come èstato rilanciato in Italia da Wall Street Italia, ripresa poi da molti giornali. La prima osservazione è che l’autorizzazione a cominciare a pensare a un piano B per non farsi distruggere dalla Trojka sarebbe stata data da Tsipras già in dicembre, cioè un meseprima della formazione del governo.

Ciò vuol dire che almeno Varoufakis e Tsipras immaginavano cosa sarebbe successo dopo la vittoria. Ma non hanno fatto passi significativi per mettere in pratica le misure a cui avevano pensato, e per informare tutti coloro che avevano votato Syriza sulla situazione reale.

Seconda osservazione: quella che viene presentata come un’operazione di “hackeraggio” sarebbe stata messa in atto da un “esperto della Columbia University di New York” (non da un ipotetico centro di sovversione internazionale), semplicemente perché solo così Varoufakis, che era il legittimo ministro, è riuscito infatti a entrare nei sistemi disoftware del Fisco in Grecia. Solo così, perché erano sotto il controllo dell'ex troika!

La colpa di Varoufakis è assolutamente opposta a quella che gli viene rimproverata. La Grecia era già sotto tutela, ma era stato necessario un esperto statunitense di hackeraggio per riuscire a sapere qualcosa del mostruoso sistema fiscale greco.

Viene in mente Trotskij, che nell’ottobre 1917 dovette andare con una pattuglia di marinai rivoluzionari forniti di dinamite per far saltare le porte delle casseforti del Ministero degli Esteri, di cui ifunzionari non volevano consegnare le chiavi al nuovo potere. Ma c’è una grande differenza: Trotskij pubblicò immediatamente tutti i documenti che rivelavano gli accordi dispartizione del mondo tra le grandi potenze, tra cui il Patto di Londra o il piano Sykes Picot.

Varoufakis e la sua piccola squadra invece non solo non sono riusciti a concretizzare il piano di emergenza, ma non hanno nemmeno informato la popolazione greca dell’espropriazione del potere del governo, che continuava esattamente come prima delle elezioni.

Il vero piano B doveva cominciare dalla denuncia pubblica e circostanziata dell’atteggiamento criminale dei creditori, invece di continuare a tranquillizzare i greci su un’imminente conclusione positiva delle trattative.

È penoso che Varoufakis ammetta che è stato Tsipras da solo a decidere “che era troppo difficile”. “Non so quando ha preso questa decisione. So solo che ho appreso (la notizia) esplicitamente la notte del referendum, ed è questo il motivo per cui ho presentato le miedimissioni".

Il tutto però senza spiegare ai cittadini greci cosa stava succedendo davvero, e senza che lo sospettassero, perché non c’era nessuna informazione adeguata da parte del governo, e il referendum poteva essere presentato dalla grande stampa (come appunto in prima linea “Kathimerini”) come una scelta ideologica “per o contro l’Europa”.

Col risultato che a quel punto era ben difficile cominciare a prevedere di mettere in atto un “piano B”, che di fatto era rimasto un segreto ben custodito tra una decina di persone… 

Questo articolo è stato pubblicato qui

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