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 Home page > Tribuna Libera > La svolta di Teheran: una nuova era tra Israele e Iran?

La svolta di Teheran: una nuova era tra Israele e Iran?

Alla notizia, già positiva di per sé, degli auguri di buon Rosh Hashanah (buon anno) rivolta dal nuovo Presidente iraniano Hassan Rouhani agli ebrei in occasione del loro capodanno (anche se qualcuno ha messo in dubbio la veridicità del Tweet presidenziale), se ne aggiunge una più sottile, ma forse ben più importante.

L’inaspettato giro di auguri avrebbe coinvolto - secondo il quotidiano israeliano Haaretz - anche il nuovo Ministro degli Esteri di Teheran, Javad Zarif, che avrebbe risposto sempre su Twitter (e qui di smentite pare che ancora non ce ne siano) ad una raffica di cinguettii, fra cui quello, vagamente provocatorio, dell’attivista americana Christine Pelosi, figlia della speaker democratica Nancy Pelosi, che non aveva esistato a scrivergli: "Il nuovo anno potrebbe essere ancora più dolce se finisse il negazionismo iraniano dell’Olocausto, signore".

Del tutto sorprendente l'immediata risposta del ministro di Teheran: “L’Iran non l’ha mai negato. L’uomo che era stato percepito come negazionista ora se n’è andato. Felice anno nuovo”.

Il citato “uomo ormai andato”, è intuibilmente l’ex presidente Mahmoud Ahmadinejad, che nel 2006 organizzò a Teheran un convegno internazionale negazionista.

Uno scambio di tweet un po' troppo impegnativo fra persone dal profilo politico così alto per poterlo considerare del tutto casuale.

Quella che sembra a tutti gli effetti una svolta significativa, per quanto tutta da interpretare, del regime iraniano non contiene quindi solo un generico segnale di apertura verso gli ebrei in senso lato (in particolare verso gli ebrei iraniani), quanto un cambiamento di rotta radicale rispetto alle precedenti manifestazioni, plateali, di antisemitismo che in tutta la storia della Repubblica Islamica, fino dal 1978, ha preso le forme "classiche" ben conosciute in Europa, con la stampa ripetuta dei falsi Protocolli dei Savi di Sion ad esempio (peraltro diffusi ampiamente in tutto il mondo arabo) o di altri libelli antisemiti come il classico di Henry Ford L'ebreo internazionale, il problema più importante del mondo, che ispirò Hitler nella stesura del suo Mein Kampf.

Ma mai come nel caso di Ahmadinejad il negazionismo è stato così manifestamente fuso con l’antisionismo, cioè con l’opposizione al nazionalismo ebraico e allo Stato di Israele che ne è stato indirettamente il prodotto. Fino al punto di sostenere che l’Olocausto era una “favola”; "favola" inventata perché gli ebrei potessero avere "come risarcimento" il loro stato in Palestina.

Negando la Shoah si vogliono cioè negare le radici storiche dello Stato di Israele poiché è noto che se in Europa non si fosse affermata per un decennio la politica nazista, con la sua tragica prassi sterminatoria, ben difficilmente lo stato ebraico avrebbe potuto vedere la luce; i dati dell'immigrazione ebraica in Palestina negli anni '20-'30 e '40 lo dimostrano ampiamente.

Con la negazione dello sterminio degli ebrei europei la nascita di Israele viene ricondotta ad una pura e semplice operazione ideologica, di stampo colonialista, del nazionalismo ebraico, non, come è stato in realtà, la ricerca - prima, durante e dopo la guerra - di confini sicuri in uno stato-rifugio.

Riportare tutto al colonialismo europeo, solleticando così il terzomondismo ideologico, era il vero fine di Ahmadinejad che si è invece sempre premurato di distinguere tra giudaismo e sionismo, fino al punto da avere uno stretto contatto e cordiali rapporti con il movimento ebraico ortodosso dei Neturei Karta, da sempre oppositori, per motivi religiosi, del nazionalismo ebraico.

La fine del negazionismo iraniano, che sembra essere una vera novità di questo cambiamento di regime a Teheran e del nuovo anno ebraico (il 5774), potrebbe riportare il confronto a quello, ben più sensato e umano, di Edward Said, il grande intellettuale palestinese intransigente e fiero oppositore senza compromessi delle politiche israeliane, che definendo il suo popolo “vittima delle vittime” osservava come la tragedia palestinese fosse oscurata dalla Shoah ebraica, di cui però - implicitamente - non negava la tragica realtà storica.

Eliminando il negazionismo dal suo armamentario ideologico, Teheran potrebbe dunque voler gettare le basi per una nuova interpretazione di Israele per la storia ebraica recente, non più come un prodotto "canceroso" del colonialismo europeo da estirpare.

E teoricamente ciò potrebbe contribuire a contenere - se non ad abbassare - anche l'ostilità fra Israele e le organizzazioni più radicali dell'opposizione islamista irriducibile che hanno agìto, fino ad oggi, come emissari o alleati di Teheran ai confini dello stato ebraico; Hezbollah e Hamas in primo luogo.

Forse un po’ troppo poco e un po’ troppo presto per dire se i difficili rapporti tra lo stato ebraico e la repubblica islamica possono aver imboccato una strada più soft, ma è comunque un segnale, nuovo e inaspettato, da non sottovalutare.

 

Foto: Amir Farshad Ebrahimi/Flickr

 

Commenti all'articolo

  • Di Persio Flacco (---.---.---.160) 17 settembre 2013 12:10

    La svolta di Hassan Rouhani? E’ dai tempi di Nabucodonosor che gli ebrei vivono in Persia.
    E li sono rimasti in buon numero, nonostante la rivoluzione islamica e il supporto del regime israeliano allo Scià, formando ancora oggi la più numerosa comunità ebraica dell’area dopo Israele.

    Nei paesi arabi, a causa del conflitto con Israele, sono stati cacciati, espropriati, fatti oggetto di pogrom: in Iran no, nulla di tutto questo.

    Non c’è nessuna svolta: gli iraniani sanno distinguere perfettamente tra sionisti ed ebrei.

    Mi spiace ma non potevo non commentare.

    • Di Fabio Della Pergola (---.---.---.93) 17 settembre 2013 13:20
      Fabio Della Pergola

      Ma lei ci è o ci fa ?

      Nell’articolo è chiaramente scritto che "Ma mai come nel caso di Ahmadinejad il negazionismo è stato così manifestamente fuso con l’antisionismo". Poco oltre aggiungo "...Ahmadinejad che si è invece sempre premurato di distinguere tra giudaismo e sionismo...".

      Non c’è scritto da nessuna parte che gli iraniani non sappiamo distinguere tra sionisti ed ebrei.

      La svolta, come è chiaramente scritto nell’articolo, consiste nell’abbandonare il negazionismo della Shoah, apertamente e innegabilmente affermato da Ahmadinejad, con tutte le libere conseguenze interpretative (libere, lei faccia la sua se vuole, io faccio la mia) che ciò comporta. Dire che in questo non c’è nessuna svolta è un’affermazione semplicemente ridicola.

      Probabilmente deriva da un suo incomprensibile furore che le fa prendere lucciole per lanterne, come si evince da questo suo commento così incomprensibilmente privo di senso.

    • Di Persio Flacco (---.---.---.160) 17 settembre 2013 14:36

      "Ma lei ci è o ci fa ?"

      Potrei rivolgerle la stessa domanda, ma mi astengo dal fargliela: non voglio polemizzare.

      Cosa dice Rouhani? "L’uomo che era stato percepito come negazionista ora se n’è andato."
      Dice che era stato "percepito" come negazionista non che lo fosse.

      Ho seguito abbastanza il convegno (negazionista) di Teheran e il concorso (negazionista) di vignette. Si è trattato fondamentalmente di provocazioni rivolte a chi da decenni minaccia l’esistenza dell’Iran anche usando strumentalmente la Shoah per suscitare avversione contro quel paese e far maturare i tempi della guerra.

    • Di Fabio Della Pergola (---.---.---.93) 17 settembre 2013 14:57
      Fabio Della Pergola

      La risposta è quasi comica: "non dice che lo fosse".

      Se il nuovo Ministro degli Esteri si preoccupa di rispondere evidenziando che quel problema riguardava altri (anche se ci ha aggiunto un "viene percepito"), la comunicazione è ovvia (per chi la vuol vedere): in ogni caso non riguarda noi. Questo in diplomazia si chiama correzione di rotta o cambiamento.

      Il finale della risposta sul negazionismo è altrettanto comico (se non fosse tragico) dell’incipit. Si commenta da sé. Vada pure a seguire con interesse i negazionisti, ce ne sono in Italia, sia a destra che a sinistra. Ed anche nel M5S se per caso lei è di quella sponda.

    • Di Persio Flacco (---.---.---.160) 17 settembre 2013 16:02

      - La risposta è quasi comica: "non dice che lo fosse".

      Se il nuovo Ministro degli Esteri si preoccupa di rispondere evidenziando che quel problema riguardava altri (anche se ci ha aggiunto un "viene percepito"), la comunicazione è ovvia (per chi la vuol vedere): in ogni caso non riguarda noi. Questo in diplomazia si chiama correzione di rotta o cambiamento. -

      Esatto: si tratta di diplomazia. Lo è la attuale correzione di rotta, come lei la definisce; lo era il convegno negazionista di Ahmadinejad, che era una forma di diplomazia mediatico provocatoria. Cambia la forma, la sostanza resta la stessa.

      - Il finale della risposta sul negazionismo è altrettanto comico (se non fosse tragico) dell’incipit. Si commenta da sé. Vada pure a seguire con interesse i negazionisti, ce ne sono in Italia, sia a destra che a sinistra. Ed anche nel M5S se per caso lei è di quella sponda.-

      Non si alteri. Ritengo il negazionista o un imbecille che non sa quel che dice, o un nevrotico narcisista che ama essere il centro dell’attenzione, o un nazista (in incognito o meno), o un antisemita che sputa il suo odio sugli ebrei sputando sulle vittime della Shoah.

      Però sono del parere che il giudizio deve essere preceduto dalla conoscenza per essere fondato. Non accetto per principio giudizi preformati. Per questo mi sono sorbito perfino la lettura del Mein Kampf (di quasi tutto per la verità: è un mattone indigesto).

      D’altra parte non ho alcun timore di essere plagiato, e conoscere certe idee non significa affatto condividerle.

    • Di Fabio Della Pergola (---.---.---.93) 17 settembre 2013 16:18
      Fabio Della Pergola

      Esatto, si tratta di cambiamento nella diplomazia iraniana verso un generico mondo ebraico, cui sottende un ipotizzabile cambio di rotta nei confronti di Israele.

      Nel caso di Ahmadinejad si tratta invece di una vera e propria ideologia che già era propria di Khomeini che, appena arrivato a Teheran fondò un circolo heideggeriano di cui Ahmadinejad faceva parte. Legga Victor Farìas "L’eredità di Heidegger nel neonazismo, nel neofascismo e nel fondamentalismo islamico". A proposito di conoscenza.

      Ma mi pare che abbiamo già litigato su questo.
      Saluti.

    • Di Persio Flacco (---.---.---.104) 17 settembre 2013 23:17

      - Esatto, si tratta di cambiamento nella diplomazia iraniana verso un generico mondo ebraico, cui sottende un ipotizzabile cambio di rotta nei confronti di Israele. -

      Dipende da cosa lei intende per Israele. Fino a quando rimane una entità sionista la sua esistenza è a rischio.

      - Nel caso di Ahmadinejad si tratta invece di una vera e propria ideologia che già era propria di Khomeini che, appena arrivato a Teheran fondò un circolo heideggeriano di cui Ahmadinejad faceva parte. Legga Victor Farìas "L’eredità di Heidegger nel neonazismo, nel neofascismo e nel fondamentalismo islamico". A proposito di conoscenza. -

      Sta per dirmi che Heidegger era nazista?

      - Ma mi pare che abbiamo già litigato su questo. -

      Su Heidegger non ancora.

    • Di Fabio Della Pergola (---.---.---.93) 17 settembre 2013 23:46
      Fabio Della Pergola

      sta scherzando vero ?

    • Di Persio Flacco (---.---.---.160) 19 settembre 2013 09:42

      Dire che Heidegger era nazista è come dire che Dante era guelfo.
      Se si vuole dare addosso ai pretacchioni iraniani di motivi se ne trovano di ben più attuali e concreti, senza scomodare il vecchio flirt col filosofo baffuto.

    • Di Fabio Della Pergola (---.---.---.93) 19 settembre 2013 10:17
      Fabio Della Pergola

      D’ora in poi la chiamerò Persio Fiacco, perché questa risposta è fiacca. Io non voglio trovare argomenti per dare addosso ai ’pretacchioni’ di Teheran, ma se si trovano sulla lunghezza d’onda di un Heideggere, visto che Heidegger era nazista, traggo delle conclusioni ovvie sul loro sbandierato negazionismo (cioè che NON di diplomazia si trattava, ma di IDEOLOGIA).

    • Di Persio Flacco (---.---.---.111) 19 settembre 2013 21:54

      Non la faccio lunga perché so che il suo tempo è prezioso. Noto però che riguardo a Heidegger il suo giudizio è ben più drastico di quello della Arendt, che pure lo conosceva indubbiamente meglio di lei, e sotto una molteplicità di aspetti.

      Voglio solo accennare a due questioni, la prima è che in alcuni intellettuali alla potenza del pensiero non corrisponde la potenza e la fermezza dell’animo. E questi possono cadere vittima del fascino dell’uomo forte che crea la realtà, che la semplifica, che la afferma con l’energia elementare di un fenomeno della Natura.
      La seconda è che una persona non è una entità statica che rimane indentica a se stessa per tutto il corso della sua esistenza, è invece una realtà che almeno in parte è in continuo divenire. Ridurre una persona ad una fase della sua vita a mio parere è sbagliato, specialmente se questo è il modo per enunciare un giudizio definitivo su di essa. Rifiuto il concetto di peccato mortale, quello che condanna definitivamente e senza rimedio.

    • Di Fabio Della Pergola (---.---.---.93) 19 settembre 2013 23:39
      Fabio Della Pergola

      Il mio tempo non è prezioso, anzi direi che non vale niente; ma non ne ho molto a disposizione.

      La "spiegazione" per cui una cosa è la vita e l’altra il pensiero è veramente molto discutibile.E, in ogni caso, anche quella di Hitler fu solo una fase della sua vita.... che ne vogliamo fare ? Comprenderlo ? Perdonarlo ? Cosiderare che in altre fasi era un brav’uomo ?

      Sul nazismo di Heidegger c’è poco da equivocare, e chi lo apprezza - a Teheran come in Europa - ai miei occhi ha molto, molto, di equivoco.

      La invito a leggere Heidegger, l’introduzione del nazismo nella filosofia di Emmanuel Faye. Copio dal sito della casa editrice:

      "Il nazismo di Heidegger non è stato momentaneo, occasionale o accessorio, ma fondamentale per la sua impresa filosofica. Il libro di Faye ci sfida a trarre le conseguenze etiche di questo fatto".

      Oltre naturalmente al classico di Victor Farìas "Heidegger e il nazismo".

    • Di Persio Flacco (---.---.---.160) 20 settembre 2013 12:44

      - La "spiegazione" per cui una cosa è la vita e l’altra il pensiero è veramente molto discutibile.E, in ogni caso, anche quella di Hitler fu solo una fase della sua vita.... che ne vogliamo fare ? Comprenderlo ? Perdonarlo ? Cosiderare che in altre fasi era un brav’uomo? -

      La risposta sarebbe troppo lunga. Telegraficamente: suggerisco di non giudicare nessuno secondo parametri nazisti, nemmeno i nazisti.

      Può essere giusto e necessario appendere per il collo qualcuno, ma continuando a considerarlo un essere umano.

      - Sul nazismo di Heidegger c’è poco da equivocare, e chi lo apprezza - a Teheran come in Europa - ai miei occhi ha molto, molto, di equivoco. -

      Il tema è quantomeno controverso. Quello che posso fare, per brevità, è prendere atto della sua opinione.

    • Di Fabio Della Pergola (---.---.---.93) 20 settembre 2013 13:23
      Fabio Della Pergola

      Non uso "parametri nazisti" nel giudicare i nazisti; semplicemente li giudico, i nazisti e i loro simpatizzanti (di qualsiasi colore apparente siano).

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