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 Home page > Tribuna Libera > La sinistra che non vorrei (più)

La sinistra che non vorrei (più)

La "sinistra che non vorrei" potrebbe essere un buon titolo per questo pezzo.

Un buon titolo che rischia però di diventare un elenco infinito di “non”. Perché la sinistra storica, quella che conosciamo come socialista o comunista o comunque in qualche modo ‘ista’, è sempre stata infarcita di elementi negativi pur essendo partita con le migliori intenzioni di diffondere universalmente libertà e giustizia, uguaglianza e benessere.

Ma qualche episodio di giorni fa mi ha fatto proprio provare una sorta di ribrezzo per quello che ho visto o sentito. Allora, mettendo da parte i crimini del comunismo o i ladrocini dei socialisti o le malefatte - anche sanguinose - del sessantotto (e seguenti), su cui è superfluo insistere vista la quantità di inchiostro che ci è stato versato, limitiamoci a pochi fatti recenti.

La sinistra che non vorrei, ad esempio, è quella che impedisce ai rappresentanti della comunità ebraica, dopo sei milioni di morti, di parlare alle manifestazioni del 25 aprile. Di questo ho già scritto ma certamente non basta.

La sinistra che non vorrei è anche quella che impedisce di parlare a una blogger cubana dissidente al grido di “Cuba sì, yankee no”. Come da copione del perfetto terzomondista d'antàn.

Che Cuba sia per molti aspetti un faro di civiltà rispetto agli Stati Uniti credo che sia indiscutibile. Un sistema scolastico di buon livello, pubblico e gratuito, ha estirpato l’analfabetismo dall’isola e un sistema sanitario di primissimo ordine, con alcune punte di vera eccellenza, sono aspetti che negli Stati Uniti del “solo se puoi pagare” gli strati più poveri della popolazione si sognano tuttora.

Ma il livello di civiltà di una società non si esaurisce qui. C'è la povertà diffusa (colpa dell'embargo si dirà), ed esiste anche la negazione della libertà di parola, di movimento, di espressione politica e culturale che Yoani Sanchez impersona prendendosi i rischi che tutti conosciamo. Fra cui la stucchevole supponenza con cui piccoli gruppi di duri e puri del marxismo d'una volta manifestano a favore di un regime che - se ha garantito scuola e sanità al suo popolo - gli ha d’altra parte tappato la bocca da un sessantennio. Se lo avesse fatto parlare liberamente forse si sarebbe levata solo qualche voce irrilevante nel mezzo ad un tumulto di gioia, ma non lo sapremo mai. Perché così non è stato. Così come non sapremo mai se quel gruppetto di contestatori avrebbe potuto convincere Yoani Sanchez di avere torto o lei di convincere loro del contrario. Perché non c'è dibattito, c'è solo il vecchio modo di urlarsi addosso perché chi grida più forte avrebbe ragione. Demenziale, lo sappiamo. E penoso, ma tant'è.

Così si grida qualche slogan, si esalta il regime castrista, si finisce sui giornali e si fa vedere al mondo (si fa per dire) che Yoani Sanchez può essere contestata in nome dell’antiamericanismo. Secondo la vecchia logica che il nemico del mio amico è mio nemico anche se non è detto che sia un amico del mio nemico (non so se mi spiego, non è così chiaro che Yoani Sanchez sia filoamericana anche se le accuse di essere al soldo degli americani - dal momento che le accuse sono gratuite e viaggiano veloci in modo 'virale' - fioccano). La cosa finisce lì - ognuno sarà rimasto della sua idea - e quello che si sedimenta nella mente è una banale sceneggiata di violenza stupida e gratuita. Sono migliorate le sorti del proletariato internazionale grazie al rumoroso flash-mob filocubano? Non credo.

La sinistra che non vorrei vedere più è anche quella che, per bocca di un comico a suo tempo (non del tutto comprensibilmente) insignito del premio Nobel, sfotte un altro essere umano per la sua statura fisica, usando argomenti di una bassezza razzista insopportabile: "Brunetta che giura da ministro? La prima cosa che faccio è cercare un seggiolino per poterlo mettere a livello, all'altezza della situazione. Oppure meglio una scaletta, così se la regola da sè".

Con tutto che Brunetta è una delle persone che personalmente trovo più antipatiche, irritanti e insopportabili sull’orbe terracqueo, e forse anche oltre, queste frasi di Dario Fo mi hanno fatto venire la pelle d’oca. Frasi volgari e di un sarcasmo sprezzante proferite usando vigliaccamente un puro e semplice dato biologico. A quando le battutacce sui negri che puzzano (e infatti queste battute non sono diverse dai cori razzisti negli stadi contro i giocatori di colore) o sul naso adunco degli ebrei?

D’altra parte che ci si può aspettare da uno che si è arruolato volontario nella Repubblica di Salò e che ha partecipato ai rastrellamenti contro i partigiani, se non che abbia conservato nell’intimo un tot di razzismo e di squadrismo?

Riporto da Wikipedia: “Dopo l'armistizio dell'8 settembre 1943, a seguito della chiamata alle armi della neonata Repubblica Sociale Italiana si arruola giovanissimo volontario nelle file dell'esercito fascista, prima nel ruolo di addetto alla contraerea a Varese e successivamente come paracadutista nelle file del "Battaglione Azzurro" di Tradate, partecipando anche ad azioni di rastrellamento contro i partigiani. La scoperta di questa militanza, emersa per la prima volta negli anni '70, provocherà smentite, polemiche, querele e processi da parte di Dario Fo - all'epoca attivo rappresentante in campo artistico della cultura della sinistra italiana - che si trascineranno per alcuni decenni. L'attore, infine, ha giustificato questa scelta con motivazioni di vario tipo, invocando l'incoscienza della giovane età, lo stato di necessità, la volontà di fornire un alibi al padre antifascista”. Insomma un repubblichino rastrellatore di partigiani... per fare un favore a papà.

Era meglio se non si giustificava, ci faceva più bella figura. Storia di un giovane repubblichino poi diventato un guru del pensiero progressista. Ma basta grattare un po' la superficie e viene fuori l'anima nera. L'anima razzista. Che usa le caratteristiche fisiche, ripeto, per attaccare, offendere, vilipendere un avversario politico. Se non si capisce la differenza tra contrastare il pensiero o viceversa il fisico di un'altra persona, non si capisce cos'è davvero il fascismo. E diventa davvero difficile liberarsene.

No, la sinistra che vorrei non è questa. E più mi guardo intorno fra trinariciuti vecchio stile, fascisti riciclati e inciucisti da sagrestia, meno cose trovo da condividere. Forse, banalmente, la sinistra che vorrei non è ancora nata, non ha ancora visto la luce. E quella che c'è nella realtà (storica ed attuale) è solo quella che non vorrei. Che non voglio.

O forse è addirittura per questo che la sinistra, in questo paese, non ha mai una chance: perché manca di doti "umane". E se fosse che la sinistra, quella vera, stringi stringi ancora non s’è mai vista?

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