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La sicurezza di Alfano

Ora stiamo tranquilli. Il ministro degli Interni Alfano e i suoi simili di tutta l’Europa, non necessariamente più intelligenti di lui, hanno cominciato a realizzare alcune misure di sicurezza a cui pensavano da tempo e che avevano dovuto rinviare perché difficilmente sarebbero state avallate da parlamenti pur scarsamente attenti al rispetto dei diritti umani. Magari non le avrebbero bloccate o vietate ma almeno una brontolatina l’avrebbero fatta.

Come era avvenuto appunto per l’incredibile cattura e deportazione della signora Alma Shalabayeva e di sua figlia Alua di 6 anni, colpevoli solo di essere moglie e figlia del dissidente kazacho Mukhtar Ablyazov: il parlamento italiano aveva ingoiato malvolentieri il fattaccio guardandosi bene però dal punire il disinvolto ministro (che era stato per giunta anche titolare della Giustizia, dio scampi!).

Comunque invece ora, nel clima di unità nazionale, anzi mondiale, creato con la parata parigina di presidenti e boia vari, un po’ tutte le polizie hanno cominciato a prendere e spedire da qualche altra parte alcuni “elementi sospetti”, di cui l’unica cosa certa è che sono nati in qualche paese a maggioranza islamica, e magari ci hanno fatto un viaggio di recente. Senza che abbiano commesso qualche reato, altrimenti sarebbe stato semplice arrestarli e condannarli, e senza che avessero un'arma, altrimenti sarebbe stato semplice abbatterli sul posto come ha fatto la polizia “democratica” del Belgio a Verviers.

Premetto che ho una particolare antipatia per la polizia del Belgio, che molti anni fa mi fermò ed espulse da Belgio, Lussemburgo e Olanda (paese in cui tra l’altro non avevo ancora mai messo piede) per la sola colpa di essere andato a portare la solidarietà dei siderurgici dell’Italsider di Taranto a quelli della Cockerill Ougrée di Liegi, che veniva chiusa dal padronato per stroncare una straordinaria ed esemplare classe operaia di altissimo livello politico. A Liegi la polizia era socialista, ma ugualmente ottusa e reazionaria di quella di altre regioni. Ma qualsiasi polizia che ho incontrato, anche in paesi con governi “progressisti” dell’America Latina mi è apparsa inaffidabile: trovo quindi più che preoccupante l’idea che la soluzione ai conflitti scatenati dalla criminale ingerenza dell’imperialismo e anche dalla idiota provocazione di vignettisti irresponsabili sia affidata a misure di polizia.

La mia reazione non è dovuta solo a quella esperienza lontana: tutti conosciamo l’arroganza di chi ha una divisa nei confronti di chi gli appare sospetto, per una ragione qualsiasi che a noi sfugge. Abbiamo visto gli assassinii di giovani neri nelle strade di molte città statunitensi e il disprezzo che manifestano i poliziotti di New York nei confronti di un sindaco decente, reo soltanto di aver espresso solidarietà anche alle vittime. E conosciamo l’omertà che nel nostro paese, che ha dato i natali a Cesare Beccaria, ha circondato gli assassini di Stefano Cucchi, di Federico Aldovrandi e di altre vittime di arbitrarie detenzioni e inammissibili violenze.

Così non mi rassicura che finora le vittime di questi rastrellamenti che dovrebbero soddisfare la fame di vendetta della destra ottusa siano pochi, una decina in Italia, poco più o poco meno in Francia, in Belgio, in Germania, in Inghilterra e perfino in Canada. Non mi tranquillizza soprattutto che gli espulsi siano accusati di “avere intenzione” di compiere attentati, o di “voler fare reclutamento per un gruppo terrorista”. Se anche autorevoli governi mantengono nella lista delle organizzazioni terroriste il PKK curdo, o gli Hezbollah (e non ad esempio i governanti israeliani che continuano gli assassinii mirati di loro dirigenti) figuriamoci cosa può capire un poliziotto qualsiasi che non ha esitato ad eseguire un ordine palesemente arbitrario “catturando” perfino una bambina di sei anni come Alua Abliazova… Per non parlare della conclamata ignoranza delle lingue, che porta ad affidarsi a interpreti non sempre utili (a volte usando un arabo per interrogare un curdo…).

È possibile che nessuno capisca che “voler fare reclutamento”, o “volersi recare” in Siria, o avere in programma qualche altro crimine, non vuol dire essere colpevoli? E quindi l’espulsione significa la legittimazione di un processo a presunte intenzioni?

Polizia e carabinieri, nell’Italia fascista o anche in quella prefascista, avevano l’abitudine di fermare preventivamente i “sovversivi” (spesso pacifici artigiani o operai) alla vigilia di qualsiasi avvenimento o visita in zona di qualche autorità. Negli anni Cinquanta e Sessanta centinaia di migliaia di lavoratori e di militanti comunisti e anche socialisti sono stati vittime di fermi ingiustificati con qualsiasi pretesto. Io stesso ne ho subiti diversi, tra il 1956 e il 1968, quando vidi i primi cambiamenti: ad esempio le prime esitazioni di un maresciallo dei carabinieri arrivato con la consueta sicumera davanti a un picchetto, che si ritirava trovando un clima inaspettato di rivendicazione dei propri diritti. Ma quel mutamento, che portò anche ai primi sindacati di polizia, fu presto bloccato da una riorganizzazione dei molti, troppi corpi di polizia, che puntò al rafforzamento e alla moltiplicazione di corpi speciali sempre più armati e sempre più imbottiti di ideologie fascisteggianti o direttamente fasciste. Comparvero in forza a Genova nel luglio 2001, ma già avevano fatto sperimentazioni parziali di aggressioni a pacifici manifestanti in varie città, e soprattutto a Napoli nel marzo di quello stesso anno, quando il ministro degli Interni era ancora Enzo Bianco e il governo era di centrosinistra (il solito Giuliano Amato…). E tra la sorpresa generale, non solo la polizia e i carabinieri, ma anche la guardia di finanza, e la polizia penitenziaria avevano le loro teste di cuoio, spalleggiate da un grande numero di elementi in borghese che scardinavano i cortei ed erano a volte indistinguibili dai mitici Black Bloc.

La sinistra italiana era del tutto impreparata, e si sorprendeva nel vedere la compattezza dei servizi d’ordine dei vari gruppi greci, che non erano ancora Syriza, ma l’avrebbero costruita poco dopo. Anche su questo terreno, c’era una grande diversità tra la sinistra italiana e quella greca. Nella sinistra italiana, anche sedicente radicale, era ormai sparita (o comunque taciuta) qualsiasi consapevolezza della natura classista dello Stato e dei suoi organi repressivi.

Questa è la maggiore ragione di preoccupazione per queste innovazioni pensate da Alfano e dai suoi simili in tutta l’Europa. Incapaci di identificare in tempo i veri attentatori, e di scovarli in un tempo ragionevole (penso ai due fratelli Chérif e Said Kouachi, che hanno girato indisturbati la Francia per oltre due giorni), saranno bravissimi a molestare persone innocenti per qualche reato di opinione.

D’altra parte cosa possono fare le polizie per disinnescare quello che ormai è diventato un conflitto di dimensioni inquietanti? Se le immagini delle proteste contro le vignette in tante capitali arabe o africane sono visibili, sicuramente in molte persone fino a ieri relativamente “integrate” (cioè rassegnate a un salario di fame e a un posto insicuro) si stanno accumulando silenziosamente altri risentimenti vedendo una caccia al terrorista da un lato inefficace, dall’altra fastidiosa per molti ingiustamente sospettati e controllati. Tra l’altro in questi giorni Israele, che ha assicurato il monopolio dell’informazione sul terrorismo in Africa o in Indonesia o in qualsiasi parte del mondo ad alcuni giornalisti italiani suoi amici, ha dato una notizia inquietante: avrebbe scoperto una cellula di giovani arabi israeliani ammiratori dello Stato Islamico. Era prevedibile ed era una notizia temuta da molti. La simpatia per l’IS è comprensibile in chi è disperato e deluso dall’inconcludenza dei suoi rappresentanti. E può moltiplicarsi in molti paesi, senza bisogno di particolari “reclutatori”.

E allora? Gli Alfano pensano di poter espellere centinaia di migliaia di persone sospettabili? O magari tutti i sei milioni che ci sono in Francia, o quasi due milioni in Italia? Ed espellerli verso quale paese? Sembra facile…

È assai più probabile che queste misure serviranno per il momento soprattutto a colpire preventivamente ogni tentativo di ricostruire una sinistra di classe e ogni tentativo di stabilire rapporti tra gli oppressi e gli emarginati di origini, etnie e religioni diverse. (a.m.19/1/15)

 

PS. Aggiungo che è grottesco che persone che si dicono di sinistra non solo non hanno il coraggio di denunciare il carattere pretestuoso della cosiddetta “caccia al terrorismo” di Alfano, ma pensino di poter scegliere come leader di una rinascita della sinistra un personaggio come Cofferati, già sperimentato come “tutore dell’ordine” a Bologna. Vedi Landini e i surrogati 

 

Foto: Davidlohr Bueso/Flickr

Questo articolo è stato pubblicato qui

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