La "rivoluzione" siciliana
La “rivolta dei forconi” in Sicilia, che sta bloccando tutta la economia dell’isola, ci sta comunicando alcune cose.
Cervelli piuttosto raffinati hanno capito che ormai la vecchia politica e
I vecchi partiti sembrano fuori gioco, mentre la mafia ha un vitale interesse ad infiltrare personaggi legati ad essa per potere un domani fare politica in prima persona. Il metodo usato è quello dei blocchi stradali, illegali, che sembra avere complicità nell’apparato dello Stato che tollera e non interviene, comportamento ben diverso dal solito, quando si tratta di studenti e operai.
La fase storica in cui si inserisce questo movimento è di grande confusione politica, con un governo non eletto dal popolo, e quindi debole, ma con il pericolo, mortale per i vecchi partiti conniventi con le mafie, che faccia qualcosa di buono e innovativo sul terreno della evasione fiscale, del controllo dei movimenti di capitale, della legalità.
Credo che vi sia stata una valutazione del pericolo che questo governo possa toccare alcuni santuari intoccabili e si sia data una accelerazione verso la sua caduta in quanto incapace di assicurare l’ordine pubblico e la libera circolazione di persone e merci nell’isola, con la popolazione in difficoltà senza cibo, benzina, acqua.
Il tutto avviene senza che vi sia un progetto alternativo, senza il riconoscimento della strutturalità della crisi, senza individuare nel capitalismo finanziario e nella globalizzazione le cause del disastro, illudendo chi lotta che si potrà tornare ai tempi belli quando il consenso sociale si comprava con soldi pubblici a pioggia, e si aumentava quel debito pubblico (1900 miliardi di euro) che oggi ci strangola per gli interessi da pagare.
Un progetto alternativo, di cui non c’è traccia nelle rivendicazioni, è quello di una svolta industriale che preveda la autosufficienza energetica con la solarizzazione di tutta
Questo tipo di protesta oggi è senza sbocchi e non ha futuro. E’ cambiato il quadro internazionale e la globalizzazione ha già i suoi vincitori e i suoi vinti: chi ha materie prime, manodopera a basso costo, grandi multinazionali ha vinto. L’Italia non ha nulla di tutto ciò, non investe nemmeno nella ricerca ed è destinata al declino.
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