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La progressiva distruzione del bacino termale euganeo

Ciò che sta succedendo in un'area geografica che trainava l'intera regione Veneto.

Sono stati giorni febbrili, per i patronati sindacali del bacino termale euganeo, quelli di inizio gennaio. Difatti, la maggior parte dei lavoratori presenta due tipologie di domande, sconosciute ai più nel resto d'Italia: di sospensione dall'attività lavorativa, o di disoccupazione. Nomi poco noti, ma con un risvolto terrificante.

Gli alberghi del bacino termale euganeo (per inciso, Abano Terme, Montegrotto Terme, Battaglia Terme e Galzignano Terme), chiudono stagionalmente. Sindacalmente, il contratto collettivo del settore (unico rispetto al resto d'Italia) garantisce 8 mesi lavorativi, non oltre. Probabilmente, chi ha ideato in concertazione tutto ciò, ha pensato che i lavoratori siano nelle condizioni degli albergatori, accumulanti ricchezze nei mesi precedenti, e perciò non certo bisognosi di colmare il vuoto dei 4 mancanti. Un vero peccato che non sia così.

La crisi economico – finanziaria che ha investito l’economia mondiale, purtroppo non ha risparmiato nemmeno il settore del turismo. Molto probabilmente invece, è stato uno dei settori più colpiti, in quanto, da sempre, le vacanze si effettuano con il salario residuale dei lavoratori. Oltre ad avere abbreviato drasticamente il numero dei giorni di permanenza, i turisti scelgono formule sempre più economiche, riducendo al massimo i costi del soggiorno.

Il settore turistico interessa diversi campi, come quello montano, marittimo, lacustre, collinare, business - incentive, nonché del benessere. Quest’ultimo polo è rappresentato in maggioranza dall’industria termo - alberghiera, che in Italia occupava posti rilevantissimi sino agli anni ’70 – ’80 del secolo scorso.

Uno dei poli termali più grandi d’Italia è il bacino Euganeo, rappresentato dai comuni sopraccitati. Questi, racchiusi nello scenario dei Colli Euganei, hanno attirato dai tempi degli antichi romani ospiti da tutto il mondo, intenti alla ricerca della cura e del benessere fisico.

Tra i comuni del comprensorio sopraccitati, vi sono all’incirca quasi duecento alberghi. Un polo lavorativo d’eccezione, che attirava maestranze da tutte le parti della penisola. Gli albergatori garantivano un salario discreto, sia per il lavoro stagionale che non. Infatti, la stagione termale subiva stacchi molto minori rispetto a quella montana e marittima, e proprio per questo il contratto del bacino prevede un minimo sindacale di otto mesi lavorativi.

L’attuale crisi economica, che è solamente il culmine di alcune scelte scellerate di amministrazioni locali, sta portando alla distruzione totale di quel tessuto sociale, costruito con anni di sacrifici. Gli albergatori, intenti a salvaguardare in tutti i modi il proprio utile, invece di studiare un piano di rilancio della zona, hanno pensato a due possibili soluzioni, tutte ovviamente peggiorative nei confronti dei lavoratori: la prima, concernerebbe nel convertire le strutture chiuse od in via di fallimento in immobili ad uso abitativo, la seconda nella cancellazione del lavoro in pianta stabile della zona, per trasformarlo in una professione a tutti gli effetti stagionale. Nel dettaglio, l’opera di questa lobby di albergatori, avrebbe previsto, lo scorso anno, le seguenti manovre: passaggio da un minimo sindacale di otto mesi contrattuali a sei mesi, per la trasformazione del lavoro da fisso a stagionale, con la conseguente impossibilità di effettuare prestazioni a tempo indeterminato (si passerebbe da contratti rinnovabili di tre mesi in tre mesi); cancellazione delle maggiorazioni del lavoro domenicale e riduzione di quelle riconosciute durante le festività (dal 48% al 28%); mancato riconoscimento ai portieri di notte del lavoro straordinario notturno; impossibilità di maturare alcun tipo di ferie, o di alcun tipo di premio anzianità o produzione, proprio per la conseguente mancanza di contratti a tempo indeterminato; distruzione completa della sospensione termo-alberghiera, che compensava nei periodi non lavorativi il 65% dello stipendio (anche in questo caso, non essendoci più prestazioni continuative ma stagionali, non servirebbe più l’indennità di disoccupazione, riconosciuta nel bacino termale come “sospensione stagionale). Questi e molti altri punti sono stati in discussione tra Associazione Albergatori Termali e Sindacati, il cui tavolo di trattative si è chiuso il 31 ottobre 2009, in un accordo “ponte” di un anno circa, ove si sospendevano queste possibilità. Altre variabili sono state in discussione proprio nei giorni di fine ottobre 2010.

Interroghiamoci sulle possibili conseguenze dell’attuazione di questi punti: in una parola, si riassumerebbe nella totale distruzione dell’economia del bacino termale Euganeo. Migliaia di lavoratori ridotti alla mercé di schiavi delle aziende, che dovranno produrre il doppio rispetto a prima, per profilarsi la possibilità di un secondo rinnovo del contratto. Si tratta di una sorta di nuovo “precariato a vita”, che porterà al progressivo assottigliamento degli alberghi e dei dipendenti stessi, i quali non sceglieranno più di effettuare un professione senza sbocchi, almeno non in quella zona. Centinaia di camerieri, portieri, facchini, donne delle pulizie, addetti alla cucina e alla ristorazione, al marketing, bagnini, massaggiatori, estetiste, medici, e altre figure professionali verranno precarizzate in nome del settore immobiliare, o meglio di un mancato piano di rilancio della zona. Per decenni i titolari di quelle strutture hanno ottenuto finanziamenti, piani regolatori ad hoc, concessioni edilizie assolutamente contro la legge. Ora i nipoti dei pionieri degli anni ’60 ripagano le loro aziende e i loro dipendenti con il completo dissolvimento.

Un’ulteriore conseguenza della crisi economica, che ha già interessato pienamente l’area, è il dilagare del lavoro nero. Questo tabù, che ha scandalizzato tempo addietro i nostri governanti per un facchino non regolare in parlamento, trova terreno fertilissimo negli alberghi termali, e sicuramente sarebbe un incentivo in più per periodi di breve durata. C’è da chiedersi infatti come mai, nelle aziende del bacino termale Euganeo l’ispettorato del lavoro non effettui mai alcun tipo di controllo (si parla di percentuali che sfiorano lo 0,1%, per mancanza cosiddetta di fondi), e al contrario i colleghi dell’ULSS effettuano regolari ispezioni. Auspicando che non vi sia un tacito accordo tra le parti, il lavoro irregolare verrebbe scardinato in un paio di settimane, se solo lo si volesse. Cosicché non esiterebbero più lavoratori “extras” o “a chiamata”, senza contare coloro che occupano posizioni fisse senza un regolare contratto. Tuttavia, il fatto che questi controlli non vi siano, supportati da un’ulteriore riduzione dei tempi lavorativi, consentirebbe il dilagare del fenomeno, accettato tra l’altro dai lavoratori proprio perché messi in condizioni disagevoli dalla crisi.

Bisogna tuttavia constatare che non è solamente la crisi economica che ha portato ad una netta crisi nel settore, pur comunque rimanendo una delle cause principali. Una delle ragioni più sottovalutate, è, come già scritto, la dirigenza alberghiera, che non sta facendo assolutamente nulla per uscire dalla cosiddetta crisi, ma è pronta, purtroppo, solamente a peggiorare lo stato delle cose. Nei nostri alberghi termali, v’è, nella maggior parte dei casi, una dirigenza ch’è assolutamente in contrasto col personale delle nuove generazioni, innovativo, propositivo e con metodi di lavoro non paragonabili a quelli degli anni sessanta del secolo scorso. Le gerarchie impongono dei metodi di lavoro inconcepibili, soprattutto talmente lontani dall’immaginario collettivo, che hanno veramente del tragico. Si tratta, per esempio di: assegnazione di camere singole quando la prenotazione riguardava una camera doppia, respingimento coatto dei clienti che avevano una riservazione, per un lavoro in overbooking celato, richieste telefoniche di cancellazione da parte della direzione dell’Hotel al cliente di una prenotazione, in quanto l’albergo in quel dato momento risulta pieno. Questi sono dati di fatto che avvengono quotidianamente negli alberghi del nostro bacino, senza che alcuna voce di protesta si alzi. Altresì vi sono mancate segnalazioni di guasti, di supplementi da pagare (che vengono addebitati anche senza il consenso della clientela); oppure regimi di economia che impongono il restringimento dei servizi offerti (come l’assegnazione di un accappatoio di cartapesta (notansi cartapesta) al posto di un capo di biancheria di materiale normale). Questi avvenimenti, rappresentano solamente una piccola parte di quanto succede nel mondo delle “Terme Euganee”, luoghi di relax e benessere.

Il cliente, alla fine del soggiorno, ha come possibilità di feeback la recensione in siti come tripadvisor, o altri portali del turismo. Malgrado ciò questa è la sfera che interessa la clientela, sempre più ristretta e costretta a ridurre sempre più la durata del soggiorno, per motivi di ordine economico. Ed è proprio questo che ha indotto gli albergatori a non considerare le esigenze di costoro, i quali ripongono tutte le loro speranze nella loro piccola vacanza, che vengono ripetutamente tradite dai comportamenti errati delle dirigenze.

Non giova comunque pensare che si sia solamente pensato alla riduzione delle risorse umane, e non di certo ad un rilancio, o ad un piano di marketing mirato per l’area termale Euganea. E’ esattamente questo il motivo, che mi spinge a definire la cosa una sorta di doppio binario: una pubblicità fallace ed ingannevole da parte della stampa turistica nazionale, ed una realtà opposta a livello lavorativo, nonché vacanziero. E’ perfettamente inutile parlare di governance dei prezzi, di personale qualificato, di trend alberghiero in ascesa, nei cosiddetti convegni del settore, o e nella stampa nazionale come quella del Touring Club o dell’Enit. La soddisfazione del cliente viene, di pari passo, alla soddisfazione del lavoratore, il quale, in ambienti stantii ed ingrigiti, se non proprio volgenti ad un tramonto ormai prossimo, non possono trovare alcuna possibilità. E non si parla di un futuro stabile, ma di una vera e propria continuità lavorativa.

Il mio vuole essere un grido che serva da monito a quelle dirigenze oramai superate, che ostacolano solamente il buon andamento del settore termo – alberghiero, che ha sempre rivestito un ruolo particolare nella nostra area ed in tutta l’Italia.

Non si vuole assistere impassibili alla diaspora dei migliori che scelgono altri settori, in quanto demotivati e delusi dallo stato delle cose, oramai costretti a lavorare “a chiamata”.

In ultimo, un'interrogazione parlamentare sull'argomento, è stata respinta, in quanto competenza delle regioni e non del Parlamento. Nulla da obiettare. Nell'auspicio che qualcuno, come il Ministro Brambilla, se ne occupi...

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