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La libertà della rete secondo Freedom House

Freedom House ha pubblicato il rapporto Freedom on the Net 2011, che illustra lo stato della libertà di espressione in rete a livello globale. Le conclusioni non sono molto diverse da quelle ottenute da Reporters Without Borders nelle ultime due edizioni: «un crescente numero di governi si sta indirizzando verso la regolamentazione o la restrizione della libera circolazione dell’informazione in rete». Negli stati autoritari, che «stanno bloccando e filtrando in maniera crescente siti associati all’opposizione politica», «obbligando i proprietari di siti a rimuovere contenuti politicamente e socialmente controversi» e «arrestando blogger e utenti che postino informazioni contrarie al punto di vista del governo». Ma anche in paesi più democratici, dove «molestie legali, procedure censorie opache e una maggiore sorveglianza» mettono sempre più a rischio la libera espressione.

Insomma, la tendenza è l’aumento del blocco di contenuti politici (in 15 paesi sui 37 esaminati), e in modo tutt’altro che trasparente; l’intensificazione di cyberattacchi contro i dissidenti; l’aumento dell’intervento statale per rallentare o bloccare l’accesso alla rete, specie nei momenti di sollevazione e rivolta politica.

Questa la mappa dei paesi coinvolti e il loro grado di libertà secondo l’indice di Freedom House:

L’Italia, come si vede, figura tra i paesi «liberi» (mentre è tra quelli «parzialmente liberi» nella classifica sulla libertà di stampa), anche se il suo risultato è il peggiore tra quelli dei paesi occidentali

e tra tutti i «paesi liberi» fa come il Sudafrica (26) e meglio del solo Brasile (29).

Ancora, sebbene nel nostro Paese molti dei progetti di legge più pericolosi per la libertà di espressione in rete risultino «abbandonati o accantonati» alla fine del 2010, l’impero mediatico-televisivo di Silvio Berlusconi continua a rappresenta un incentivo alla restrizione della libera circolazione dell’informazione online. Anche se lo studio ammette che è proprio in rete che gli italiani possono trovare una pluralità di vedute e un grado di criticismo verso il governo che non è presente in tivù e sulla carta stampata.

Per il resto si parla del decreto Pisanu, del caso Vivi Down, del tentativo di equiparare il profilo di responsabilità di blog e testate professionali e del decreto Romani. Una situazione che restituisce la seguente tabella riassuntiva:

La parte sull’Italia [pdf]
Il documento integrale [pdf]

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