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La "guerra" di Grillo e la ripartenza italiana

L'attivita politica del comico genovese e del Movimento 5 Stelle. Qualche suggerimento

“Siamo in Guerra. Per una nuova politica” è un libro atipico scritto da Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio, presidente della società di consulenza che gestisce gli affari digitali del comico.

I castelli di cartapesta dei vecchi partiti costruiti con il metodo Finanzia & Salassa sono pronti a crollare e così il primo Casaleggio è uscito allo scoperto. La società Casaleggio (www.casaleggio.it) è oramai esperta di politica: oltre a seguire le attività di Grillo si occupa di strategie di rete e offre i suoi servizi anche all’Italia dei Valori, che infatti gode di una moderna piattaforma internet.

In realtà questo saggio non è centrato su temi politici, ma approfondisce molte questioni legate al futuro digitale e alle attuali opportunità economiche e sociali del Web. E qui cadono gli asini delle classi dirigenti italiane. L’Italia è l’unico paese “sviluppato” dove le connessioni internet sono diminuite nel 2010. La Libia e la Tunisia hanno dei collegamenti Wi-Fi più diffusi dei nostri.

Quindi per limitare i danni della gerontocrazia una delle azioni principali della vitale ripartenza economica italiana dovrebbe prevedere il totale prepensionamento dei dirigenti pubblici a partire dal giorno del compimento del sessantunesimo anno di età. Inoltre non è ammissibile che un dirigente pubblico risieda nel consiglio di amministrazione di più di tre società. Oggi invece c’è chi è addirittura all’interno di una ventina o di una trentina di società.

Forse è giunta l’ora di far capire a quei "pecoroni rammolliti" dei cittadini italiani che il nostro calo del Prodotto Interno Lordo è simile a quello di un’economia di guerra. I nostri burocrati hanno voluto la loro guerra economica? Allora noi gli dobbiamo dichiarare la nostra guerra economica.

Grillo afferma che “Senza i finanziamenti pubblici, spacciati per rimborsi, pari a un miliardo di euro, i partiti italiani scomparirebbero in un mese”. Ma non è sufficiente bloccare questo flusso di denaro illegittimo (il voto del referendum era contrario ai finanziamenti). Grillo è troppo buono: se io avessi alle spalle una società di consulenza denuncerei tutti i vecchi e gli attuali tesorieri e segretari dei partiti per truffa ai danni dello Stato, data la gestione truffaldina dei rimborsi elettorali.

Da oggi in poi “dobbiamo abituarci a pensare al politico come a un nostro dipendente. Un dipendente che fallisce tutti i suoi obiettivi è licenziato dal datore di lavoro. Noi siamo i datori di lavoro”. Nei paesi civili sono i cittadini a dettare più o meno direttamente le priorità politiche.

Ad esempio io darei questi suggerimenti: creare Università senza numero chiuso, dove può passare al secondo anno solo chi riesce a superare un numero minimo di esami; mantenere gli ordini professionali e abolire gli esami di Stato (in Italia si è legalizzato il servilismo e lo sfruttamento lavorativo); la durata massima di tutti i tirocini andrebbe fissata ad un massimo di sei mesi; istituire una supertassa riservata a tutti gli iscritti ai partiti politici dal 1980 a oggi; creare una tassa a ritenuta secca del 10 per cento su tutti i consumi di telefonia cellulare e fissare una supertassa del 25 per cento sul lusso per recuperare l’evasione fiscale; istituire il diritto di voto per i sedicenni (il loro cervello funziona meglio di quello dei vecchi dilaniati dai vizi e dal tempo).

Poi ci sarebbe da discutere dell’attuale gestione del carrozzone Inps: una cosa è la previdenza e ben altra cosa è l’assistenza. La previdenza è stata quasi sempre in attivo, anche perché tutti i lavoratori in regola pagano i contributi, ma molte persone muoiono prima di ricevere il primo assegno e molti altri muoiono pochi mesi o pochi anni dopo aver incassato il primo assegno. È invece l’assistenza al mondo del lavoro che crea il passivo: con i fondi Inps non si dovrebbero coprire le spese delle ristrutturazioni aziendali, della cassa integrazione e dei licenziamenti.

D’altra parte gli stipendi in Italia sono fermi da circa dieci anni: non ci sono state rivalutazioni in base all’inflazione reale (il tasso statistico in realtà può essere manipolato scegliendo un determinato paniere di beni). Inoltre l’Italia non prevede nessuna forma di reddito minimo o di sussidio di disoccupazione aperto a tutti i lavoratori. Sono previsti sussidi solo per i lavoratori dipendenti e solo in alcune condizioni. Siamo davvero fuori di testa. Negli Stati Uniti dove regna una cultura antisindacale nessun politico si sognerebbe di affamare chi è rimasto senza lavoro.

Però ci tengo a sottolineare che uno Stato non è sempre responsabile della mancanza di lavoro. Lo Stato è responsabile della mancanza di reddito per chi non riesce a trovare lavoro. A mio parere con una popolazione di 7 miliardi di esseri umani sempre in crescita sarà sempre più difficile dare un lavoro a tutti (www.ilo.org). Alcuni aspetti degli attuali problemi economici sono da additare alla crescita incontrollata della popolazione umana e all’inevitabile immigrazione che fa aumentare gli attriti naturali e sociali legati alla competizione degli individui delle diverse popolazioni umane.

Comunque il Movimento 5 Stelle potrebbe rappresentare presto un nuovo terzo polo nazionale: alle elezioni regionali del 2011 “in quasi tutti i comuni i suoi sconosciuti candidati presero più voti della somma dei tre partiti guidati da Fini, Casini e Rutelli. A Bologna raggiunse il 10,5 per cento con tre consiglieri, a Trieste il 6,1 per cento”. E sono convinto che se Grillo decidesse di fare una marcia dimostrativa su Roma, con una lunga carovana di camper di cittadini pionieri (armati di pane, vino e salame), farebbe tremare pure le fondamenta del Quirinale e della Città del Vaticano.

In ogni caso gli italiani non dovrebbero preoccuparsi dell’eventuale anarchia temporanea: è molto meglio non essere governati, che essere governati male. Ad esempio “il Belgio è stato per mesi senza governo, ma la sua economia è migliorata e il suo Pil è cresciuto”: un caso evidente di autogoverno di successo dei cittadini, non mediato dai partiti” (p. 187).

Conclusioni finali: “Nel Web le idee e la loro condivisione valgono più del denaro”, e “in Internet la reputazione è tutto. È implicita nel concetto di comunità: chi fa parte di una comunità deve aiutare gli altri membri ad essere trasparente nei loro confronti” (p. 46). In rete è più facile verificare le fonti e le opinioni: “non si può mentire a lungo e chi lo fa viene emarginato”.

 

Gianroberto Casaleggio ha fondato la Casaleggio Associati nel 2004 a Milano, insieme a quattro soci. La società si è specializzata nella consulenza digitale e nella cultura della Rete. Tra i fondatori e i membri del consiglio di amministrazione c’è anche Enrico Sassoon, che dirige la rivista Harvard Business Review Italia (http://hbritalia.it, mensile). Gli altri fondatori sono Davide Casaleggio, Luca Eleuteri e Mario Bucchich. Su LinkedIn potete approfondire le identità digitali di tutti i soci.

Commenti all'articolo

  • Di Damiano Mazzotti (---.---.---.191) 14 gennaio 2012 13:40
    Damiano Mazzotti

    Anche le ricerche di Luca Ricolfi sembrano dimostrare che i guai economici dell’Italia sono inziati negli anni Novanta quanto i politici italiani hanno iniziato a tassare redditi e aziende molto di più degli altri paesi europei. Senza peraltro migliorare la qualità dei servizi. Anzi in molti casi la qualità dei servizi è calata paurosamente. Per maggiori informazioni sulle ricerche di Ricolfi: www.polena.net.

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