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Scuola: la grande lavandaia d’Italia

I toni cambiano, ironici o seriosi, ma la sostanza è questa: «La Scuola? Massimo rispetto, per carità, ci metto la maiuscola. Un’importante funzione sociale, un vasto potenziale per numero di addetti, ma»… C’è un ma che hai sentito migliaia di volte. Una litania, un ritornello assillante, giornali, televisione, autobus, famiglia, metropolitana: «Oggi, salvo lodevoli ma rare eccezioni, la scuola è infestata da una classe docente ignorante, parassitaria, conservatrice e indisponibile a ogni forma di evoluzione». Altro che maiuscola! Non fai in tempo a tentare la replica e arriva la minuscola:

«Gli insegnanti si muovono solo per le proteste di piazza, orientati da un’appartenenza politica che ne fa un tradizionale bacino elettorale. Insomma, una categoria funzionale al mantenimento della «casta».
Nell’immaginario collettivo è così: i docenti, massacrati dalla politica, sono il sostegno dei politici. Tranne rare eccezioni, non c’è famiglia in cui i genitori non impartiscono ai figli studenti la loro doverosa lezione: «Gli insegnati non li stimiamo; li conosciamo bene. Sono individui “piccoli” e fondamentalmente disonesti».

Certo, la prima reazione è un moto di stupore e la replica acuta: «Più dei tuoi colleghi, papà?», chiedono, sorpresi e un po’ insospettiti, i ragazzini, che ne sanno ormai di cotte e di crude su tutto e su tutti. La risposta, però, si aggrappa alla corda morale e liquida i dubbi: «No, non più di altre categorie. A loro però è affidata la possibilità che i giovani possano inserirsi domani da cittadini e non da ‘sudditi furbi’ in un mondo nuovo che in altri Paesi, in Europa soprattutto, stanno disegnando».

Una condanna senza appello e un ragionamento che a prima vista non fa una piega: «noi, come esempio, facciamo pena, è vero, ma loro, i docenti, stanno lì apposta per rimediare». Cacchio, che fa un docente in cinque ore di scuola, se non riesce a ripulire le piaghe purulente d’una società messa ormai così male? L’imprenditore evade? Il giornalista racconta frottole? L’avvocato e l’architetto danno i numeri? La sanità è l’affare della vita e non si capisce più chi fa è la guardia e chi il ladro, sicché la casa crolla? Beh, il docente faccia il suo mestiere, no? Glielo dica ai ragazzi: non fate pure voi così, mi raccomando, non rubate.

Ormai, i panni sporchi non si lavano più in famiglia. E’ la scuola la grande lavandaia d’Italia! La scuola, sì, che, tuttavia, guarda caso, è sempre più a corto di detersivo. Agli insegnanti, d’altra parte, molti ragazzi non credono più e non hanno torto; papà li ha avvisati: «sono individui ‘piccoli’ e fondamentalmente disonesti». E’ vero, ci sono i dirigenti scolastici, ma li si vuole “capi” e autoritari e anche per loro non son rose e fiori. Quando gli va bene, si che «sono l’espressione relativa dell’attuale classe dirigente italiana e, come tale, agiscono e dirigono il loro piccolo regno». In un paese ridotto così, è facile sognare l’uomo della provvidenza e ancora più facile scambiare fischi per fiaschi. Quanti siano i fischi e quanti i fiaschi, non è possibile dire, perché sui numeri ormai imbrogliano tutti, ma sempre più gente si dice convinta che «Renzi debba ‘decapitare’ l’assetto verticistico della struttura sociale di questo Paese in ogni direzione. E’ brutale, sì, richiede compromessi ma, al momento, non c’è alternativa».

Questa strana maniera di ragionare che non è figlia del caso e non è una novità, produce una sintesi illuminante del rapporto che lega Renzi a chi si attende da lui la “rivoluzione” che cambi il Paese: «credo che Renzi debba “decapitare”… in ogni direzione», dice la gente e non si va lontano dal vero chi dice che questa speranza corrisponde, persino nelle parole, a quella che nell’immediato primo dopoguerra condusse a Roma un avventuriero senza storia. I giornali dell’epoca sono testimoni di quel suicidio della democrazia liberale. Fu un’aspettativa di cambiamento, irrazionale e del tutto infondata, che aprì la via al fascismo, come ricorda il titolo che Renzo De Felice volle dare al primo volume della sua biografia del duce: “Mussolini il rivoluzionario”.

La storia non si ripete, è vero, se non per diventare farsa; il fascismo è ufficialmente morto e chissà che accadrà domani. E’ singolare, però, l’incoscienza con cui, di fronte a ogni crisi economica di natura finanziaria, il nostro Paese affronta il tema dei diritti e della democrazia. Renzi probabilmente è il clone meglio riuscito della classe dirigente che dovrebbe «decapitare»; lavora gomito a gomito con Berlusconi, ha il consenso indiscusso dei grandi monopoli dell’informazione, gode dell’appoggio dei Monti, dei Casini e degli Alfano e ha per padrini «uomini nuovi» come Giorgio Napolitano, uno che ha messo le tende a Montecitorio nei primi anni cinquanta e – caso unico nella nostra storia – è al secondo mandato da Presidente della repubblica. Renzi ha il compito di fare il boia, questo è vero, ma alla fine decapiterà solo i diritti sanciti dalla Costituzione. Non è facile dire dove abbiano studiato i feroci critici dei nostri docenti, in quali scuole e in quali università si siano formati e non si sa nemmeno quanti tra loro pensino per davvero che i loro insegnanti siano stati individui “piccoli” e disonesti. Su un punto, però, hanno certo ragione: il nostro sistema formativo ha fallito. Ciò che pensa ormai tanta gente, anche intellettualmente onesta, ne è una prova, amara, ma inconfutabile. Quando in buona fede si scambia così grossolanamente l’effetto con la causa, vuol dire che il senso critico è andato davvero a farsi benedire.

Non c’è nulla di più sconcertante della convinzione ottusa, che in un Paese molto malato possa esistere una scuola in piena salute. L’Italia ha una febbre da cavallo e nel delirio ha un incubo ricorrente: pensa che la terapia in grado di curarla sia nelle mani di un pupo pronto a usare la scure. Il microscopio, però, non ha dubbi: il virus che ci ammazzerà è proprio l’attesa terapia. In quanto all’Europa che andrebbe disegnando un mondo migliore, non è dato sapere cosa susciti speranze così disperate, ma l’Europa si vede all’opera ogni giorno: è quella dei CIE e degli affogamenti nel Canale di Sicilia, quella che appoggia i nazisti ucraini e tace sulla Palestina. L’Europa sempre più razzista che dilaga e ci avverte: non vuole la guerra, ma non la esclude.

In quali riforme speri chi ha scelto Renzi come salutare boia della democrazia non è chiaro a nessuno. Le uniche di cui si ha notizia sono quelle del misterioso «accordo del Nazzareno». Il patto con Berlusconi. E’ evidente, una strage ci sarà, ma si può star certi: non cadranno le teste di coloro che costituiscono «l’assetto verticistico della struttura sociale di questo Paese». Non s’è mai visto un boia che decapiti se stesso.

 

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