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La giostra dell’incoerenza

In quest'ultima settimana la politica ha espresso il peggio di sé fornendo, a un paese sempre più nel baratro della crisi, una triste testimonianza di come sono state ribaltate le regole democratiche dimostrando, altresì, una grave incoerenza. 

La rielezione di Giorgio Napolitano, da tanti presentata come la migliore ipotesi possibile, è avvenuta però dopo l'esposizione di altri autorevoli personalità che sono risultate perdenti e non qualifica l'attuale Capo dello Stato quale soluzione migliore. Forse era l'unica possibile, ma non la migliore per il paese.

A questo risultato deludente si è arrivati dopo aver appurato che questo è il peggiore Parlamento di tutti i tempi. Ci sono difficoltà, certo, nessuno lo nega, ma a questo serve un Parlamento: per discutere, legiferare e governare. Non serve un Parlamento se non decide qualcosa e, finora, dopo sessanta giorni, non ha deciso nulla. Il governo di cambiamento, il rinnovamento o l'Italia giusta è ormai un sogno irrealizzabile. In altre situazioni sarebbe un bene andare al voto, ma oggi non sarebbe risolutivo, la situazione potrebbe ribaltarsi leggermente, ma il risultato sarà identico, se non si cambia la modalità per le elezioni. Per cambiare serve decidere e, come detto, questo Parlamento sembra sia l'unica cosa che non sappia realmente fare.

La giostra dell'incoerenza continua a girare vorticosamente mietendo vittime illustri e dando ragione a Grillo quando asserisce di aver circondato il Palazzo. Il fatto, però, è che il Palazzo si sta circondando da solo, autodistruggendosi con le proprie mani. A partire dal PD, spaccato su posizioni inconsulte, tipo "inciucio" si o no. Chi è d'accordo con l'inciucio sembra che sia diventato un appestato, chi è contro, invece, è di sinistra. Posizioni simili denotano pochezza di spessore politico e possono diventare un cancro della democrazia.

Da sempre, e non solo in Italia, esiste la regola democratica: per governare serve il 50% più 1 dei voti in Parlamento, sia alla Camera sia al Senato. Se si ottiene il 55% è un bene, il 60% è meglio, il 67% sarebbe ottimo mentre, andare oltre, diventerebbe pericoloso perché si rischia la tirannia. Esiste, quindi, chi governa e ha la responsabilità di fare le cose necessarie e chi si oppone controllando e garantendo che non si faccia i furbi, è una basilare regola democratica importantissima. Ma serve avere questa benedetta maggioranza, se non c'è, va ricercata con chi ci sta. Il M5S ha precisato, da subito e da sempre, che è forza di opposizione, a meno che non abbia la maggioranza qualificata per governare da solo, per cui anche questa va considerata una posizione chiara, trasparente e coerente. Chi si aspetta altro dal M5S è un illuso e mai sarà accontentato, quindi, si dovrà guardare altrove.

I calcoli sono elementari, ci sono tre grandi forze che si sono presentate agli elettori: centro sinistra; centro destra, M5S più una forza minore rappresentata da Scelta Civica. Singolarmente, nessuno può governare, per farlo serve l'alleanza di due grandi schieramenti. Il M5S non si allea con nessuno mentre il PDL si è sempre dichiarato disponibile, per questo l'unica alternativa, piaccia o meno a chiunque, è che sinistra e destra uniscano le loro rispettive forze. La coerenza non è solo portare avanti le proprie posizioni, bensì definire le cose in termini logici. Ed è proprio qui che casca il Partito Democratico e l'alleanza di centro sinistra: tutto andrebbe bene, ma non allearsi con Berlusconi.

Il problema principale della sinistra sembra non essere è il paese alla deriva, ma sempre lui: il "giaguaro". Ma non dovevano smacchiarlo? Non ci sono riusciti, per cui sarà anche logico farci i conti, l'abilità di un buon politico sarà quella di ottenere il miglior risultato con il minor sforzo. Continuare a "illudersi" che Berlusconi non esista è una fandonia che sta provocando strappi, dolori e sofferenze a chi la predica. La componente di sinistra del PD è, manco a farlo apposta, anche quella che maggiormente sta per essere spazzata via dallo scenario nazionale, ma ancora non se ne rendono conto. Eppure c'è un precedente, tutte le forze di estrema sinistra sono fuori dallo scenario parlamentare per i troppi "eccessi" sempre predicati.

Vendola e il suo SEL ora prende le distanze dal centro sinistra che fa l'inciucio con la destra, mandando all'aria un'alleanza che andava sempre considerata improbabile e impossibile. Vendola è furbo, gli servivano i voti del PD per entrare in Parlamento e ha fatto il bravo finché non si è deciso la prima delle cose per lui sbagliate: un presidente della Repubblica votato anche dalla destra. Ora il PD è solo con le sue incognite, è debole, battuto, straziato e vota un documento che da pieno mandato al presidente della Repubblica di fare quello che vuole. È il fallimento del centro sinistra. La perdita d'identità politica (e la dignità) di un partito, oggi sempre più allo sbando e che non trova di meglio che appoggiarsi a Napolitano senza riuscire a esprimere alcuna linea di rilievo, è proprio una bella dimostrazione di incoerenza. Durante la direzione nazionale, nel PD risultano chiare le posizioni: c'è chi capisce che da soli non ce la possono fare e chi si illude di formare un governo di minoranza, cosa totalmente assurda. La più folle di tutte le posizioni è quella esternata da Rosi Bindi, sempre più fuori di testa. La Bindi propone che si costituisca un governo in cui prendano parte politici di "secondo piano". Per fare cosa poi? Per dire che se fanno schifo erano solo le "scartine" dei partiti? Proprio una posizione da grande statista, non c'è che dire.

A dire il vero, dovrebbe essere la destra che non fa alleanza con questa sinistra allo sbando, è totalmente inaffidabile e ha dimostrato quanto potrebbe diventare pericolosa. Persino Grillo, sul suo blog, ha tirato un sospiro di sollievo quando ha dichiarato che, per fortuna, non ha garantito appoggio a Bersani altrimenti, la brutta figura fatta dal PD, sarebbe stata anche la loro fine. La guerra a Berlusconi sarà anche sacrosanta e giusta, ma andrà vinta in una competizione elettorale, e non se è un tuo pari. Il PD senza i voti di SEL, non sarebbe nemmeno la prima coalizione (a parte l'anomalia dei 200 parlamentari in più per il premio di maggioranza). Di fatto, è il centro destra oggi la forza maggioritaria in Parlamento. Quindi, se non si riesce, allo stato attuale, a battere Berlusconi sul campo, ci si dovrà organizzare per la prossima occasione.

Ora c'è un governo da fare, bello o brutto che sia lo decide chi c'è attualmente in Parlamento e non il presidente della Repubblica, al massimo darà l'incarico a una personalità che, però, dovrà ottenere la fiducia in entrambe le Camere. Deciderà questo Parlamento , non quelli che ci saranno in futuro o che c'era in passato. Oggi è questo lo scenario, per cui si faccia del proprio meglio per dare una speranza al paese, non lasciaee che si viva nel timore di restare a lungo in agonia.

Questo articolo è stato pubblicato qui

Commenti all'articolo

  • Di (---.---.---.148) 24 aprile 2013 20:09

    Macerie >

    La Moretti, portavoce di Bersani alle primarie, ha raccontato di aver accettato subito l’incarico, per telefono e “senza riflettere”.
    Di fronte ai tanti “contrasti” emersi sulla proposta Bersani di candidare Marini ha preferito distanziarsi e “votare” l’astensione affinché il confronto continuasse fino a “trovare una soluzione più forte”. Spiega che “limitarsi a obbedire” sarebbe stato “più comodo e conveniente”. O forse, visti gli esiti, era più vero il contrario.
    Per certo non ha avuto problemi di “coscienza” la volta successiva, quando “tutti” hanno applaudito al nome di Prodi.

    Ancora.
    Renzi, saputo dell’affossamento di Prodi, ha tenuto subito a dichiarare che “semplicemente non c’è più”. Da un lato ha commentato che non è una battaglia aperta “fare il giochino dei franchi tiratori”, dall’altro si è detto curioso di “vedere cosa proporrà Bersani”.
    Un dato è sicuro. Se prima si era spinto a denunciare la telefonata “venuta da Roma” per impedire la sua elezione a Delegato regionale, poi, apertasi la caccia ai 101 “traditori”, è corso a sottolineare che non poteva essere fisicamente incluso tra i “grandi elettori” del PD.

    Non ultimo Rodotà.
    Da uomo convintamene radicato nella sinistra italiana, si è detto “molto irritato” per non aver ricevuto, su una sua candidatura al Colle, “neanche una telefonata” da esponenti del PD (in specie Bersani).
    Da giurista di ferrea convinzione democratica, non ha avuto alcuna remora a farsi candidare da un Movimento centrato su una élite di “iscritti” decisa e “garantita” da un Leader che contesta il principio Costituzionale (art.67) di una funzione di rappresentanza “esercitata senza vincolo di mandato”.

    La domanda è d’obbligo. Dove è finito lo spirito di appartenenza?
    Il tempo non cancella le Voci dentro l’Eclissi esempio di coerenza, impegno ...

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