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La geografia dell’insicurezza sociale e delle paure italiane

Tutte le insicurezze degli italiani”, l’indagine che traccia la rappresentazione sociale dell’insicurezza in Italia. Realizzato da Fondazione Unipolis (fondazioneunipolis.org), Demos&Pi (demos.it) e Osservatorio di Pavia (osservatorio.it), il Rapporto illustra che fra gli italani l’insicurezza è divenuta un elemento comune e quasi normale della nostra società e della vita quotidiana.

Primi numeri indicano che per il 49% degli italiani la disoccupazione è fra i problemi più importanti da affrontare, per un altro 42% preoccupa la situazione economica e per il 28% l’inflazione. La crisi economica ha assorbito le altre paure, ha messo in secondo piano l’ostilità verso gli altri e i timori si sono rivolti alla situazione economica e al lavoro che colpisce da vicino. Il 69% delle persone pensa che la crisi si chiuderà tra più anni, mentre appena il 12% pensa possa esaurirsi entro il 2013.

L’identikit delle persone spaventate comprende donne, anziani, con livello d’istruzione più basso e posizione sociale meno elevata, residenti nel Mezzogiorno e le persone “sole” che non partecipano e passano molto tempo davanti alla Tv. L’insicurezza economica è molto elevata nel Nord Est anche fra le persone d’istruzione media, fra gli imprenditori e i lavoratori autonomi.

L’insicurezza legata alla criminalità mostra indici particolarmente alti soprattutto nel Nord Ovest. La percezione della crescita della criminalità a livello locale riguarda soprattutto le classi dirigenti e i ceti medi nelle aree dell’Italia centrale. Mentre l’insicurezza globale colpisce con particolare intensità i liberi professionisti e, in generale, l’incertezza coinvolge anche le persone impegnate in associazioni di volontariato e in gruppi che s’interessano dei problemi del territorio. 

L’impegno non basta più a esorcizzare né a sopire l’insicurezza e a “farsi carico” dell’incertezza. Questo disagio non si traduce in un atteggiamento altrettanto diffuso, orientato verso la protesta sociale. La quota di persone che ritiene utile “scendere in piazza” supera di poco il 30%. Persiste, invece, la sensazione che in Italia sia diffusa la ricerca di soluzioni su base privata e individuale, attraverso il sostegno della famiglia. La protesta collettiva e le reti di solidarietà comunitaria sembrano convincere meno che in passato. La crescente individualizzazione dell’insicurezza si traduce in un crescente senso di solitudine. Il 23% degli italiani afferma di sentirsi “solo” e le maglie dell’incertezza si stringono intorno a individui che si sentono soli e vulnerabili. 

Le paure in graduatoria. L’indice d’insicurezza economica raggiunge il 79%. La perdita del lavoro e la disoccupazione preoccupano frequentemente il 58% dei cittadini italiani. Quasi una persona su due teme di non avere abbastanza soldi per vivere e il 66% si dice preoccupato dalla distruzione dell’ambiente e della natura. Il 49% è preoccupato dalla globalizzazione, intesa come l’influenza sulla vita e sull’economia di quello che capita nel mondo. Il 47% teme per la qualità del cibo e delle bevande, mentre il 36% è preoccupato dalla possibilità di nuove guerre nel pianeta. Il 33% teme di essere vittima di un furto in casa e il 52% degli italiani teme gli effetti delle prossime elezioni sulla credibilità internazionale dell’Italia.

La “politica” in sé è divenuta un fattore di “insicurezza”. Una dimensione dell’insicurezza accanto alle altre che contribuisce a moltiplicare il senso di precarietà. Oggi solo una frazione della popolazione ritiene la classe politica non solo in grado “di” ma perfino interessata “a” governare per il bene dei cittadini piuttosto che per il proprio tornaconto personale. Oltre metà degli italiani pensa che la corruzione politica sia più diffusa. Quasi la metà guarda con preoccupazione le prossime elezioni, teme che possano compromettere la credibilità internazionale del Paese e, più in generale, costituiscano un fattore d’instabilità interna oltre che esterna. Il 46% degli intervistati descrive le elezioni anzitutto come un rischio per l’economia perché segneranno “il ritorno dei politici e dei partiti”. 

L’83% degli italiani ritiene i politici interessati solo al potere e ad arricchirsi. Per il 92% nessuno, o solo alcuni di essi, sono capaci di governare nell’interesse dell’Italia. Il 39% delle persone pensa sia “meglio fare a meno del Parlamento e delle elezioni e avere un leader forte che possa decidere rapidamente su ogni cosa”. Il 54% ritiene preferibile che, in una fase di crisi, i politici facciano spazio a esperti e professori nelle posizioni di governo. La questione morale genera un sentimento diffuso d’incredulità, stupore e rabbia, crescenti paure e preoccupazioni.

La sindrome dell’insicurezza ha modificato la rappresentazione e la narrazione dei media. Il peso delle notizie ansiogene cala al 19% nel 2012. Il tema della criminalità resta il più frequentato. Per il 2012 sono presenti in media più di 2000 notizie di reati a semestre. Dal punto di vista della narrazione si conferma la tendenza a “semplificare” una materia tanto complessa riducendola a tipologie seriali in grado di suscitare e tenere l’attenzione del pubblico. Il 2012 è l'anno dell'incertezza politica e dell'antipolitica, costellato di episodi di corruzione e di abuso del finanziamento pubblico da parte dei partiti, a livello nazionale e locale.

È un’insicurezza generalizzata, pervasiva quella degli italiani che determina e alimenta paure e preoccupazioni crescenti. Disoccupazione, cassa integrazione, precarietà, impossibilità di trovare un lavoro, perdita di reddito e di potere d’acquisto, costituisce le paure e le preoccupazioni predominanti, si guarda alle elezioni con timore, la maggioranza non le considera capaci di risolvere i problemi gravi e vivi del Paese. La corruzione politica e l’antipolitica, affiancate all’incertezza politica, sono alimentati dalla crisi economica.

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