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La (falsa) svolta di Cuba sulla libertà di viaggiare

 

C'è chi l'ha definita la madre di tutte le riforme: il Governo di Cuba ha annunciato l'altro ieri che i propri cittadini potranno viaggiare all'estero - liberamente, o quasi.

Una buona notizia, a parole. Ma un attento esame della realtà ci invita a non lasciarci andare a facili entusiasmi. Secondo IlSole24Ore:

Le possibili trappole che si nascondono nelle pieghe di quest'annuncio, sono varie: la prima riguarda le autorità cubane, che mantengono il diritto alla concessione dei passaporti. E quindi resta ampio il margine di arbitrarietà con cui vengono rilasciati. La seconda riguarda i costi del passaporto che potrebbero mantenersi elevatissimi per un cubano che guadagna 15 dollari al mese. La terza trappola, messa in luce dai cubani residenti a Miami, riguarda la possibilità di rientro: l'Associazione "Cubademocratica Ya", spiega che «le difficoltà permangono e la riforma non prevede percorsi più agevoli. I cubani dovranno richiedere permessi presso consolati cubani all'estero».

Non a caso, secondo i dissidenti, la legge trae in inganno: invece di consentire una maggiore libertà ai cubani, ne calpesta i diritti. A frenare la mobilità dei cittadini cubani all'estero c'è poi un altro ostacolo. E stavolta Cuba non c'entra. In una lunga analisi di cui qui riporto solo alcuni passaggi, RadioCittàAperta spiega le trappole della burocrazia europea (e non cubana):

 

Quella della Tarjeta blanca è una pratica che documenta la richiesta di viaggio all'estero del cittadino cubano e che poi ne registra anche il rientro. Di più: Cuba dà un permesso d'uscita di ben 11 mesi (da gennaio 2013 con la nuova legge aumentato a 24 mesi), di fronte ai soli uno, due o massimo tre mesi che concedono i Paesi europei, per esempio l'Italia. Ma ecco che qui compare il vero e concreto incubo dei cubani viaggiatori per turismo, cioè l'ottenimento dei visti d'entrata stranieri, per esempio, del visto italiano.

Perché è proprio questo il maggiore e impervio ostacolo al viaggio turistico in Italia per ritrovare amici, fidanzati o possibili e futuri mariti o mogli. Il no, non raro, del consolato italiano.

(...)

dopo aver inoltrato una fitta quantità di documenti, quasi una decina, che costano almeno 600 euro, e molti dei quali devono essere fatti in Italia dalla persona straniera invitante e garante.

Insomma la massa dei documenti e dei costi riguarda la parte italiana del visto, non quella cubana.

Questo punto finale dice chiaro e tondo che la presentazione della domanda e della documentazione non garantisce il rilascio del visto. ... Dei Paesi europei, non di Cuba! E' chiaro il concetto, o no?

Altro che "Finalmente i cubani possono viaggiare all'estero col solo passaporto". Ma dove vanno, come possono partire dall'isola se non hanno il visto d'entrata in Europa? E' quel visto che è la chiave e l'ostacolo di tutto.

(...) anche perché a volte succede che lo straniero entrato con visto turistico poi non ottempera all'obbligo di rientro nel proprio paese d'origine e permane quindi clandestino.

La "tarjeta blanca" per i paesi europei (definita famigerata dai giornali italiani) non c'entra niente, abbiamo gia spiegato che l'ostacolo vero all'uscita da Cuba è la concessione, difficoltosa, dei visti d'ingresso dei paesi riceventi.

 

Morale della favola: al di là degli sbandierati annunci, l'efficacia del provvedimento è ancora tutta da verificare. Peraltro, non si tratta neppure di una "svolta" o tanto meno una "apertura" del regime, perché la misura era attesa da tempo, e precisamente dal sesto Congresso del Pcc dell’aprile 2011, quando Raul Castro annunciò un timido programma di riforme da implementare (lentamente) negli anni a venire.

In definitiva, cosa si nasconde dietro questa "libertà" di viaggiare?

Prova a rispondere Danilo Manera su Limes, attraverso un'attenta riflessione sulla tempistica:

Quel che accade a Cuba ha molto spesso una valenza di politica estera e va messo in rapporto con la situazione mondiale. Un annuncio come questo viene fatto dopo la vittoria elettorale dell’irrinunciabile alleato Hugo Chávez, che ha ridato respiro a Castro. Ma arriva anche in piena campagna elettorale statunitense, come scelta unilaterale (è infatti improbabile che la commissione migratoria bilaterale sia andata avanti in segreto su questi temi), dalle conseguenze imprecisabili.

Infine, i più maliziosi sottolineano la coincidenza con un momento in cui l’attenzione internazionale era rivolta al caso di Ángel Carromero, militante del Partido Popular spagnolo appena condannato a 4 anni per l’incidente d’auto in cui ha perso la vita il leader oppositore Oswaldo Payá. Le circostanze non risultano chiare e al processo non sono stati ammessi né la famiglia di Payá né la nota giornalista indipendente Yoani Sánchez.

Insieme al forte sollievo per questo riconoscimento, sia pure parziale, di uno di quei diritti elementari che il regime ha a lungo negato ai cittadini cubani, c’è dunque ancora cautela, sia nell’isola che nella diaspora, sull’effettiva libertà di viaggiare, un bene preziosissimo a qualunque latitudine.

Questo articolo è stato pubblicato qui

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