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La difesa di Dell’Utri. Parte 2. Fininvest, la mafia e l’uomo di Ciancimino

I rapporti con un finanziere legato a Ciancimino e l’ombra di Cosa nostra nella proprietà di Fininvest. Si sono occupati anche di questi temi, venerdì scorso, gli avvocati di Marcello Dell’Utri, che ritengono queste accuse irrilevanti e superate. Ma, secondo la Procura, dietro Fininvest potrebbe nascondersi la mano di Roberto Calvi.

La difesa di Dell'Utri. Parte 2. Fininvest, la mafia e l'uomo di Ciancimino

Filippo Alberto Rapisarda non era soltanto un costruttore, arrivato, negli anni ’70, al vertice del terzo gruppo immobiliare italiano. Legato a Vito Ciancimino tramite il finanziere Francesco Paolo Alamia, per il Tribunale che ha giudicato Dell’Utri in primo grado Rapisarda era un «personaggio certamente complesso», per Vittorio Mangano «un truffaldo». Marcello Dell’Utri lavorò per Rapisarda dal 1977 al 1979 diventando presidente e consigliere delegato della Bresciano, società del gruppo destinata al fallimento. Secondo alcuni pentiti il senatore berlusconiano sarebbe servito «a garantire gli interessi mafiosi» nella società. Paolo Borsellino, nella sua cosiddetta “ultima intervista” a Jean Pierre Moscardo e Fabrizio Calvi, ritiene «presumibile» che Dell’Utri sia stato presentato a Rapisarda da Gaetano Cinà, uomo della famiglia di Stefano Bontade e amico del senatore. Lo stesso Dell’Utri ha raccontato più volte che Cinà partecipò effettivamente ad un incontro con Rapisarda. «Non si vede quale altra ragione – scrive il Tribunale – potesse giustificare la presenza di quel modesto commerciante palermitano (ma con stretti legami ed importanti conoscenze con i vertici dell’associazione mafiosa “cosa nostra”) nell’incontro di lavoro con Rapisarda a Milano se non quella di “raccomandare” il suo giovane amico», ma «in mancanza di un preciso riferimento a fatti e circostanze obiettive, autonomamente riscontrabili, il Tribunale non può che prendere atto della impossibilità, allo stato attuale, di pervenire al pieno accertamento della verità circa la effettiva condotta svolta dall’imputato negli anni della sua collaborazione con il Rapisarda, conclusasi, poi, in modo certamente negativo con una tracollo finanziario che travolse tutto il gruppo imprenditoriale». Secondo gli avvocati del senatore questo tema è strumentale e superato.

I difensori di Dell’Utri hanno poi liquidato brevemente il tema delle “holding di Berlusconi”: fino a 38 società che controllano gran parte della proprietà di Fininvest, protagoniste, nel tempo, di strani flussi finanziari. Secondo alcuni pentiti sarebbe stata Cosa nostra a finanziare la società di Berlusconi, ma le perizie svolte dai consulenti (il dott. Giuffrida per l’accusa, il prof. Iovenitti per la difesa) non riescono a fare chiarezza sulla questione che, in breve, può essere sintetizzata nella domanda: dove ha preso i soldi Berlusconi? Il premier, interrogato a domicilio il 26 novembre 2002, si è avvalso della facoltà di non rispondere. Il Tribunale, così, si è dovuto accontentare di rilevare che «le “indicazioni” dei collaboranti […] non possono ritenersi del tutto “incompatibili” con l’esito degli accertamenti svolti, i quali non hanno evidenziato elementi di insuperabile contrasto con le dichiarazioni accusatorie, ma neppure riscontri specifici ed individualizzanti alle stesse» perché «non è stato possibile, da parte di entrambi i consulenti, risalire, in termini di assoluta certezza e chiarezza, all’origine, qualunque essa fosse, lecita od illecita, dei flussi di denaro investiti nella creazione delle holdings del gruppo Fininvest».

La Procura di Palermo, nei motivi di Appello depositati dopo la sentenza del Tribunale, ha chiesto di interrogare nuovamente il consulente Giuffrida. Il funzionario della Banca d’Italia, collaborando con la Procura di Roma nelle indagini sulla morte del banchiere Roberto Calvi, ha scoperto che «numerose operazioni del gruppo facente capo al Banco Ambrosiano sono state effettuate utilizzando società della c.d. “costellazione estera” del gruppo [Fininvest]». Secondo i pm Gozzo e Ingroia «appare rilevante accertare se Roberto Calvi, appartenente alla P2 e beneficiario nel corso degli anni di ingenti finanziamenti da parte di ambienti mafiosi, abbia effettuato investimenti nella Fininvest nella prima metà degli anni ‘70, e quindi in epoca immediatamente antecedente alle immissioni di denaro oggetto delle analisi del dott. Giuffrida». La Corte d’Appello, però, ha giudicato irrilevante questa nuova documentazione.

Pubblichiamo, di seguito, i passaggi dell’arringa che trattano questi due temi.

Dell’Utri e Rapisarda


AVV MORMINO: La vicenda “Alberto Rapisarda”, con tutto quello che c’è dentro, è un passaggio estremamente essenziale rispetto all’ipotesi accusatoria formulata fin dall’inizio: quel tema significativo che vedremo essere stato quello della collusione economico-finanziaria del Senatore Dell’Utri tra il sistema criminale e il sistema economico-finanziario imprenditoriale, non solo della Sicilia, ma dell’Italia. Ieri sera, in questa nuova udienza esterna del processo [una puntata di Annozero sulla trattativa tra Stato e mafia, ndr], abbiamo assistito a questa rappresentazione. È chiaro che l’insediamento del sistema criminale nel nord del Paese è quello di acquisire la gestione e comunque una penetrazione di carattere economico-finanziario del mondo imprenditoriale del nord […] L’ipotesi era che Bontade, Teresi e la criminalità organizzata siciliana investiva o potesse investire. Questo tema ha formato proprio l’oggetto della analisi della questione relativa ai rapporti Dell’Utri-Rapisarda, che era un tema di estrema rilevanza e che rappresentava quella ipotesi di avere posto a servizio degli interessi finanziari della criminalità organizzata quelle conoscenze del mondo imprenditoriale. Ebbene, signori della Corte, anche questo tema che verteva principalmente sulla presunta funzione strumentale di Dell’Utri, volta a consentire agli esponenti mafiosi siciliani il riciclaggio del denaro proveniente dall’attività criminale […] è stato assolutamente tranciato da padre del Tribunale […]

Il tribunale ha finito col dire […]: «ritiene il Collegio che gli elementi di valutazione relativi a questa particolare vicenda non consentono di affermare che l’odierno imputato abbia svolto concretamente e in prima persona una effettiva attività di riciclaggio di denaro proveniente dall’organizzazione criminale “cosa nostra” o che abbia agito allo scopo di tutelare gli interessi di questo sodalizio all’interno del gruppo imprenditoriale facente capo al Rapisarda». […] Noi non solo condividiamo [questa conclusione], ma la riconosciamo. Ed è inutile che ci intratteniamo ancora su questo affaticando l’attenzione della Corte e affaticando anche il nostro compito.

Le holding di Berlusconi

AVV MORMINO: Una delle attività più intense che hanno portato ad un impegno, un’indagine straordinaria […], ma dico su questo punto il Tribunale è stato tranciante anche a questo proposito e il tentativo di riaprire la indagine […] è stato eluso, non dico bocciato, da parte di questa Corte, la quale, con una sua ordinanza, in maniera esplicita […]«ritiene […] che le indicazioni fornite a supporto della richiesta di rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale […] non sono allo stato connotate dei requisiti di specificità e decisiva rilevanza necessaria per l’accoglimento della istanza […]».

[…] Cosa rimane in realtà dell’accusa mossa al senatore Dell’Utri?

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