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La croce di Pristina

E' veramente singolare vedere nel cuore della capitale di un paese a maggioranza musulmana la presenza di due grandi chiese e di nessuna moschea.


C'era una volta e adesso non c'è più. Nel pieno centro di Pristina, proprio nel cuore politico e commerciale della città esisteva una storica scuola secondaria fondata nel 1971. Il ginnasio "Xhevdet Doda" era considerato un istituto ben organizzato, con professori capaci e che, proprio per questo, sfornava ogni anno i migliori studenti. Il 2002/2003 è stato l'ultimo anno in cui hanno potuto frequentatarlo. Poi si sono dovuti trasferire, anzi disperdersi in questa o quella struttura prima che la nuova sede venisse ultimata. Gli accordi parlavano del 2007, ma ovviamente sono dovuti passare altri tre anni. Solo nel novembre del 2010 il nuovo edificio ha potuto ospitare i quasi 1.500 giovani studenti. La vicenda ha creato vari mal di pancia, anche perché al posto della scuola, che indubbiamente era vecchiotta e andava ristrutturata, si è deciso di costruire nel pieno centro di Pristina una faraonica cattedrale cattolica.

La realizzazione di quest'opera era un desiderio dell'ex presidente Rugova e, come avviene con ogni capriccio di un presidente carismatico e tanto amato, il sogno si è avverato. Le difficoltà legate alla proprietà del suolo hanno rallentato i lavori che dovevano concludersi per il 2010, entro settembre, per consentire la celebrazione del centenario della nascita di Madre Teresa, alla quale la cattedrale ha dedicato il nome. Nonostante questi ritardi i solenni festeggiamenti sono avvenuti regolarmente alla presenza delle massime autorità politiche e religiose del Kosovo. La costruzione della cattedrale ricorda sicuramente che il Kosovo è un mosaico di comunità religiose, culturali ed etniche che convivono insieme da secoli in un territorio in cui l'aspetto religioso non era molto rilevante, almeno fino agli eventi bellici del 1998/99.

Tuttavia l'imponenza di una struttura -che una volta ultimata con i due campanili raggiungerà i circa 50 metri d'altezza- nel cuore di una città con una significativa maggioranza musulmana (il 93% circa della popolazione del Kosovo) potrebbe sortire l'effetto contrario. Ci si scandalizza quando nella cattolica Italia un piccolo garage viene concesso a migliaia di fedeli musulmani per pregare, mentre ora viene visto come un fatto del tutto normale costruire in un paese musulmano grandi chiese -nuovissime sono quelle di Klina e di Gjakova- per una manciata di fedeli cattolici che qui in Kosovo sono poco più del 2%. I malcontenti nella comunità islamica non si sono fatti attendere, anche se, come era logico prevedere, le autorità ecclesiastiche locali tendono a sminuirli. Il giorno dell'inaugurazione della cattedrale, durante il discorso ufficiale il rappresentante della comunità islamica, pur nella sua compostezza, non ha mancato di far presente agli invitati che "i fedeli musulmani hanno necessità di nuovi luoghi di culto". Capita assai di frequente, specie nei giorni estivi, vedere i fedeli pregare in ginocchio fuori dalle moschee a ridosso dei marciapiedi. Questo avviene non per comodità, ma per mancanza di spazio. Quella della comunità islamica non è stato l'unica critica. Anche B. Berisha, che con tutta la sua famiglia ha un solido passato legato al nome e alla parola di Cristo, trova "eccessiva la costruzione della cattedrale nel centro cittadino".

"La costruzione della cattedrale è, sicuramente, una buona notizia. Anche il fatto di avere la sede del vescovato a Pristina, e non più a Prizren, è qualcosa di utile e importante, ma quando ti trovi in mezzo a persone che disprezzano la chiesa per come è stata pensata e costruita, allora ti viene da rifletterci un po'", sentenzia il sig. Berisha. Non è il solo tra i cattolici kosovari a pensarla così, mi assicura. Il nocciolo della questione non riguarda certo il diritto o la legittimità di costruire luoghi di culto diversi da quelli praticati dalla maggioranza dei suoi cittadini, quanto la mancanza di tatto nell'aver voluto costruire un santuario del genere. E' veramente singolare vedere nel cuore della capitale di un paese a maggioranza musulmana la presenza di due grandi chiese - una cattolica in costruzione, l'altra ortodossa costruita durante gli ultimi anni del regime di Milosevic e rimasta tuttora incompiuta- e di nessuna moschea. Questo dato di fatto dovrebbe far riflettere. Dovrebbe far riflettere anche il comportamento della classe politica locale, reflattaria a concedere le autorizzazioni per la costruzione di nuove moschee o centri di cultura islamici. Molto probabilmente tutto ciò non è altro che l'espressione di voler presentare il Kosovo sotto una luce diversa, più Europea, anche per non fare impensierire il cattolico Occidente e la Santa Romana Chiesa.

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