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La crisi colpisce anche i servizi culturali

Il precipitare della crisi iniziata alla fine del 2008, sottovalutata dall’impotenza - o dall’incapacità? - dei governanti, ha allungato i suoi pesanti effetti nelle spese per la cultura.

In Inghilterra chiudono oltre 400 biblioteche civiche e nella nostra malmessa Italia si assiste alla decimazione dei contratti temporanei che ne garantiscono l’apertura al pubblico.

Le drastiche riduzioni delle spese per nuovi libri, DVD e abbonamenti (ci si metta pure il Decreto che limita gli sconti) renderanno rapidamente obsoleto il "parco giochi" con la conseguente disaffezione degli utenti, già attratti dal facile accesso via Internet ad un’enorme varietà di documenti.

Sono frequenti i casi di biblioteche appena rinnovate o inaugurate che riducono a poche ore l’accesso al pubblico, rendendo vani i notevoli investimenti, visto il rapporto negativo tra spesa e servizio erogato.

Non si dovrebbe verificare che i tagli alla cultura, soprattutto nei piccoli e medi centri, dove l’intervento pubblico è l’unico motore del circuito formativo, siano messi in competizione con i servizi di assistenza alla persona: asili nido, interventi a sostegno di disabili e anziani.

Eppure è così: anche le bollette dell’illuminazione pubblica si devono pagare, come le manutenzioni di strade e di scuole (forse si potrebbero risparmiare quelle degli stadi del calcio ma è un’altra storia e la chiudiamo qui) e quindi si preferisce tagliare dove la protesta è meno urlata e fastidiosa: nella cultura.

Intendiamoci. Non c’è politico, nero o rosso che sia, che non dica che la Cultura è uno dei fattori di crescita di un’economia. Ma tra il dire ed il fare...

In quasi trent’anni di lavoro vissuti nel mondo dei Beni Culturali ho assistito al progressivo svuotamento dell’interesse e del conseguente impegno per una massiva politica di difesa e valorizzazione delle nostre risorse culturali intese come patrimonio collettivo. Al contrario si è optato per azioni episodiche legate a sponsorizzazioni, programmi televisivi o altri eventi volatili al cui confronto l’effimero di nicoliniana memoria appare qualcosa di solido. 

C’è un dibattito che a tratti ha toni di consapevole rassegnazione nel Forum dei Bibliotecari Italiani sul futuro delle biblioteche. Ci si interroga sulla durata di queste istituzioni che rischiano di veder fallire la loro missione, minacciata dal futuro digitale.

Mi permetto di avanzare qualche spunto di riflessione. Non sono solo le biblioteche che devono cambiare ruolo e organizzazione, ma l’intero comparto dei servizi culturali diffusi che deve essere riconfigurato per poter reggere le sfide di un futuro che sarà sempre più povero di risorse.

Sono gli Assessorati alla Cultura (di comuni, province ed anche di regioni) che devono cambiare, impegnando le poche risorse umane e finanziarie nell'erogazione di servizi culturali di base e formativi, nella valorizzazione del patrimonio "reale" e duraturo, fonte di attrazione turistica e volàno di un’economia culturale stabile capace di creare un indotto che possa contribuire al suo mantenimento: anziché la tassa di soggiorno, i turisti e gli operatori dovrebbero pagare una micro "tassa di cultura" come voce d’entrata nei bilanci delle istituzioni culturali.

Questo comporterebbe una significativa rinuncia all’organizzazione diretta di eventi che non sarebbe propriamente la missione dei Comuni, piccoli o grandi fa poca differenza. Si tratta di attività per le quali si dovrebbe fare ricorso a professionalità esterne con indubbie economie di scala e migliore controllo sui risultati (ma finché paga Pantalone).

I media televisivi locali dovrebbero essere promotori di iniziative, di eventi culturali e spettacoli da inserire nei palinsesti in osservanza all’obbligo di autoproduzione anziché appoggiarsi all’Ente Pubblico che finanzia senza alcun ritorno.

Certo è che a qualche Sindaco ed a qualche Assessore dispiacerà non farsi immortalare con la star del momento, ma non è più immaginabile il ripetersi di pagliacciate, piccole o grandi, come ad esempio la Festa del Cinema di Roma inventata a breve distanza dalla già agonizzante mostra veneziana (roba che se fosse proposta in Francia, si chiamerebbe il 118). 

Molti operatori della cultura (gruppi musicali, piccole compagnie semi-amatoriali, artisti vari) pagherebbero duramente la chiusura di questi micro finanziamenti nebulizzati sul territorio, ma è anche vero che la proliferazione di attività assistite ha inciso sulla qualità media delle produzioni, abbassandola. Una sana competizione nella ricerca autonoma di sponsor e di spettatori paganti (eresia?) innalzerebbe anche lo standard medio ed i gusti del pubblico.

Tornando al tema. E’ indubbio che le biblioteche siano o possano diventare il principale servizio culturale di una municipalità e, cessata la scuola, l’unico luogo/struttura di raccordo tra il cittadino e la cultura, le istituzioni, la storia propria e della comunità.

E’ altrettanto indubbio che il successo di molte biblioteche è strettamente legato allo spazio fisico ed alle dimensioni nelle quale insistono. Maggiore è "l’aria" che anche fisicamente vi circola e più alto è il numero dei frequentatori e più intense sono le sue attività.

In questi luoghi dovranno "convergere" tutte le attività culturali dell’Ente, senza dispersioni di risorse umane, di spazi e di risorse finanziarie. 

Qui il concetto di "flessibilità" del lavoro deve trovare la massima accezione con l’abbandono di funzioni "incollate" per tutta la carriera (carriera?) con l’adattamento alle varie situazioni che si presentano con turni e mobilità che non devono scandalizzare, ma stimolare la crescita professionale.

Una costante e analisi dei costi fissi per la gestione (energia, pulizie, vigilanza, canoni vari, personale) per verificare gli indicatori dei costi complessivi in relazione al numero di utenti serviti, ore di apertura ect, deve fornire utili elementi per ricalibrare servizi e spese per il patrimonio. Sono dati che valutati in ottica di business plan produrrebbero molte sorprese.

Ciò non significa che il riconoscimento plateale di economie debba comportare l’immediata chiusura ma sicuramente un ripensamento epocale dei servizi culturali di base, spostando l’attenzione dalle attività non istituzionali per concentrarsi maggiormente sui bisogni degli utenti-cittadini: istruzione, dopo-scuola e formazione degli adulti dove siamo in fortissimo ritardo.

La netta separazione tra il mondo - chiuso - della scuola ed i circuiti culturali pubblici dovrà essere necessariamente colmata visto che tutti si dolgono di carenze di personale e di risorse per laboratori, spazi ect.
Basta fare il solo esempio delle biblioteche scolastiche, molte delle quali gestite anche in modo egregio, ma mediamente e non al passo con i tempi.

Per prima cosa le Biblioteche (non tutte) potrebbero rinunciare anche al nome come già è sporadicamente avvenuto. La biblioteca potrà essere un’area, come la mediateca, come l’emeroteca ect di un contenitore/complesso più ampio che si potrà chiamare in diversi modi, ovvero Centro, Istituto, Palazzo, Corte o Fondazione di Cultura

I Comuni medio piccoli dovranno riorganizzare uffici e personale disperso in attività culturali, pubblica istruzione, centri giovani, organizzazione di eventi, formazione e chi più ne ha più ne metta in un unico "Comparto di Cultura" per poter garantire continuità nell’erogazione dei servizi al pubblico in orari più ampi possibili.

Negli enti locali c’è poca preparazione e abitudine all’uso di gestionali per le relazioni con il pubblico (stile CRM) ma l’adozione di queste tecnologie permetterebbe l’interscambiabilità (altra eresia) delle funzioni tra dipendenti dell’Ente nei rapporti col cittadino-utente, per evitare la dipendenza della pratica dal funzionario.

Strutturalmente, e non solo dal punto di vista edilizio, la nuova biblioteca non è fatta solo di banconi, scaffali, tavole da lettura e deposito. Vi devono gravitare attività formative e di comunicazione con teatro/auditorium ben attrezzato con un palco, luci, con luogo di sosta e ristoro anche indipendente; un’area server/laboratorio digitale dove distillare i materiali cartacei e audiovisivi per veicolarli nel Web.

All’expertise del catalogatore - figura mitica - deve essere affiancata quella di un particolare tipo di Web Master, raccoglitore e instradatore di contenuti. Un Personale in grado di gestire con competenza conferenze e dibattiti, di configurare una rete o una connessione wireless, di impostare un flusso streaming, di gestire processi comunicativi su media elettronici, digital signage ect.

Ci devono essere una o più aule informatiche dove praticare alfabetizzazione informatica e formazione di alto livello; al mattino le aule didattiche devono essere impegnate dalle scuole dell’obbligo che ne soffrono la cronica mancanza, creando così l’abitudine al luogo.

Sale studio, laboratori d’esperienza, salette di proiezione per piccoli gruppi, sono discorsi già sentiti che potrei riassumere con questa definizione: "Spazio civico, crocevia culturale, luogo di sosta, svago ragionato ed esercizio della curiosità".

Quali altri luoghi se non le attuali biblioteche rivisitate potrebbero ospitare questi servizi? Non credo con nuove strutture finanziate col Lotto o Fondi Cee o Accordi di Programma, Project Financing, la cui gestione resterà in carico alle amministrazioni.

Per comprendere quanto internet abbia cambiato il mercato della cultura e dell’audiovisivo, basta guardare ai musicisti rock. Negli anni 70 i concerti erano un veicolo di promozione discografica, il prezzo dei biglietti era abbordabile e spesso non coprivano le spese, ma erano compensati dalla vendita dei dischi.

Oggi, che non si guadagna con la vendita di CD e DVD, il business è diventato il concerto che con 40/80.000 spettatori può incassare milioni di euro. Per assistervi gli appassionati si spostano, pagano e si divertono, ma ascoltano gratis la musica sull’i-pod.

Se gli e-book costeranno frazioni del costo dei libri e Internet ne moltiplicherà la diffusione, la figura dell’utente/lettore bibliotecofilo non perderà la sua curiosità e continuerà a tornare a fare domande, finché troverà qualcuno che gli saprà dare risposte.

 

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