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La “cena delle beffe” e l’imparzialità perduta di certi Magistrati

C’è per caso qualcosa di strano ad andare a cena in casa di amici? Certamente no.

C’è per caso qualcosa di strano ad andare a cena in casa di amici? Certamente no. La convivialità è l’espressione antichissima di una umanità che vive in una condizione di vari momenti di aggregazione. Fa parte del codice genetico da millenni. Da che si è scoperto che stare in compagnia per molti versi è meglio che andarsene in giro da soli. Le condizioni di amicizia, da sempre, si fondano su basi specifiche: ci si conosce, si condividono opinioni, si apprezzano le peculiarità caratteriali dell’altro, ci riconosciamo in una serie di espressioni che ci sembrano compatibili col nostro essere e la nostra personalità. Nulla di male quindi, ad avere momenti di condivisione anche per quanto riguarda determinati appuntamenti quotidiani che scandiscono il tempo, come il pranzo e la cena.
 
Cambia qualcosa se, nell’ambito di un appuntamento conviviale coesistono allo stesso tavolo persone che dichiaratamente dovrebbero tenersi lontani perché compresi in un qualche avvenimento che dovrebbe dichiaratamente ravvisare da un lato un evento o situazione e dall’altro chi questo evento o situazione è chiamato a giudicare? Probabilmente sì.
 
Provate a riflettere: se noi privati cittadini invitiamo a cena il vigile che sta per elevarci una multa, e questo vigile accetta con conseguente “chiusura di un occhio” sul verbale che stava per redigere, e se questo piccolo inganno viene scoperto dalle autorità, nella migliore delle ipotesi sia noi che il vigile ci becchiamo una denuncia per corruzione. 
 
Questo fondamentalmente, è l’imbarazzo creato intorno alla cena avvenuta nel Maggio scorso a casa del Giudice della Corte Costituzionale Luigi Mazzella: lui è uno dei due Magistrati che dovranno sentenziare in merito alla costituzionalità del famoso e chiacchierato Lodo Alfano, che ha reso – per la seconda volta dopo il Lodo Maccanico – la totale immunità alle quattro più alte cariche dello Stato rendendole non processabili per qualsiasi fatto che li veda protagonisti di eventuali processi, fintanto che ricoprano il loro mandato.
 
Ora, pur volendo considerare la reale e possibile amicizia fra chi ha proposto ed approvato il Lodo e chi ne debba accertare la stessa costituzionalità, l’evidenza dei fatti – una volta di più – conferma la regola per cui se sei cittadino, qualsiasi cosa tu faccia sei passibile di denuncia. Se rappresenti in qualche modo la Nazione, oltre a poter usufruire di una lunga serie di agevolazioni – a cominciare dall’immunità – puoi addirittura camminare a braccetto con chi dovrà giudicare le tue decisioni ed i tuoi comportamenti.
 
Fatto che stride alquanto in una dichiarata società democratica. Ancor più si evidenzia come si abusi e straparli di un concetto che si sta perdendo completamente nell’accezione pura del termine. E’ democratico un Paese che accetta che chi amministra sia sempre protetto e che la cittadinanza invece debba essere continuamente vessata ad ogni passo per motivazioni peraltro così deboli rispetto ai grandi scandali che spesso si affiancano a nomi considerati di prestigio? L’Italiano medio, rischia di andare in galera per una mela rubata al mercato. Chi dirige il Paese non ci va nemmeno se palesemente trascende i parametri di costituzionalità e sempre più spesso deroga dalle stesse norme che impone ai singoli.
 
Non è quindi la cena in sé, pietra dello scandalo. Nei palazzi del Potere, da sempre i personaggi hanno rapporti interpersonali che spesso contraddicono le querelle politiche che li vedono protagonisti quando è il momento di scendere in piazza per arringare le folle ed ottenere consensi. Lo scandalo si viene a creare, quando in più occasioni chi dovrebbe garantire giustizia e messa in opera della nostra Costituzione, si affianca al giudicato di turno.
 
Ed è oltremodo scandaloso, che il Giudice in questione, non solo non tenti una spiegazione plausibile degli incontri conviviali sospetti, ma anzi dichiari apertamente come l’amicizia col Premier sia “di vecchia data”.
 
Degna di nota fra l’altro, la composizione degli astanti la cena “incriminata”: se fosse stata una cena “fra vecchi amici” perché portarsi dietro il secondo Magistrato che dovrà decidere la costituzionalità del Lodo Alfano - il Magistrato Paolo Maria Napolitano – l’avvocato personale del Premier Ghedini, il guardasigilli Alfano, il sottosegretario Gianni Letta ed i presidenti delle Commissioni Affari Costituzionali della Camera Donato Bruno e del Senato, Carlo Vizzini?
 
Una allegra comitiva che certamente ha molto da dire durante una cena privata. La scelta degli ospiti appare quantomeno mirata. E sorprendenti se non bizzarre, appaiono le dichiarazioni dello stesso Giudice Mazzella che innocentemente dice di “non dover dar conto delle cene che organizza” ed ancora che “in questo paese è a rischio la libertà privata".
 
Insomma, stiamo arrivando a limiti eccessivi di commistione di interessi. Ed il dichiarare apertamente certi accadimenti, se pur ciò appare come “trasparenza dei fatti” dall’altra è come ricevere un pugno sullo stomaco che attacca democrazia e senso della lealtà e della giustizia. Per non parlare dell’imparzialità totale che un Giudice dovrebbe avere non solo all’interno del codice deontologico della professione, ma anche e soprattutto nel codice genetico della propria persona.
 
Insomma: l’”outing” a tutti i costi, persino di fatti che non dovrebbero e non potrebbero assolutamente accadere in una Società democratica, rende la democrazia ancor più un vessillo lacero cui nessuno più riesce a trovare fondamento e riferimento. L’atto finale di un processo di mediazione fra Libertà e Regime di Stato, ove tutto l’impossibile è possibile solo ai vertici del Paese.

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