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La bellezza della gioventù, a prescindere da certe immagini

Non solo per la circostanza di avere tre figli, ma anche e soprattutto per via di un radicato “credo” nel naturale e fisiologico succedersi dei cicli generazionali alla stregua del più grande ed entusiasmante prodigio che esista, mi sento molto presente e comprensivo verso le giovani leve. Osservarne il germoglio, sino all’accostamento e all’accesso a tutto titolo in seno al mondo degli adulti, costituisce per i miei occhi uno spunto d’interesse proprio speciale e suscita dentro di me molteplici, edificanti riflessioni.

Sul piano relazionale concreto, mi sembra, infine, di riuscire ad intessere un bel dialogo con i ragazzi d’oggi, sia porgendo che ascoltando.
 
Eppure, vi sono talune immagini, con loro protagonisti, che non mi piacciono e, anzi, preferirei non vedere.
 
Mi riferisco ai folti nugoli che, specialmente il mattino del sabato e della domenica, sciamano dalle discoteche per passare a vivere il rito del “dopo”, rispetto la notte trascorsa, fra assordanti frastuoni più o meno gradevoli.

 
Essi si presentano brandendo diffusamente - trattasi di costante che riguarda egualmente entrambi i sessi - bottiglie o lattine contenenti bevande di ogni genere: quasi che, attraverso quei contenitori di mere vaghezze, i giovani protagonisti volessero, in un certo senso, restare abbarbicati, anche durante l’ordinario divenire, alla aleatorietà della parentesi di sballo musicale appena vissuta ed esauritasi, che, in realtà, nulla di concreto può lasciar dietro.
 
E’ questa, una sequenza che, francamente, mi turba e mi dà un profondo senso d’amarezza: gradirei, semplicemente, la visione di un prorompente, magari anche disordinato, esodo, senza però bottiglie o lattine al seguito.
 
Purtroppo, la realtà descritta ricorre con sistematicità, a livello che travalica una banale moda: arriva addirittura ad essere esasperata oltre il senso della disciplina e della corretta condotta. Al riguardo, mi ritornano alla mente le immagini, diffuse da tutti i mass media, girate a Venezia in Piazza S. Marco nelle prime ore di un Capodanno: danneggiamenti e distruzioni barbarici e selvaggi, sul tappeto dei penosi scheletri dei fuochi e petardi della mezzanotte, e, giusto lì e a quell’ora, fra le mani di taluni giovani, ancora bottiglie semipiene, non di analcolici ma di whisky e cognac ad altissima gradazione.
 
Così, a parer mio, non va affatto bene. Anzi, non sarebbe il caso che si facesse qualche riflessione sull’opportunità o meno di perpetuare la dilagante stagione, in ogni angolo del paese, di manifestazioni o eventi o spettacoli di piazza organizzati dalle amministrazioni pubbliche, vale a dire a carico anche della parte della popolazione – che poi è la prevalente – per cui tali iniziative non rivestono la minima ombra d’interesse?

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