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La Torre e Falcone, simboli scomodi dell’antimafia

A 20 anni dalla strage di Capaci ed a 30 anni dalla morte di Pio La Torre cosa rappresenta ed ha rappresentato l'antimafia in un Paese pieno di ombre.

Sono le 17:58 del 23 maggio 1992 presso il chilometro 5 dell’autostrada A29 quando una carica di cinque quintali di tritolo, posizionata nei pressi dello svincolo di Capaci-Isola delle Femmine, viene azionata dal telecomando di Giovanni Brusca, il sicario incaricato dal boss di cosa nostra Totò Riina.

Vittima di quel vile attentato è il magistrato Giovanni Falcone insieme alla moglie e ad alcuni uomini della scorta. La mattina di dieci anni prima, il 30 aprile 1982, Il dirigente comunista Pio La Torre fu raggiunto da una raffica di proiettili mentre viaggiava a bordo di una Fiat 131 per raggiungere la sede del suo partito: morì all’istante.

I due omicidi sono sicuramente figli di due epoche differenti, ma entrambi hanno in comune il fatto di essere avvenuti nel tragico scenario della Sicilia insanguinata dalla mafia ed i presupposti per la strage di Capaci sono stati posti proprio in quegli anni bui tra il ’79 e l’ ’82. Paolo Mondani ed Armando Sorrentino hanno indagato, a trent’anni di distanza, su quel periodo oscuro della storia del nostro Paese con il loro libro intitolato “Chi ha ucciso Pio La Torre – Omicidio di mafia o politico? La verità sulla morte del più importante dirigente comunista assassinato in Italia”, presentato nella suggestiva cornice del Teatro Valle Occupato. “La morte di La Torre ancora oggi offre rilevanti spunti di riflessione alla luce dei fatti che si sono verificati in Italia nei decenni successivi. Secondo la nostra ricostruzione quello del dirigente comunista è un omicidio di natura politica, dalle carte dei servizi segreti risulta che La Torre veniva pedinato fino ad una settimana prima della morte dai servizi segreti ed il movente, in questa chiave di lettura, è da ricercare nelle intuizioni dell’onorevole: parlando in Parlamento associa l’omicidio di Piersanti Mattarella con il caso Sindona e con la riscoperta di una vocazione americana della mafia siciliana; comprende il peso della P2; intuisce la posta in gioco con l’istallazione della base missilistica americana a Comiso; intravede incredibilmente, con nove anni di anticipo, il peso di una struttura segreta paramilitare come Gladio” dice Paolo Mondani.

Ma la morte di Pio La Torre non fu un caso isolato, come ricorda Armando Sorrentino: “Nel quadriennio tra il ’79 e l’82 venne uccisa un’intera futura classe dirigente, una strage che non ha pari neanche in Colombia: la mattanza colpì i mezzi d’informazione con le morti dei giornalisti Mario Francese e Mino Pecorelli, la politica con l’assassinio di Piersanti Mattarella e Pio La Torre, uomini delle istituzioni come il generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, lasciato solo proprio da quelle istituzioni che era stato chiamato a proteggere. L’obiettivo di questa strage era cambiare tutto per non cambiare niente ed in questo la politica aveva trovato un valido alleato nella mafia”.

Che nulla fosse cambiato fu chiaro quella mattina del 1992 quando l’auto del magistrato Falcone saltò in aria nei pressi dello svincolo di Capaci-Isola delle Femmine. Falcone e La Torre hanno dedicato tutti gli aspetti della loro vita alla lotta alla mafia, non solo quella professionale, manifestando una forza ed un’integrità morale che oggi non riusciamo a ritrovare tra gli uomini delle istituzioni, i quali pensano di combattere la mafia tagliando i nastri alle cerimonie o con i soliti discorsi di rito e che spesso stringono le mani insanguinate di chi ha quelle vittime sulla coscienza.  

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