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La Tenerezza, di Gianni Amelio

La Tenerezza in extremis… Renato Carpentieri impersona un anziano avvocato onesto a modo suo, da incidenti falsi, una chiavica d’avvocato, che ha vissuto una vita pure a modo suo, staccato dalla moglie ora defunta e dai due figli, dotato di un’amante dalle forme generose come Maria Nazionale. 

In extremis riscopre la tenerezza verso almeno una dei figli, l’altro è anaffettivo e spilla soldi alla sorella, del resto è Renato a dire in un’occasione che a Napoli basta bussare e vi sarà aperto. La figlia è Giovanna Mezzogiorno, una molto umana traduttrice dall’arabo nei processi ad immigrati, bada al loro tono di voce, al fiato, agli occhi e quello che hanno nella testa. Renato aveva smesso d’amarli, i figli, quando crebbero, dice per paura di non sapergli dare più niente, voleva liberarli di sé, ce l’aveva quasi fatta a renderli orfani. Li amava da bambini, il vecchio scontroso lega infatti coi bambini dei vicini, immigrati a Napoli ma da Trieste, essendo lui (Elio Germano) ingegnere navale. E’ molto legato pure al nipotino Francesco, che la figlia concepì in Egitto dove visse un tempo.
 


Un film con cui Gianni Amelio ti prende gentilmente e poi ti scuote fino alle lacrime, rivela storie familiari assurde ma tipiche, di incomprensioni, di fraintendimenti, di non detti, fino a una grande tragedia che si compie quasi sotto gli occhi di Renato. Due famiglie, quella di Renato e quella di Elio, con conflitti irrisolti. Attori dei nostri migliori, che rendono autentici i loro ruoli. L’anziano avvocato si stava innamorando della moglie dell’ingegnere, Micaela Ramazzotti, come di una figlia, mancandogli quella vera. Fin qui è la storia del film, o del libro da cui è tratto, ma si può discutere di quanto valgano questi ricongiungimenti in extremis: il vecchio avvocato stava per lasciarci le penne per un infarto all’inizio del film, non avesse deciso improvvisamente di scappar via da una degenza in ospedale e tornare a casa, dove vive solo, non avrebbe incontrato questi nuovi vicini di casa. Per via di questa conoscenza sente improvvisa la mancanza della figlia.
 
Renato parla alla vicina Micaela mentre essa è incosciente in ospedale e, sia questo monologo che quello di sua figlia Giovanna a lui rivolto durante il ricovero per infarto, sanno molto di confessioni, di cose che tra parenti ci diremmo o di cose che diciamo a noi stessi (inevitabile pensare al monologo di Come pietra paziente) ma, quando l’autunno dei sentimenti interviene, è troppo tardi, in extremis, quasi non serve più perché la tenerezza non è stata vissuta nel tempo perduto, quando si poteva … anche se qualcuno ci fa film e libri d’istruzioni su come recuperarla. 
Nel film ci sono due episodi che meriterebbero una “trattazione” a parte e che entrano dalla ‘finestra’ della trama. In uno Elio aggredisce un immigrato nella Galleria di Napoli per l’insistenza nel cercare di vendergli oggetti, un volgarmente detto “vu’ cumprà”, pentendosene poi … è umanità sopraggiunta, derivante forse dai suoi conflitti interiori e dai suoi vissuti di bambino a cui mancava la sicurezza di amicizie, per avere le quali era disposto a pagare, e che cercava scuse per farsi voler bene. In un altro compare la madre di Elio che racconta a Renato di qualcosa accaduto nell’infanzia di suo figlio, confessa Non ce l’ho fatta ad aiutarlo e finisce con un improvvido Difficile e caro oggi avere un posto al cimitero.

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