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La Mezzaluna sciita e la sfida dell’Isis

Con la guerra del Golfo del 2003 in Medio Oriente i conflitti si sono esacerbati riproponendo l’antica frattura tra le comunità sciite e sunnite. In particolare con la caduta di Saddam Hussein il quadro geopolitico è variato creando un asse tra Beirut e Teheran. 

L’antinomia tra Riyad e Teheran si è manifestata nei vari teatri di guerra: in Iraq, Siria e Yemen per il mantenimento della leadership nel modo musulmano da parte Saudita o il conseguimento di un riconoscimento di potenza regionale per l’Iran.

Le divisioni comunitarie e la nascita dei due rami principali dell’Islam.

Le due visioni fideistiche dell’Islam sono il Sunnismo e lo Sciismo, ognuno con varie stratificazioni al proprio interno, la prima rappresenta l’85 % del mondo musulmano mentre la seconda rappresenta il 15%. Le origini dei due rami risalgono alla morte del Profeta Muhammad, per la scelta del suo successore. Si confrontavano due correnti di pensiero: la prima verteva sulla scelta all’interno dell’intera comunità dei credenti, Umma; la seconda, invece, riteneva che la successione doveva avvenire in seno alla famiglia del Profeta. Quest’ultimi ritengono che Alì, genero e cugino del Profeta, sia il legittimo e naturale successore. 

Il risveglio sciita.

Il Medio Oriente continua ad essere considerato come uno dei luoghi più “caldi” dell’intera comunità internazionale. Nel corso del ‘900 l’onda d’urto delle lotte di potere, le guerre arabo-israelo-palestinesi, le guerre civili in Libano e la Rivoluzione Islamica iraniana, hanno avuto un grande impatto sulle comunità sciite. Sin dagli anni ’70 le comunità sciite subivano l’influsso dello Scià iraniano Reza Pahlavi che era un alleato degli Stati Uniti, i quali consideravano l’Iran il “gendarme del Golfo” per gli interessi energetici e il contenimento sovietico, e di Israele, che aveva sancito “l’alleanza di periferia” con il Regno del pavone. Gli anni ’70 vedevano la figura imponente in Libano dell’Imam Musa al-Sadr, il quale fondava, nel ’74, il “Movimento dei diseredati”. Lo scopo era quello di mobilitare e organizzare gli sciiti. L’approccio di Al Sadr, sarà considerato di tipo nazionale, ma in seguito un altro esponente del clero Mohammad Hussein Fadlallah avrà un approccio in relazione agli eventi regionali: operazione “Pace in Galilea” scatenata da Israele, Rivoluzione Khomeinista in Iran e guerra Iraq-Iran. Intanto Il 1 febbraio del ’79 l’Ayatollah Khomeini rientrava a Teheran, a seguito della Rivoluzione, salutato come “un novello Abramo”. Khomeini raggiunse una notorietà al di là dei confini iraniani. La marginalità di cui gli sciiti erano stati soggetti ora si trasformava in riscatto. L’antiamericanismo e la lotta contro Israele avrebbero assunto un ruolo centrale, egli li classificava come il “grande satana” e il “piccolo satana”. I Paesi del Golfo videro con preoccupazione la capacità attrattiva della Rivoluzione e l’espansionismo ideologico khomeinista. L’Iraq di Saddam, finanziato dai Paesi arabi, eccetto la Siria, e con l’appoggio statunitense si proclamava baluardo contro la Rivoluzione Islamica attaccando nel 1980 l’Iran. 

La guerra americana vs l’Iraq e la nascita dell’Isis

Dal ’90 ad oggi le tensioni nel Golfo sono state molto forti con due guerre: il conflitto per la liberazione del Kuwait, a seguito dell’invasione irachena del ’90, e la Seconda guerra del Golfo per un cambio di regime nel 2003 che ha fatto riemergere le antiche diatribe basate su equilibrio comunitario, questione dell’autonomia curda, contesto regionale per l’assunzione della leadership tra Arabia Saudita e Iran. In fase inziale l’Amministrazione Bush decideva di sciogliere il Parto Ba’ath, che rappresentava l’ossatura istituzionale irachena e lo scioglimento dell’esercito iracheno generando la saldatura tra gruppi terroristici, gruppi di insorgenza ed ex appartenenti alle vecchie istituzioni. In un territorio così diviso e in un continuo litigio intercomunitario Al Qaeda si insidiava come “Al Qaeda in Mesopotamia”, il suo programma era di guerra totale ponendo come base prioritaria la lotta agli sciiti paragonati come “scorpioni”. I vari gruppi terroristici, per la prima volta, avevano un territorio proprio su uno “Stato fallito” che gli avrebbe permesso l’assunzione del potere. Tutto ciò porterà alla nascita dell’Isis, ovvero Stato islamico dell’Iraq e della Siria, per poi tramutarsi in Stato Islamico dichiarato nel giugno del 2014 come Califfato. Sebbene tra Al Qaeda e l’Isis vi siano diversi punti di convergenza, come la lotta jihadista contro l’Occidente, l’utilizzo del terrorismo in una guerra globale asimmetrica e il ripristino del Califfato, vi sono anche punti di differenza come la capacità dell’Isis di creare un’entità statuale di fatto in alcune porzioni di territorio tra Iraq e Siria, nonché una capacità attrattiva globale come in Libia o in Nigeria, l’utilizzo di una propaganda molto efficace e tecnologica, risorse economiche ingenti dovute alla vendita in nero di petrolio e finanziamenti da diversi Paesi del Golfo in funzione anti-sciita. Altro terreno di scontro è in Siria tra i schieramenti contrapposti, da un lato coloro che appoggiano il regime (Iran, Russia e Hezbollah libanesi); dall’altro, coloro che agiscono per la caduta di Assad (le petromonarchie del Golfo, Arabia Saudita, Turchia, America e, seppur con vari distinguo, l’Unione Europea). Mentre Israele monitora la situazione e, seppur non ufficialmente dichiarato, ha una “convergenza di interessi” con vari Stati arabi sunniti. A livello regionale la caduta di Assad è percepita come il ridimensionamento della Mezzaluna sciita.

 Il Medio Oriente oggi è sconvolto da conflitto eterogeneo, a cerchi concentrici: guerre civili interne, guerre regionali e internazionali per procura. In gioco vi è l’assunzione della leadership nel mondo musulmano, il riconoscimento di un ruolo regionale per alcuni attori e notevoli interessi economici. Nonostante gli apparenti “coordinamenti“, tra le varie potenze in nome della lotta all’Isis, in realtà sono più forti le divisioni e i vari interessi nazionali; mentre la politica regionale e internazionale balbetta le popolazione civili rimangono intrappolate tra sofferenze e violenze di ogni genere.

Salvatore Falzone

 

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