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La Grecia e il referendum: perché Papandreu non andrà fino in fondo

Una chiave di lettura realistica del referendum annunciato da Papandreu e lo sbocco della crisi italiana, da parte di un economista disinteressato e fuori dal coro.

La Grecia annuncia un referedum sull'aiuto dell'Europa e del FMI, referendum che, viste le dimostrazioni, non può che avere esito negativo, non può che decretare il rifiuto di quell'aiuto e il fallimento della Grecia. O meglio l'insolvenza, perché gli Stati non falliscono.

L'Europa trema per paura che l'Italia segua e che dopo di lei segua l'Europa stessa e il mondo intero. Vero è che l'Italia è troppo grande per lasciarla fallire. Ma è anche vero che l'Italia è troppo grande per poterla salvare.

Personalmente non credo che sia così tragica la cosa. Non lo credo perché per prima cosa, penso che quello di Papandreu sia un bluff. Papandreu, credo e debbo credere, non è stupido, Papandreu sa benissimo che se la Grecia salta, gli va dietro in effetto domino tutto il mondo. O quasi.

Papandreu, penso, sa di trovarsi nella situazione sognata da sempre da tutti i debitori del mondo dalla notte dei tempi. Papandreu vuole dire ai "soccorritori", che chiedono ogni giorno di più per salvare la Grecia che, mi si passi l'espressione, si devono dare una calmata, che non devono e non possono esagerare. Che quando si tira troppo la corda, questa si rompe. Che in Grecia la corda, e forse non solo lei, si è rotta. Che se non allentano la tensione, lui dichiara fallimento e poi si vedrà che ci rimette di più.

Papandreu sa quello che ha fatto l'Islanda e come le è andata: non ha dato un soldo a nessuno e gli anglo-olandesi hanno perso i loro soldi e chi si è visto si è visto.

Il governo olandese ha dovuto soccorrere le sue banche, quelle più esposte, e tanti saluti. In altre parole gli olandesi e gli inglesi hanno pagato i debiti dell'Islanda. Punto. Stesso discorso, in teoria, si può fare per noi.

Solo che mentre il debito greco è di circa 220/250 mdi di euro (di cui gran parte in mani franco/ tedesco/italiane), il nostro è di 1911 mdi di euro di cui 250 in mano a risparmiatori privati italiani, circa 900 in mano a stranieri, soprattutto franco-tedeschi, sembra 500 in mano alle banche italiane e non so quanto alla BCE. Ovviamente il nostro tentativo di transazione (c'è chi parlerebbe di ricatto) sarebbe ancora più efficace, solo che è un'alternativa difficile da evitare.

Voglio dire che una banca con 10 o 20 miliardi di insolvenza può essere aiutata, può essere sovvenzionata, ma una banca, un sistema bancario con insolvenze pari a 200 o 300 miliardi chi lo sorregge? Per chiarire: 200 miliardi sono più o meno il 10% del PIL tedesco.

Impensabile. Allora, come si fa sempre in ogni risanamento, guardiamo le varie situazioni e le varie convenienze. E i fatti. Perché alla fine sono sempre loro che contano. Come si suol dire: le chiacchiere stanno a zero. I fatti sono che i politici italiani pensano solo alla loro rielezione e dimenticano il bene pubblico.

I fatti sono che l'Italia è in grado di far fronte alla situazione se qualcuno si decide a chiedere lo sforzo necessario. I fatti sono che una patrimonhiale potrtebbe ridurre di 400 miliardi il debito italiano e rendere l'Italia un paese sicurissimo.

I fatti sono che, se si salva l'Italia dal suo debito subito dopo potrebbe saltare, insieme agli altri paesi europei (e non solo), per quello spagnolo o di qualcun altro (forse gli Usa).

Allora, tenendo presenti tutti i fatti, concludo che la soluzione è in una patrimoniale una tantum. La patrimoniale una tantum, se di dimensioni adeguate, è anche un'operazione strutturale. Ovvero, se il gettito di questa patrimoniale sarà in grado di ridurre il debito pubblico di 400 miliardi, questo comporterà una riduzione della spesa corrente per interessi di 20 miliardi, minor spesa che, essendo stato raggiunto (così ci dicono) il pareggio di bilancio andrà a ridurre la pressione fiscale o a ridurre il debito e quindi ancora gli interessi.

E anche il famoso spread perché un debito italiano pari al 95% del pil non preoccupa nessuno. Poi ci sarebbe da calcolare la fregatura da dare alla speculazione, ma non voglio parlare di questioni del genere. Ma, si dice (giustamente), la patrimoniale è ingiusta perché colpisce il risparmio. Vero.

E' immorale perché paga i debiti e gli errori di altri con i soldi nostri, paga i debiti causati dallo spreco dei pubblici amministratori e castiga i notri risparmi. Vero anche questo. A parte il fatto che anche la vendita dei beni statali è vendita di beni pubblici. Ovvero nostri. Solo che la patrimoniale è il danno minore.

Minore dell'inflazione programmata (4 o 5% per cinque anni) per ridurre il debito del 20 o 25% (ma anche i risparmi monetari e i redditi fissi), minore del default, minore di ulteriori aumenti della pressione fiscale per mandare all'estero i nostri soldi per gli interessi, ancor più minore dei folli piani di risanamento del FMI.

Ora il problema è: chi dovrebbe pagare la patrimoniale? Domanda da fare in due direzioni: 

a) quali cittadini dovrebbero essere colpiti e 

b) i cittadini di quali stati?

Alla prima domanda rispondo che dovrebbero essere, ovviamente, quelli con maggior patrimonio. A mio avviso dovrebbero essere esenti tutti quelli con patrimonio al di sotto dei 300.000 € e pagare invece quelli con patrimoni superiori partendo con un'aliquota del 2% per salire in cifra e percentuale sino ai 25.000 cittadini con patrimonio superiore ai 75. Se dovessimo pagare solo noi.

Ma il vantaggio del nostro salvataggio è anche dei possessori esteri e quindi anche loro dovrebbero intervenire. Ipotizzando che il sistema bancario tedesco abbia 300 miliardi di titoli italiani (e non è) ovvero il 25% del nostro debito, dovrebbero colpire quindi i patrimoni di tutti i possessori dei nostri titoli. Non è un aiuto a noi: è la conseguenza di un investimento errato.

D'altronde dividere 400 miliardi italiani (residuo 1.500 cioè il 96% del pil), 250 spagnoli, 120 greci (residuo 100 miliardi pari a meno del 60% del pil) e altri cento di vari tra i 300 milioni di abitanti coinvolti a vario titolo comporta una imposta una tantum di meno di 3.000 € a testa, ovvero di circa 11.000 € a famiglia che, colpendo solo la metà più ricca, diventa una cifra media di 22.000 € a famiglia contribuente.

Non volendo usare la leva fiscale si può procedere con un prestito europeo, quindi garantito da tutti, prestito che l'Europa potrebbe pagare sostituendo una propria imposta a parte delle imposte nazionali. Con un bel passo in avanti verso gli inevitabili SUE (Stati Uniti d'Europa). Come d'altronde ho spiegato in un articolo pubblicato su http://www.agoravox.it/ qualche tempo fa.

Tutto questo, sempre tenendo presenti i fatti, dovrebbe essere accompagnato da un taglio del 50% dei compensi e delle spese e privilegi dei politici dal livello provinciale in su. Sino al Presidente della Repubblica incluso. Compresa la abolizione della autorizzazione a procedere. Questo darebbe poco risparmio, ma garantirebbe loro la possibilità di essere rieletti.

Come prova il fatto che molti dei politici travolti e coinvolti in Mani Pulite sono tornati in Parlamento.

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