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 Home page > Attualità > Economia > La Fiat e le auto italiane

La Fiat e le auto italiane

Una frase del presidente della fiat, John Elkann lascia perplessi: “bisogna vedere se l’Italia vuole fare automobili, vedere se c’è chi vuole fare auto come vuole fare la fiat”. Già, perché non basta fare auto, l’importante sono i metodi organizzativi di produzione. Quelli, tanto per intenderci, chiesti e ottenuti dall’ad Marchionne, ovvero, restrizione dei diritti dei lavoratori e loro completo adeguamento alle necessità dell’azienda.

La risposta al presidente fiat arriva dal Ministro del lavoro Maurizio Sacconi, “la Fiat ha avuto dall’Italia tutte le certezze per poter investire, la norma inserita nella manovra è segno evidente di un clima inequivocabile di favore per gli investimenti e l’occupazione. Ora le chiacchiere e il tempo degli interrogativi deve essere sostituito dalle decisioni”. Già, la possibilità di licenziare senza giusta causa, in base alle esigenze dell’azienda che unito alla sostituzione del contratto nazionale con quello aziendale fa tutt’uno con l’idea, per altro antichissima, che l’azienda deve agire al di fuori delle regole sociali.

E se il tutto lo uniamo al continuo restringimento dello stato sociale a favore di servizi privati, abbiamo allora un quadro abbastanza completo di quello che ci aspetta nel prossimo futuro.

L’Italia, e in modo particolare i lavoratori attraverso i sindacati, chiede da sempre che la Fiat rimanga in Italia. Chiede, però, anche che questa possibilità non sia legata a condizioni che vanno a eliminare tutto ciò che nei decenni gli operai hanno raggiunto in termini di diritti.

Ed è qui che si inserisce il dubbio del presidente Fiat. Si, perché la Fiat non è disposta a gestire con le parti sociali la gestione sia della produzione che quella del rapporto con le maestranze. Pertanto, quando chiede se, effettivamente, c’è chi vuole fare auto come vuole fare la Fiat, è ovvio che pensa alla gestione. Gestione che deve essere in mano, esclusivamente, a fiat senza più l’apporto - se c’è, deve essere completamente subordinato alle decisioni Fiat – delle parti sociali. Questo è ciò che vuole la Fiat.

In appoggio a questa politica si è sempre mosso il governo Berlusconi, sia lasciando ampi spazi di manovra non intervenendo nelle contrattazioni tra sindacati e Fiat, sia proponendo leggi tipo abolizione dell’articolo 118 (articolo che regola i licenziamenti) dello statuto dei lavoratori o la legge sul precariato. Questo avvalora, in negativo, ciò che afferma il Ministro. l’Italia ha sempre dato alla Fiat tutto ciò che era in suo potere dare, prima con finanziamenti per sostenere l’occupazione quando la Fiat aveva bisogno di ristrutturare, poi, come detto sopra, lasciando ampio margine di manovra.

Concludendo, dopo i contratti di Pomigliano e Termini Imerese, che hanno visto prevalere l’idea di una gestione aziendale mirata a subordinare le maestranze all’azienda, ora, con l’affermazione del presidente Fiat, sta prendendo corpo proprio quello che la Fiom aveva condannato proprio perché avrebbe portato in futuro la Fiat a richieste più onerose per gli operai col solo impegno di mantenere la produzione in Italia.

Fonte notizia: corriere.it

Commenti all'articolo

  • Di pv21 (---.---.---.45) 27 agosto 2011 12:44

    Gli illuminati >

    Per quasi 2 anni Sacconi ha “inseguito” la mitica Fabbrica Italia piegando le conquiste sindacali. Opinionisti “esperti” (tipo Giannino) hanno applaudito alla “ricetta marchionnese” come sicura motrice della competitività globale.

    Sono gli stessi che, stupiti, ora ascoltano Elkann chiedere se “l’Italia ha voglia di fare auto”. Gli stessi che, sbigottiti, ora dubitano dell’esistenza di quei 20 miliardi promessi per il raddoppio della produzione italiana.

    Solo ora, finite le “chiacchiere”, scoprono che anche Marchionne misura la sua “convenienza” a suon di agevolazioni, incentivi e contributi trovati.
    Gli affari non sono tema da teatrino di Pantomima e Rimpiattino

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