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La capanna dello zio Barack

Normalmente, specialmente nel mondo anglosassone, la gente tende a dimenticare come agisce la vera elite, la vera leadership del paese, non la leadership politica o quella ufficiale.
 
Questo non è nulla di nuovo, funzionava allo stesso già molto tempo prima di Niccolò Machiavelli. La leadership può utilizzare qualsiasi tipo di strumento, il suo obiettivo è molto semplicemente di mantenere se stessa al potere e di estendere questo potere.
Negli ultimi dieci anni circa negli Stati Uniti la gente ha vissuto una forma di fascismo “morbido” chiamato “neoconservatorismo”, associato con il regime di Bush/Cheney. Vi sono state la guerra in Iraq e la guerra in Afghanistan, ma prima di queste vi è stata la guerra nei Balcani, in Kosovo ecc. Alcune guerre erano del Partito Democratico, le altre sono neoconservatrici, del Partito Repubblicano.
 
Dal punto di vista della vera elite non vi è alcuna differenza, questi sono strumenti diversi per raggiungere lo stesso scopo. Se questa è la situazione, ora l’utilizzo dei neoconservatori non era molto produttivo; la vera leadership degli USA, l’elite finanziaria, si è ritrovata più debole strategicamente, economicamente, ideologicamente e culturalmente, senza nessuna credibilità.
 
Così da lungo tempo pensava ad un progetto per rispondere, e l’idea è stata che non poteva rispondere con un altro Bush, spaventando la gente, imponendo un manifesto stato fascista; doveva fare qualcosa di più per proteggersi, per utilizzare la forza degli USA per i suoi scopi.
 
E’ per questo che l’elite che manipola da dietro le quinte ha bisogno di “cambiamento”, di una alternanza di regime. E’ molto creativa e quindi la gente rimane confusa. Il particolare tipo di cambio di regime che ora si attua è di andare verso un cosiddetto regime democratico, unito, con l’idea di una missione istillata nell’opinione pubblica USA e ciò non può essere fatto da un governo del tipo di quello di G.W. Bush, ma da uno da seguire entusiasticamente e fanaticamente.
Non si cambia dunque la sostanza della politica ma le si mette una maschera, le si da una nuova facciata. In altre parole, si cambia tutto per non cambiare nulla.
Storicamente l’elite ha bisogno di cambiare periodicamente; a questo punto la gente, sia da destra che da sinistra, era così disgustata dell’amministrazione Bush da essere questa diventata indifendibile, più un pericolo che un vantaggio per l’elite dominante. Questa aveva dunque bisogno di qualcosa di totalmente differente, ben sapendo che pur di liberarsi degli attuali governanti gli americani avrebbero votato anche per un extraterrestre con le orecchie a punta.
 
Ed ecco apparire il fenomeno Barack Hussein Obama, che, con la sua retorica, la sua demagogia ed il suo aspetto, è in grado di persuadere la massa dei Democratici, dei pacifisti delusi, i giovani e le minoranze di essere il nuovo messia che dovrebbe guidare gli Stati Uniti fuori dalla crisi economica e riaffermarne il ruolo di “faro di democrazia e di libertà” per il mondo.
 
La sua parola d’ordine, “change”, ha abbagliato anche una buona percentuale di europei, che avevano perso qualsiasi speranza nel funzionamento della “democrazia” americana e che, come alleati, avevano bisogno di essere riassicurati sul ruolo “umanitario” o di “guerra al terrore” di guerre - passate, presenti e future - che sono indubitabilmente delle guerre di aggressione, condotte per le uniche vere ragioni dietro ad una guerra di aggressione: la conquista di risorse e di territori.
Ma Barack Obama, la nuova edizione aggiornata del “sogno americano”, è solamente un altro caso di burattino dell’elite che viene programmato per svolgere un “cambiamento” gattopardesco.
 
L’articolo di Larry Rother sul New York Times del 23 giugno 2008 (Obama Camp Closely Linked With Ethanol http://www.nytimes.com/2008/06/23/us/politics/23ethanol.html?_r=2&oref=slogin&oref=slogin) ci spiega come Obama, che correva per la presidenza come un riformatore che cercava di ridurre gli interessi di gruppi particolari aveva in realtà, come ogni altro politico, potenti sostenitori che foggiano i suoi punti di vista, ma ancor prima, un articolo di Ken Silverstein su Harper’s Magazine del novembre 2006 (Barack Obama Inc.: The birth of a Washington machine http://www.harpers.org/archive/2006/11/0081275) ci fornisce lo sfondo nel quale ha preso forma il “fenomeno” Barack Obama, un lobbysta per un piccolo gruppo di società dell’agrobusiness che producono l’E-85, cioè etanolo biocombustibile (una vera e propria truffa), guidato dalla multinazionale Archer Daniels Midland dell’Illinois.

 
E’ una descrizione veramente non schermata di come Obama sia stato scelto attentamente, istruito e confezionato come forza politica per le corporation USA. E’ precisamente il modo nel quale è stato e portato a termine e concepito il suo ruolo, che non è derivato da una sorta di circostanze casuali ma bensì di un processo di preparazione, che è poi il modo nel quale vengono selezionati ed in un certo senso accuratamente istruiti ed approntati i politici del grande capitale.
 
La scelta di Obama è stata certamente un colpo di genio da parte dell’elite dominante, nonostante ovviamente non fosse senza detrattori o senza pericoli, considerato il ruolo del razzismo nel formare le percezioni dell’opinione pubblica americana. Ma, con l’assistenza dei media ufficiali (ed aiutati dai Repubblicani quando hanno scelto Sarah Palin) l’affare è stato fatto. E’ stata fatta la “rottura” con il passato ed illuso le masse sul “cambiamento”.
 
Anche gli accostamenti, da far ribollire il sangue, fatti dai media tra Obama e Martin Luther King, o Nelson Mandela o gli atleti neri USA delle Olimpiadi del 1968 in Messico, fanno tutti parte del confezionamento pubblicitario mondiale del personaggio, mentre ovviamente gli stessi media tacciono sui suoi consiglieri e finanziatori, che vanno da pericolosi guerrafondai ad ultraliberisti e ad alcuni tra i principali protagonisti di Wall Street e responsabili dell’attuale collasso finanziario e della depressione economica in atto, come pure nulla dicono sulla sostanza delle sue prese posizione durante la campagna elettorale, sul suo curriculum di senatore nonché su certe dichiarazioni terrificanti del suo candidato alla vicepresidenza Joe Biden.
 
Tutte le indicazioni quindi sono che la presidenza Obama differirà da quella Bush soltanto nella presentazione e, fattore decisivo, l’elezione di Obama non influirà sulla profonda crisi economica che il mondo capitalista affronta.
 
Infatti, pochi giorni dopo la vittoria elettorale di Barack Obama, le mosse iniziali del presidente eletto per approntare la sua amministrazione già mostrano che le sue politiche non saranno determinate dalle aspettative popolari, ma dagli interessi di politica interna ed estera dell’elite finanziaria ed industriale americana ed una serie di dichiarazioni da parte di personaggi di primo piano del Partito Democratico hanno enfatizzato la loro intenzione di perseguire una politica “centrista”, termine con il quale intendono una convenzionale politica di destra.
 
Dunque, le prime mosse di Obama hanno sottolineato che vi è una fondamentale contraddizione tra le speranze e le aspirazioni della vasta maggioranza delle persone che hanno votato per lui dalla rabbia e dal disgusto per l’amministrazione Bush ed i Repubblicani ed il carattere di classe del Partito Democratico e degli interessi sociali ed economici che difende.
 
Inoltre, queste mosse sottolineano il carattere cinico e fondamentalmente antidemocratico dello stesso processo elettorale, nel quale vengono fatte delle promesse da candidati che sanno molto bene che, una volta in carica, le loro politiche saranno determinate non dagli impegni con l’elettorato ma dalle pretese dell’elite dominante e dalle esigenze dell’imperialismo americano.
 
Tutto ciò chiaramente è valido anche per la vecchia Europa ed in particolare per l’Italia, dove da ormai lungo tempo si cerca di ridurre la politica a mera spettacolarizzazione cercando di reprimere le manifestazioni di autentica partecipazione popolare che sono l’essenza della democrazia.
 
La questione naturalmente è se il trucco funzionerà. Per quanto tempo potrà essere mantenuta la finzione prima che gli elettori americani (ed i fan europei) si rendano conto di essere stati ingannati alla grande? Basteranno le menzogne dei mainstream media?
 
Per concludere, date le premesse, è molto probabile che quando il popolo degli Stati Uniti, e non solo lui, si risveglierà dal “sogno” si ritroverà in un vero e proprio incubo di miseria e di guerra, magari accompagnate da qualche episodio di strategia della tensione.

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