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Squilli di rivolta anticapitalista

Tutte le lotte che attualmente avvengono nel mondo hanno luogo in circostanze molto diverse. Ma la crisi globale che le collega sta sollevando le stesse questioni ovunque. Sta trasformando quella che era una rovina cronica ed una caduta negli standard di vita popolari in una crisi acuta ed insopportabile per milioni di persone. 

Le condizioni che hanno prodotto le recenti lotte, in Africa e Medio Oriente come pure negli Stati Uniti, sono universali - disoccupazione di massa, livelli sbalorditivi di disuguaglianza sociale ed un sistema politico che è completamente impermeabile alle richieste ed agli interessi della vasta maggioranza della popolazione.

Ciò che ora sta accadendo è completamente in palese contraddizione con tutto quello che gli economisti ufficiali affermano da 20-30 anni. Alla fine degli anni ’90, mentre gli studiosi marxisti predicevano che la forte espansione di quegli anni sarebbe finita in un disastro, vi era una teoria, avanzata nelle università americane, ripetuta in Europa ed altrove, chiamata “Nuovo Paradigma Economico”, secondo la quale quello che Karl Marx aveva scritto 150 anni fa sul destino del capitalismo - contiene intrinseche contraddizioni che inevitabilmente terminerannoa nella crisi economica - era falso ed asseriva molto enfaticamente e ripetutamente che non vi sarebbe stata mai più una crisi economica. 

Quello che avviene ora non è nulla di nuovo, è il normale ciclo economico di espansione/crisi che abbiamo avuto per approssimativamente i passati 200 anni, che fondamentalmente è la prova delle contraddizioni intrinseche del capitalismo e specificamente è piuttosto chiaro che, parlando della crisi della domanda, che ciò di cui siamo testimoni non è niente meno che una classica crisi di sovrapproduzione, come predetto da Marx ne "Il Capitale" 150 anni fa.

In passato gli “esperti” e gli “economisti”, in realtà dei semplici agenti pubblicitari dei capitalisti, sostenevano che non vi deve essere nessuna regolamentazione, particolarmente per il settore finanziario: la finanza, il mercato, secondo quanto asserivano, dovrebbero regolamentarsi da soli.

Questa non è una nuova teoria, ma risale al 18° secolo, e precisamente all’argomento della “mano invisibile del mercato” che senza alcun tipo di intervento si regolerebbe da solo. Perciò, se il mercato si regola da solo, vuol dire che non necessita di alcun intervento esterno, quindi lo stato non deve intervenire. Il mantra era questo, soprattutto negli anni ’80, accettato acriticamente, nelle università come sui media.

Il risultato, che è sotto gli occhi di tutti, è la più grave crisi economica e finanziaria dal 1929, se non la più grave di tutta la storia del capitalismo, con la distruzione permanente di milioni di posti di lavoro e di qualsiasi prospettiva di futuro per le giovani generazioni.

Tuttavia, dopo lo scoppio della crisi finanziaria quegli stessi fautori del libero mercato hanno preteso che lo stato intervenisse per salvare le banche e il mercato: in sostanza ora lo stato doveva salvarli, doveva fare qualcosa. E quello che è stato fatto è precisamente il trasferimento, che continua tuttora, dei debiti delle banche e delle grandi società ai debiti sovrani, cioè sostanzialmente addossati ai lavoratori, ai giovani e ai cittadini in generale, il che porterà, e già sta portando, alla distruzione dei loro standard di vita e dei loro diritti. Inutile inoltre dire che ai capitalisti la crisi non ha insegnato proprio nulla; chi conosce la materia sa benissimo che si stanno ricreando tutte le condizioni per nuove e più profonde crisi.

La crisi del capitalismo indica che questo è un sistema in bancarotta. Questo è un sistema che non garantisce posti di lavoro, o abitazioni o cibo. In ultima analisi, l’applicabilità di qualunque sistema economico-scociale, compreso il capitalismo, è determinata dalla sua capacità di sviluppare i mezzi di produzione e cioè, in definitiva, il successo: l’applicabilità di qualsiasi società umana deve essere determinato dalla sua capacità di procurare i mezzi di sostentamento per tutto il popolo.

Anche in Europa stiamo dunque entrando in un nuovo periodo di sconvolgimenti e la classe lavoratrice viene spinta alla lotta dalla crisi oggettiva del capitalismo e dalla determinazione della classe dominante a difendere la propria ricchezza attraverso un attacco feroce a tutti i diritti dei lavoratori - il diritto ad un posto di lavoro, all’istruzione, all’assistenza sanitaria e ad una pensione sicura.

Per portare avanti queste lotte è richiesta una nuova prospettiva politica. Innanzi tutto, assolutamente nessuna fiducia può essere riposta nei sindacati, che hanno fatto tutto ciò che potevano per sostenere i partiti della pseudo-sinistra e reprimere qualsiasi genuino movimento dei lavoratori, seminando scoraggiamento e rassegnazione. Infatti quasi ovunque dicono di accettare la necessità dei tagli e non vogliono lasciare il loro posto al tavolo della contrattazione.

Anche dove non dicono esplicitamente di accettare le politiche dell'elite dominante per timore di perdere il consenso della residua base, è evidente la loro posizione di complicità: è il caso dello sciopero "balneare", proclamato infine dopo rifiuti e tentennamenti, quando invece servirebbe una mobilitazione permanente e generalizzata.

Infatti, il loro principale obiettivo è di preservare la loro base finanziaria attraverso il sistema dei contributi sindacali. I lavoratori devono respingere senza pensarci le concessioni richieste dai leader sindacali e dall’intero establishment politico. La burocrazia sindacale è una banda che cospira dietro le spalle dei lavoratori della base per imporre le stesse massicce concessioni che sono state inflitte ad altri lavoratori all’estero ed in passato. La soluzione è la creazione di convenzioni, comitati di base e di agitazione che devono uscire dalla perdente logica di categoria per coinvolgere non soltanto altri lavoratori, ma coordinarsi a livello territoriale con i giovani, gli studenti, i pensionati, le donne e altri soggetti interessati ad un reale cambiamento.

Sopra tutto, ciò che è necessaria è una lotta politica, che cominci con la comprensione che nulla può essere difeso finché la classe lavoratrice è subordinata alla falsa sinistra ed al sistema dei partiti capitalista. I rappresentanti della classe capitalista, nel proclamare che la conservazione del capitalismo richiede la distruzione dei posti di lavoro e delle condizioni di vita della vasta maggioranza della popolazione, riconoscono di fatto il fallimento storico del sistema che difendono.

La risposta della destra a questo è di cercare di ricostruire la propria egemonia contrapponendo tra loro settori dei lavoratori e della società e soprattutto razializzando la questione – tutto ridotto agli immigrati, agli ostinati neri ed ai musulmani cercano di prendere il controllo. La litania dice che gli immigrati si prendono i nostri posti di lavoro, mentre i musulmani minacciano i nostri valori centrali, le nostre "radici cristiane".

E se abbastanza gente vi crede, può essere inserita in un blocco neonativista, antisocialista, antisovversivo. Che è ciò che rappresentano molti imbonitori televisivi, dei giornali e dei partiti politici. Ma qualche volta non funziona. Gli attacchi ai cristiani in Egitto, contrastati dall’immediata solidarietà dei musulmani, non hanno fermato la rivoluzione. Il razzismo ed il settarismo non sempre funzionano. Non ha funzionato nemmeno negli USA, nel Wisconsin e altrove, dove le proteste vedono uniti lavoratori pubblici e privati, uomini e donne di tutte le età e di tutte le razze e fedi religiose. E talvolta una lotta locale riecheggia molto al di là dei suoi confini immediati e diventa lo stimolo per un’ondata di rivolte più ampie, specialmente quando colpisce qualcosa che a livello popolare viene percepito come intollerabile e per il quale la classe dominante viene ritenuta responsabile.

Sotto questo aspetto, ciò che sta avvenendo in Nord Africa ed in Medio Oriente, e negli stessi Stati Uniti nel Wisconsin va tenuto d’occhio, perché potrebbe essere l’innesco di qualcosa di stupendo.

Il problema è il potere trincerato della classe dominante capitalista e la sua dominazione totale del sistema politico. I partiti ufficiali sono del tutto del tutto delle società sussidiarie possedute dall'elite finanziaria. Tutti i partiti ufficiali difendono i profitti e la proprietà dei padroni delle banche e delle grandi società. La classe lavoratrice è pronta a lottare per difendere posti di lavoro, livelli di vita e servizi sociali. Ma le vecchie organizzazioni sindacali sono completamente marce. Sono solidamente compromesse con il Partito Democratico e la difesa del capitalismo, nel quale i sindacati sono loro stessi grandi azionisti, con i leader sindacali che rastrellano lauti stipendi e benefici.

Una plutocrazia sofisticata e potente ha dirottato una democrazia elettorale e si comporta proprio come una dittatura, nonostante una cittadinanza che crede di avere libertà e diritti assicurati dalla Costituzione, perché in molti modi questa forma unica di dittatura è molto più minacciosa, indiscernibile e potente delle dittature classiche, dove governano spietatamente una persona riconosciuta, una giunta militare o una famiglia.

Proprio come in molte dittature, vi possono essere elezioni, varie libertà e mezzi d'informazione più o meno liberi. Ma la plutocrazia occidentale del sistema capitalista nasconde in piena vista una democrazia fasulla o fantasma basata sulla generale ingannevole opinione che delle riforme dello stato e della politica possano ancora essere realizzate attraverso elezioni e l'ugualmente illusoria opinione che vi sia una democrazia rappresentativa che serva l'interesse pubblico. Abbiamo dunque una democrazia illusoria. Diversi interessi corporativi, specialmente banche ed altre entità finanziarie, controllano e manipolano il sistema, particolarmente l'economia, rendendo la dittatura molto più difficile da discernere, opporvisi e rovesciare. La maggior parte della gente pare voglia ancora aggrapparsi alla finzione di avere una grande democrazia, il che rivela soltanto stupidità ed incapacità di pensare criticamente. Ma nella crisi attuale anche la classe media viene distrutta e la popolazione in generale non ha più nessuna aspettativa realistica di crescente ricchezza ed è quindi probabile, anzi certo, che soltanto le continue sofferenze economiche generali trapassino le difese psicologiche contro il vedere la sgradevole verità di questa tirannia.

Presidenti, governi e parlamento cambiano, ma l’elite più invisibile, i poteri corporativi, attraverso l’uso accorto del denaro mantiene il controllo per servire i propri interessi economici, il che risulta oggi ancor più evidente con la cosiddetta “lettera della BCE”. La stabilità del potere viene conservata anche se vi è l'apparenza di cambiamento politico. Diversamente da luoghi dove vi sono dei dittatori estremamente visibili, in occidente non vi sono tali bersagli chiaramente distinguibili da rovesciare con delle rivoluzioni. Ciò rende i dissidenti e i cittadini scontenti delle vittime bloccate che continuano a cercare senza risultati di ottenere delle riforme attraverso il disfunzionale sistema politico anche quando intraprendono campagne di riforma, come quelle con vari movimenti. L'altro strumento di questa dittatura è la distrazione massiccia perpetrata attraverso una miriade di opzioni tra spettacoli, sport e giochi vari, come pure con le stesse campagne politiche.

Tutto ciò significa che la rivoluzione nonviolenta è probabilmente ancora più difficile che nelle dittature tradizionali... Ma questo non significa che sia impossibile. Ciò che differenzia decisamente la nostra dalle dittature tradizionali è che la frazione della popolazione più colpita da un sistema corrotto come il nostro neppure pensa o sogna in termini di insurrezione o di ribellione. Mentre la gente che soffre è chiaramente pronta per una rivoluzione, molti sono impreparati a una rivoluzione. L’oppressione economica dovrebbe essere la spinta principale della rivoluzione e certamente con l'aggravarsi della crisi aumenta anche la consapevolezza che all'interno del sistema non esiste nessuna alternativa e quindi le masse cominceranno a pensare in termini di ribellione perché quando si renderanno conto che questa è la nuova normalità diranno: "BASTA!".

Se vogliamo considerare la legalità costituzionale, anche dal punto di vista strettamente giuridico, il popolo ha il Diritto all'Insurrezione.

Nei patti internazionali sui diritti umani non si parla di insurrezione, ma di autodeterminazione; infatti ai sensi dell’art. 1 comune ai due Patti (quello sui diritti civili e politici e quello sui diritti sociali, economici e culturali), primo comma, si afferma che tutti i popoli hanno diritto a disporre di sé stessi e che in virtù di tale diritto essi determinano liberamente il proprio sviluppo economico, sociale e culturale. Il diritto internazionale generale, dal canto suo, non è contrario alle rivoluzioni, sempre che i nuovi ordinamenti siano contraddistinti dal requisito dell’effettività, cioè della garanzia dell'applicazione del diritto.

Anche al di là di queste ed altre codificazioni esplicite, occorre ritenere che il diritto all’insurrezione costituisca espressione di un principio generale del diritto. Esso veglia al rispetto degli ordinamenti costituzionali che a loro volta affermano e custodiscono i diritti del popolo. L’alternativa è, in alcuni casi, fra il suicidio e l’insurrezione. Basti pensare alla mancata applicazione dell’art. 4 della Costituzione italiana, secondo il quale la Repubblica riconosce il diritto dei cittadini al lavoro e promuove le condizioni affinché tale diritto sia reso effettivo.

Ma che sistema è questo che non permette la soddisfazione neanche dei diritti più essenziali alla vita? Sicuramente è il caso di cambiarlo. E l’insurrezione, resta, ovunque, uno strumento legittimo per farlo, sempre che sia possibile constatare che il governo viola i diritti del popolo, cosa sulla quale del resto non vi sono dubbi.

Pensiamo per esempio al caso più evidente, il caso della guerra di aggressione. Più volte i governanti, violando l'art. 11 della Costituzione, si sono posti oggi fuori dalla legge e dal diritto di cittadinanza, si sono posti fuori dalla Costituzione, hanno rotto l'ultimo residuo legame con il popolo. Un popolo che ha chiaramente espresso la sua volontà a non essere coinvolto nella guerra, comunque la chiamino i suoi propagandisti, missione umanitaria, missione di pace o altra espressione mediatica.

Chiaramente il discorso vale sia per il centrodestra che per il centrosinistra, che inoltre si riempie la bocca sulla difesa della Costituzione italiana, che dovrebbe ricordarsi che l’attentato riuscito alla Costituzione ed in particolare all’art. 3 - "compito della repubblica è quello di rimuovere gli ostacoli di natura economica e sociale" - lo hanno compiuto i capi del centrosinistra che hanno avviato le sciagurate privatizzazioni dell’industria pubblica. Anche con la legge truffa elettorale, che nessuno dei politicanti burattini vuole evidentemente cambiare, si vuole blindare il sistema contro quel poco che restava di democrazia per rafforzare il dominio dell'oligarchia dominante, si è consumato un altro evidente attentato alla Costituzione. Lo stesso si può dire per la scuola pubblica, la sanità e per tutto il resto.

Questo si chiama tradimento. Quando la "Volontà Generale", incarnata dallo Stato si oppone alla "Volontà di Tutti", che è la base della sua legittimità, è lo Stato che si pone al di fuori della Legge. Il "vulnus" inferto alla Costituzione e alla convivenza civile, è talmente grave che ci troviamo di fronte ad un governo illegittimo, a una dittatura, che legittima la resistenza con qualsiasi mezzo.

È auspicabile che qualsiasi rivoluzione o insurrezione sia nonviolenta, ma se violenza ci sarà, cosa che del resto è avvenuta di recente per mano delle "forze dell'ordine" nei paesi arabi che sono insorti contro la dittatura e che avviene costantemente in tutti i paesi "democratici", deve essere chiaro che la responsabilità ricadrà esclusivamente sul governo e la classe politica italiana. Sono loro ad avere esercitato la violenza prima, stracciando la Costituzione Repubblicana. Sono loro che hanno distrutto le basi dello Stato di Diritto e della convivenza civile.

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