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L’impatto del Covid-19 visto dallo spazio

Grazie ad una collaborazione internazionale tra Agenzie Spaziali, è nata la Earth Observation Dashboard, una piattaforma interattiva per monitorare l’impatto globale della pandemia.

di Elisabetta Bonora

 

A seguito della consapevolezza della diffusione del coronavirus, le nostre vite sono radicalmente cambiate. Fin dalle prime fasi dell’epidemia, le agenzie spaziali internazionali hanno attivato le proprie risorse satellitari per fornire un quadro completo dei cambiamenti ambientali, economici e sociali in atto. Gli osservatori spaziali, generalmente dedicati allo studio della Terra e del clima, sono stati testimoni degli effetti scaturiti dalle nuove regole di pubblica salute e di contenimento messe in atto dai governi in diversi paesi.

Se da una parte l’essere umano si è trovato a dover fronteggiare un’importante emergenza sanitaria, nonché considerevoli ripercussioni economiche, sociali e culturali, dall’altra la natura ha inevitabilmente approfittato del momento di debolezza della nostra specie per riappropriarsi dei propri spazi e respirare. Nei primi mesi del 2020, non solo è migliorata la qualità dell’aria ma le immagini, satellitari e non, hanno mostrato il verde espandersi tra il cemento delle città, cieli tersi e animali selvatici girare indisturbati per le strade deserte.

Durante i momenti pandemici più acuti, è stata addirittura registrata una riduzione del rumore sismico, ossia quel ronzio legato alle vibrazioni generate nella crosta terrestre dalle reti di trasporto e dall’attività umana. Tuttavia, è dallo spazio che i cambiamenti in atto sono risultati più evidenti.

 

La Terra vista dallo spazio ai tempi del Covid-19

Il pianeta Terra non è mai cambiato così rapidamente sotto i nostri occhi a causa di una pandemia ma è pur vero che questa ha caratteristiche diverse rispetto alle precedenti dell’era contemporanea. Innanzitutto solo con il Covid-19 sono state imposte rilevanti restrizioni centralizzate in varie regioni. E, in secondo luogo, è stato possibile osservarne gli effetti da un punto di vista globale completamente diverso grazie all’importante rete satellitare che si è sviluppata negli ultimi anni.

A causa dei protocolli di emergenza e confinamento (lockdown) e il blocco delle attività produttive, la domanda di energia è calata drasticamente in questo periodo; molti confini internazionali sono stati chiusi sia via terra che via mare; i voli aerei sono stati fortemente limitati e molte persone sono rimaste chiuse nelle proprie case, per periodi più o meno lunghi, il che ha ridotto i trasporti e cambiato i modelli di consumo.

Dal punto di vista ambientale, la risposta del mondo alla diffusione del coronavirus può essere considerata un esperimento non intenzionale, grazie al quale abbiamo la possibilità di individuare e studiare le principali fonti di inquinamento e soppesare le politiche future.

Fin dai primi sviluppi in Cina, ci si è resi conto che il Covid-19 stava avendo un impatto sul territorio mai osservato prima. Vista dallo spazio, la regione mostrava un calo considerevole dell’inquinamento atmosferico dovuto al rallentamento economico e alle restrizioni di viaggio nazionali e internazionali.

Gli strumenti orbitali progettati per monitorare la qualità dell’aria hanno registrato un sostanziale calo della concentrazione di biossido di azoto (NO2) da gennaio 2020. Prima solo sulla regione di Wuhan dove l’epidemia ha avuto inizio, poi esteso all’intero paese.
Questa sostanza nociva è un inquinante secondario perché non viene prodotto direttamente dallo scarico dei veicoli o dai fumi industriali. Si forma, durante i processi di combustione ad alta temperatura per ossidazione dell’azoto atmosferico e, in piccola parte, per ossidazione dell’azoto contenuto nei combustibili stessi. L’NO2 ha una durata solo di alcune ore in atmosfera ma è il precursore di tutta una serie di inquinanti pericolosi come l’ozono (al livello del suolo), l’acido nitrico e l’acido nitroso generati dai processi fotochimici per interazione con la luce solare. È, quindi, un utile indicatore dei cambiamenti a breve termine della qualità dell’aria.

Nel corso della storia, altri eventi hanno portato a riduzioni misurabili del biossido di azoto, inclusa la recessione economica globale del 2008 ma nessuno è mai stato così intenso o è accaduto così in fretta, dicono gli esperti.

Analogamente, quando la pandemia e le restrizioni hanno raggiunto l’Europa, i satelliti hanno mostrato un crollo dell’inquinamento su molte capitali europee.
Anche in Italia, il lockdown ha evidenziato effetti visibili dallo spazio.


Il satellite ESA Sentinel-5P (Sentinel-5 Precursor), il primo del programma Copernicus dedicato al monitoraggio della nostra atmosfera, ha registrato un forte calo delle emissioni NO2 durante i primi due mesi e mezzo del 2020, soprattutto sulle regioni settentrionali.

Non appena il Covid-19 è arrivato oltreoceano, gli Stati Uniti hanno sperimentato la stessa importante riduzione dei livelli di inquinamento, generalmente concentrato sulle grandi metropoli, sulle grandi arterie stradali e gli aeroporti.

La Earth Observation Dashboard

Lo spazio e la tecnologia utilizzata in questo ambito giocano un ruolo cruciale nella pandemia. Le comunicazioni satellitari, i sistemi di localizzazione, l’osservazione della Terra, la robotica e la diagnosi a distanza hanno dato un supporto inestimabile ai governi e ai settori pubblici e privati che hanno fronteggiato e sono ancora in prima linea contro la diffusione del virus.

I dati satellitari sul monitoraggio della biosfera e dell’idrosfera non forniscono solo uno quadro dei cambiamenti ambientali dovuti al coronavirus ma permettono di esplorare eventuali correlazioni che potrebbero esistere tra inquinamento e Covid-19. C’è un dibattito molto attivo nel mondo medico sulla relazione tra lo stato di salute di base degli individui ed il tasso di mortalità dei pazienti affetti dal virus e, tra quest’ultimo e l’esposizione al particolato fine nelle zone maggiormente inquinate. Quanto tempo il virus può rimanere sospeso in aerosol nell’aria è un altro tema caldo.

Così, dopo mesi di monitoraggio, la NASA, l’ESA e l’agenzia spaziale giapponese JAXA hanno unito le forze in una collaborazione internazionale, con lo scopo di creare una piattaforma pubblica in grado di documentare gli effetti della pandemia sull’ambiente e la società umana.

Si chiama “Earth Observation Dashboard” e integra i dati satellitari delle tre agenzie spaziali, elaborati con strumenti analitici. Offre ai cittadini, agli studiosi e ai governi una vista unica sugli impatti nel breve e nel lungo periodo generati dalle misure restrittive imposte dal coronavirus e sulle conseguenze globali derivate dalla pandemia.

«Quando abbiamo iniziato a vedere dallo spazio in che modo i mutamenti negli schemi delle attività umane, a causa dalla pandemia, stavano avendo un impatto visibile sul pianeta, abbiamo capito che se avessimo unito le risorse, avremmo potuto ottenere un nuovo potente strumento analitico a sostegno di questa crisi rapida e veloce», ha dichiarato Thomas Zurbuchen, capo del Direttorato delle Missioni Scientifiche della Nasa.

Josef Aschbacher, direttore dei programmi ESA per l’osservazione della Terra, ha aggiunto: «La pandemia di coronavirus è diventata una sfida senza precedenti con gravi conseguenze per la società. All’inizio di questo mese, l’ESA e la Commissione Europea hanno creato l’iniziativa “Rapid Action COVID-19 Earth observation” grazie alla quale, utilizzando i dati satellitari di Copernicus Sentinel, una piattaforma europea sta fornendo informazioni sul Covid-19».

Ad aprile, le tre agenzie spaziali hanno formato una task force per affrontare la sfida.
Il gruppo ha identificato le fonti satellitari più rilevanti e ha adattato l’infrastruttura informatica esistente per condividere le informazioni ed identificare gli indicatori migliori. I dati sono sono forniti dai satelliti:

  • NASA – Aura che studia la chimica e la dinamica dell’atmosfera. Fornisce dati sulla tendenza dell’ozono, sui cambiamenti della qualità dell’aria ed il loro legame con i cambiamenti climatici.
  • NASA – OCO-2 (Orbiting Carbon Observatory 2), progettato per rilevare i cambiamenti globali dell’anidride carbonica atmosferica.
  • NASA – Suomi NPP (Suomi National Polar-orbiting Partnership), un satellite a supporto del monitoraggio del clima nel lungo periodo e della produttività biologica globale, le cui mappe della luce notturna sono state integrate nella dashboard.
  • ESA – Copernicus Sentinel, la complessa rete satellitare europea dedicata alle osservazioni della Terra per il monitoraggio atmosferico, oceanico, terrestre e dei disastri ambientali globali.
  • JAXA – GOSAT che rileva la distribuzione globale dei gas a effetto serra stimando le fonti e i pozzi di CO2 su scala subcontinentale.
  • JAXA – ALOS-2, utilizzato per la cartografia, il monitoraggio del traffico navale e dei disastri ambientali.

Attraverso l’interfaccia, è possibile scoprire come i blocchi regionali e le misure di distanza sociale hanno influenzato l’aria, il suolo e l’acqua del nostro pianeta.

I dati sulla qualità dell’aria sono disponibili per tutta l’Italia, con un dettaglio maggiore su Roma e Milano.
Oltre ai livello di biossido di azoto, il software mostra le variazioni dei gas serra in particolare dell’anidride carbonica (CO2).
Un recente studio sulla rivista Nature ha stimato che, da gennaio ad aprile 2020, la quantità di anidride carbonica generata delle emissioni antropogeniche, ogni giorno in tutto il mondo, è diminuita del 17% ad aprile rispetto alla media giornaliera del 2019, riportando i livelli mondiali indietro di 14 anni. Tuttavia, è interessante notare che, nonostante nell’era contemporanea la CO2 viene considerato un gas serra rilevante nei cambiamenti climatici, questa non è la prima volta in cui un’epidemia ne influenza i livelli atmosferici. Nel corso della storia, in varie occasioni, la diffusione delle malattie è stata accompagnata da minori emissioni, anche molto prima dell’era industriale. Julia Pongratz, professore presso il Dipartimento di geografia dell’Università di Monaco, ha scoperto che epidemie come la Morte Nera del XIV secolo in Europa e le epidemie dovute al vaiolo portato in Sud America dai conquistatori spagnoli nel XVI secolo, lasciarono entrambi sottili segni sui livelli atmosferici di CO2. Le tracce di questi cambiamenti sono state identificate in minuscole bolle intrappolate in antichi ghiacciai. Probabilmente, all’epoca, le variazioni erano dovute a un’espansione delle aree boschive che andavano a invadere i terreni precedentemente coltivati e poi abbandonati a causa delle malattie.

Altri dati

L’interfaccia della piattaforma permette di evidenziare anche come è cambiata la qualità dell’acqua in questo periodo, mostrando i livelli di materiali sospesi e clorofilla (presente nelle alghe) in determinate zone costiere, porti e baie. Tra le aree esaminate c’è anche il Mare Adriatico settentrionale. Fornisce osservazioni sull’attività di spedizione nei porti, sulle auto parcheggiate e sulle luci notturne nelle aree urbane per mostrare come sono stati colpiti settori specifici dell’economia.

La Earth Observation Dashboard continuerà ad essere arricchita con nuovi dati e, nei prossimi mesi, saranno aggiunte nuove sezioni.

 

Immagine: Pixabay

Questo articolo è stato pubblicato qui

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