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 Home page > Attualità > Cultura > L’écriture zéro. Cento anni dalla nascita di Albert Camus

L’écriture zéro. Cento anni dalla nascita di Albert Camus

Qui la prima parte.

Più lontano, più in là. Oltre.

Albert Camus, nonostante siano trascorsi più di cinquant’anni dalla morte, continua ad essere tra gli autori più citati. Frasi, singoli periodi, tratti variamente dai suoi scritti, fanno bella mostra nelle epigrafi di numerosi testi. Una nota che fa riferimento a lui è sempre un elemento in più per la nobilitazione di uno scritto. Non mancano, inoltre, frequenti apparizioni di sue citazioni sui social network dove, come capita per altri autori, più o meno famosi, le frasi autentiche mi mescolano a una congerie di pseudocitazioni e falsi palesi.

La presenza in rete, da una parte, è certamente un segno di popolarità, di apprezzamento, per i suoi scritti. Ma per lui, come per altri autori, si ripete, questa comporta una conoscenza parziale e selettiva delle sue opere, una parcellizzazione e polverizzazione, con rischi di decontestalizzazioni e frantendimenti. È vero, questa è una problematica che non riguarda solo Camus e che fa parte di quel complesso rapporto tra letteratura e media, in particolare con i social network. Essa vedrà i suoi effetti palesarsi solo nei prossimi anni, quando si valuteranno le conseguenti le scelte degli autori, degli utenti delle rete e dell’editoria. Oggi noi possiamo solo segnalare, a livello di semplici indicazioni, la necessità di leggere con attenzione questi futuri sviluppi.

Nel 1953 Roland Barthes pubblicò un saggio, considerato per certi versi uno degli scritti fondamentali di questo autore. Ci riferiamo a Le degré zéro de l’écriture. In questo scritto Barthes teorizza una letteratura liberata dal linguaggio letterario. Barthes ha in mente una scrittura atonale, trasparente, piatta. Una scrittura a-letteraria, in cui tutte le caratteristiche sociali e tecniche del linguaggio scompaiano per cedere il posto ad uno stato neutro o inerte della forma.

Barthes chiama questo tipo di scrittura écriture blanche, traducibile come scrittura minima, neutra, con la quale appunto lo scrittore riesce a sganciarsi dalle gabbie stilistiche per concentrarsi ed annodarsi ai contenuti.

Nella posizione di Barthes si riscontrano anche alcune problematiche proprie della lingua francese che, come quella italiana, si presta a costruzioni stilistiche al limite del barocchismo fine a se stesso. Per Barthes il modo per eccellenza de l’écriture blanche è l’indicativo. Il discorso si riduce ad espressioni di estrema semplicità e naturalezza diretta.

Barthes vede ne Lo Straniero di Camus, soprattutto nel primo capitolo, l’opera inaugurale de l’écriture blanche e, più in generale del nouveau roman. La voce di Camus diventa quindi, per Roland Barthes, l’emblema di una corrente letteraria che si svilupperà in Francia, e non solo, a partire dagli anni ’50. Ad essa fanno sicuramente riferimento anche Mauriche Blanchot, Jean Cayrol, o anche scrittori che l’hanno preceduto, e ci riferiamo in particolare ad Emmanuel Bove. In tempi recenti è opinione comune che si possa ritrovare l’écriture blanche in altri autori d’oltralpe come Patrick Modiano.

Siamo con Camus ad un ritorno all’origini. Ne Lo straniero vi è un “io assente a se stesso, ai suoi propri affetti, una coscienza dissociata dell’identità sociale”. Il che non significa indifferenza, mancanza di partecipazione. Non era questa certamente l’intenzione di Albert Camus. Lo spogliarsi, il denudarsi, è, in primo luogo, l’atto di umanità per eccellenza, è quel solidaire-solitaire proprio di un’esistenza scevra da ogni legame inutile e ridondante. Nella vita come nella letteratura.

Come nella poesia L’étranger di Baudelaire, apparentemente Camus si rivolge altrove, più lontano, più in là, oltre:

- Qui aimes-tu le mieux, homme énigmatique, dis ?

ton père, ta mère, ta soeur ou ton frère ?

- Je n'ai ni père, ni mère, ni soeur, ni frère.

- Tes amis ?

- Vous vous servez là d'une parole dont le sens m'est

resté jusqu'à ce jour inconnu.

- Ta patrie ?

- J'ignore sous quelle latitude elle est située.

- La beauté ?

- Je l'aimerais volontiers, déesse et immortelle.

- L'or ?

- Je le hais comme vous haïssez Dieu.

- Eh ! qu'aimes-tu donc, extraordinaire étranger ?

- J'aime les nuages... les nuages qui passent... là-bas...

là-bas... les merveilleux nuages !

Camus ci ha lasciato delle indicazioni sulle sue scelte tecniche. Nella sua ultima intervista, nel dicembre del 1959, quando si riferisce al suo racconto La Chute e al possibile rapporto col nouveau roman. Ne La Chute, Camus volutamente utilizza tecniche, per alcuni versi, proprie del teatro. È lui stesso a chiarire che il suo lavoro di scrittore consiste nell’adattare la forma al soggetto.

Adattamento non è scomparsa, come diceva Barthes. In Camus è comunque centrale la questione del problema stilistico separato ed a servizio della letteratura. Come è chiaro in lui la necessità di tener distinta la vita dalla letteratura: “Io non voglio che la mia vita materiale dipenda dai miei libri, così che i miei libri non dipendano da quella.”

Ne Lo straniero, Camus compie una precisa scelta che lo porta ad utilizzare quella particolare forma che sarebbe divenuta, per Barthes, l’écriture blanche per antonomasia. L’estraneità da se stesso non può che esprimersi con il minimo stilistico e letterario. La paratassi, la litote, la scomparsa del personaggio.

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