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 Home page > Tribuna Libera > L’arte del sapersi vendere è veramente inossidabile?

L’arte del sapersi vendere è veramente inossidabile?

Matteo Renzi è indubbiamente abilissimo nel trasformare mediaticamente le sue promesse in fatti compiuti. Ieri sera a Porta Porta ne ha dato un ulteriore saggio, ma qualcosa nella sua narrazione comincia ad incrinarsi. Insomma tra il suo calendario di promesse, stilato con precisione matematica, e il calendario degli atti compiuti si sta aprendo un solco sempre più profondo.

Bruno Vespa, la Monaca di Monza della televisione pubblica, apre la nuova stagione del suo popolare talk show in onda ininterrotamente dal 1996, con l'ospite big più ambito del giorno, ovvero il primo ministro Matteo Renzi.

Sorriso compiaciuto ma nel contempo trasparente freddezza del conduttore nei confronti di colui che gli sta riservando mille sorprese nei famosi "mille giorni". Non era infatti mai successo che il "Vespone" televisivo si vedesse televisivamente così fortemente ridimensionato. Via la seconda serata del lunedi, sbattuto in prima serata il martedì e con prime serate di altri talk show che dureranno molto più a lungo e che metteranno sicuramente in crisi un format che, in fasce orarie diverse dalla seconda serata, ha già dimostrato molte crepe.

Visti i presupposti la partenza di Porta a Porta doveva pertanto avvenire con il botto e quindi botto è stato. Dopo i convenevoli di rito, l'intervista è entrata a pié pari sul punto cruciale della politica del premier: le promesse di Matteo Renzi e la loro effettiva realizzazione. Sotto l'incalzare delle domande, evidentemente poste senza i freni inibitori che Vespa mostrava nei confronti di Silvio, Renzi ha cominciato a sbandare. Il suo proverbiale sorrisetto ironico da superiority complex, man mano che procedeva la trasmissione, si è fatto sempre un po' più tirato e, stranamente per gli standard del mago di Firenze, lui ha cominciato un po' ad ingarbugliarsi.

A un Vespa che chiede, cartello alla mano, come mai la promessa di estinguere tutti i debiti della pubblica amministrazione (almeno 80 miliardi di euro) entro la fine dell'estate (21 settembre), dopo una prima promessa che datava fine luglio, Renzino corregge il tiro al 30 settembre, poco male, ma inizia l'arrampicata sul meccanismo del pagamento. In sostanza i creditori, andando direttamente sulla piattaforma di governo, potranno certificare i loro crediti nei confronti delle Pubbliche amministrazioni per poi portarli allo sconto presso il circuito bancario (comma 4 - bis.art.7 dl 35/2013). Quindi una sorta di triangolazione con le banche, garantite dalla Cassa Depositi e Prestiti, che ovviamente comporterà un 2% di spese a carico del creditore. Insomma bisogna pagare per avere quanto spetta di diritto. Se qualcuno sperava in una sorta di automatismo con l'accredito in banca o l'assegno circolare recapitato, è servito, e poi questa non è una tassa? Molte imprese lo stanno ovviamente facendo ma il punto è che le pubbliche amministrazioni, specialmente al sud e malgrado le sanzioni disciplinari previste nei confronti degli inadempienti, non sembrano tutte propense ad agevolare il meccanismo e quindi sono prevedibili contenziosi e ricorsi. Quindi dal tutto facile siamo già passati allo sperraindio.

Poi è partita la solita tititera sullo sviluppo e crescita, con Matteo apparso molto cauto anche di fronte alla nuova disposizione UE che consente di contabilizzare nel PIL anche i proventi della cosidetta economia sommersa, ovvero prostituzione e proventi da attività criminali, mercato nero ecc. Al meglio ciò comporterà uno spostamento dello 0,1% sul PIL, Renzi sperava, data la consistenza della nostra economia sommersa (stimata al 25%) in qualcosa di meglio, ma Padoan lo ha disilluso. "Me lo ha spiegato ma non sono sicuro di aver capito tutto", questa la franca ammissione del premier.

Poi sui "tagli lineari" del 3% sui bilanci dei ministeri che per Vespa sono tali esattamente come quelli di tremontiana memoria, ma non per Renzi che tuttavia non ha saputo chiarire che è solo la percentuale ad essere orizzontale, ovvero il 3%, mentre i criteri per conseguirla sono assolutamente puntuali e a discrezione dei singoli ministeri. Poca lucidità.

Poi sulle pensioni che, malgrado il piano Cottarelli prevedesse di tagliare sopra i 2mila euro, Renzi non applicherà e però mancheranno un paio di miliardi per sostenere gli ottanta euro di bonus anche per il 2015. Poi la confermata promessa di ridurre il carico fiscale: "Penso e credo che nella legge di stabilità avremo una ulteriore diminuzione delle tasse sul lavoro". Che non è propriamente una certezza. E così via su tutti i punti caldi in questione, forze pubbliche e sindacati compresi, con l'ammissione finale sulla crescita: "Non sono ottimista, più o meno balliamo intorno allo zero. E' lo stop alla caduta ma non la ripartenza".

Infine la scarica: "A lasciare la segreteria del PD non ci penso neanche un nanosecondo", "I professionisti della tartina criticano e basta", "L'Europa sarà bellissima se convinceremo i partner a voltar pagina", "Troppo sorridente? Dietro il sorriso voglia di faticare, non ho mai detto che sarebbe stato facile, ma sarà bello (?!)" ,"preferisco essere considerato arrogante che arreso, noi l'Italia la cambieremo costi quel che costi".

Perorazione finale:

ma sì Renzino, cambiala questa Italia, sbloccala, ma smettila di raccontarci il paese delle meraviglie (quarta potenza manifatturiera del mondo) e passa ai fatti concreti, quelli veri, quelli che contano e che incidono. Per esempio, come credi di portare gli investimenti stranieri in Italia se non fai una legge degna di questo nome sul falso in bilancio? Come può una azienda tedesca, francese o americana investire in un paese che consente legalmente di "truccare i conti", con quel che consegue sulla fiscalità e quindi sul livello di concorrenzialità. Chi e cosa ti impedisce di farlo? Il patto del Nazareno con il pregiudicato?

Va bene che siamo al punto che "o mangiare questa minestra o saltare dalla finestra" perché le alternative non ci sono, ma risparmiaci l'affabulazione a tutte le ore del giorno perché cominciamo francamente a non poterne più.

 

Foto: Palazzo Chigi/Flickr

Commenti all'articolo

  • Di (---.---.---.148) 10 settembre 2014 19:19

    Bravo Paolo:

    "Per esempio, come credi di portare gli investimenti stranieri in Italia se non fai una legge degna di questo nome sul falso in bilancio?"

    Di tutto il tuo articolo, questa è la frase che mi piace di più. Mi piace perché è la frase di chi sa che cosa vuole, non la frase di chi delega ad altri la soluzione dei suoi problemi. Si chiama DEMOCRAZIA: il popolo governa e decide, non si limita a scegliere qualcuno che deciderà per lui.

    Ciao,
    Gottardo

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