L’antimafia di Maroni e Saviano

L’antimafia dei fatti.
Arrivano sempre puntuali gli editoriali di Vittorio Feltri sul Il Giornale (a proposito, non era stato sospeso per tre mesi?), con l’intento di ristabilire la verità - fine meritorio - così tanto distorta dall’informazione di parte, attraverso un organo d’informazione che ha sempre ampiamente dimostrato la sua indipendenza e obiettività. Basta ricordare le inchieste, anche se qualcuno in malafede le chiama “dossieraggio” e chissà mai perché, sul giudice Raimondo Mesiano appena dopo aver emesso la sentenza con la quale condannava la holding della famiglia Berlusconi a risarcire con 750 milioni di euro
Ora è toccato allo scrittore Roberto Saviano, dopo la seconda puntata della trasmissione Vieni via con me, nel corso della quale aveva osato parlare delle infiltrazioni della ‘ndrangheta nel Nord Italia, la quale anche qui cerca referenti istituzionali per garantirsi i suoi loschi affari: ricerca vitale usuale, caratteristica e risaputa di tutta la criminalità organizzata. La magistratura, infatti, sta indagando su alcuni esponenti della Lega che non hanno tenuto sempre un comportamento limpido nella loro azione politica. Eppure alle parole di Saviano sono seguite un coro di proteste e indignazioni inaudite, come se avesse rivelato chissà quali segreti! In realtà egli ha raccontato semplicemente dei fatti che per Feltri invece sono “balle, fanfaronate, strafalcioni, sensazioni”, dedicandogli “affettuosamente” cinque pagine sul Giornale, da cui ha lanciato anche una raccolta di firme contro “lo scrittore di Gomorra” per avere tacciato di ‘ndranghetismo tutto il Nord. Veramente, argomentando per sillogismi, se uno dice che alcuni politici leghisti hanno o avrebbero favorito la ‘ndrangheta, non vuole dire che tutti gli abitanti del Nord sono ‘ndranghetisti! A quanto pare però Feltri, e tanti altri indignati dalle parole di Saviano, distorcendole ed enfatizzandole al punto da contrapporre irresponsabilmente Nord e Sud su chi è più mafioso (vedi il botta e risposta tra Formigoni e Vendola), ragiona a suo modo e spera che delegittimando Saviano, i fatti da questo raccontati possano cancellarsi come per incanto. Sì, anche stavolta sembra che egli insegua la strategia mediatica della scomparsa dei fatti veri che possono infastidire il potere, attraverso un uso sapiente dei media di parte, per riportarne altri che una volta decontestualizzati o ritoccati ad arte, con la verità non hanno più niente a che vedere.
Fra le cinque pagine Feltri scrive testualmente: “Nel Molise ad esempio,
Il ministro dell’Interno Maroni, indignatissimo con Saviano per le sue parole, rivendica, giustamente, la sua antimafia dei fatti e ricorda i risultati ottenuti nella lotta alla mafia con centinaia di arresti. Lo stesso Saviano, ricorda ancora, ha lodato il suo impegno in tale lotta; e chi potrebbe fare altrimenti? Di punto in bianco però una trasmissione faziosa tenta di infangare la sua Lega e così annuncia querele e pretende diritti di replica televisiva appellandosi anche al Quirinale per farsi ripetere faccia a faccia, guardandosi dritti negli occhi, quanto già detto di fronte a quasi 10 milioni di spettatori. Che cosa non avrebbe dovuto avere il coraggio di ripetere Saviano, che esistono delle indagini della magistratura? Tutto ciò suona un tantino intimidatorio e rivelatore di una volontà disperata di nascondere una verità che invece è sotto gli occhi di tutti. Rendendosene conto, infatti, il ministro ha poi proposto allo scrittore “di metterci una pietra sopra e lavorare insieme contro la criminalità”. Meno male! Riguardo ai risultati e all’antimafia del fare poi io direi: Grazie! Intanto esiste l’obbligatorietà dell’azione penale, e quindi, grazie a ciò, in questi due anni il ministro Maroni non ha raccolto altro che i frutti del lungo lavoro d’indagine di chi sta in trincea da anni rischiando la vita e che per fortuna, ad oggi, può utilizzare ancora gli strumenti idonei messi a disposizione da precedenti legislature, ma che il governo che egli rappresenta vorrebbe sottrargli in nome di un malinteso garantismo e diritto alla privacy.
Saviano con le sue inchieste - i suoi detrattori dicono scopiazzate - è stato pure sul campo e ha fatto davvero male alla tradizionale omertà della camorra, tant’è che è costretto a vivere perennemente sotto scorta. La critica mossagli da Vittorio Sgarbi appare però strana a chi vuole esercitare sciascianamente l’uso della ragione. Dovrebbe piuttosto essergli solidale se anche lui condivide la stessa passione e, pare, lo stesso rischio nella lotta alla criminalità organizzata! Perché invece lo attacca rimproverandogli di non essere in trincea come lo è lui da sindaco di Salemi? Il titolo del suo commento è: “Scrittori coraggiosi? La malavita si combatte sul campo”. Dice: “Anch’io vivo sotto scorta per le mie denunce, dalla Sicilia al business eolico in Molise.” Secondo lui Saviano nella trasmissione è stato “evasivo e non convincente” perché “non ha parlato di Molise, Puglia, Calabria e Sicilia, martoriate dalle pale eoliche con profitti miliardari e arresti di mafiosi. Niente, a Saviano non interessa... Vedo il Molise in pericolo. Lì con l’eolico fa affari la camorra”.
Da notare intanto come con ciò Sgarbi smentisce clamorosamente Feltri sui sanniti che non temerebbero i bulli con la pistola. Poi, viene da dire, a ognuno il suo mestiere, che se fatto bene sortisce sempre buoni effetti. Il critico d’arte Sgarbi dovrebbe sapere, fra l’altro, che la penna ferisce più della spada; quindi, che pretende da uno scrittore, che imbracci il fucile? Dimentica che comunque sul campo Saviano c’è stato, in qualità di giornalista d’inchiesta, con ottimi risultati fra l’altro, se si è inimicato i camorristi. La sua critica dunque appare pretestuosa. Forse perché ha osato “infangare”
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