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L’alleanza Renzi-Berlusconi va molto oltre le riforme istituzionali: il patto ha valenza strategica

Quando Renzi decise di “sdoganare” il Cavaliere, invitandolo al Nazareno per parlare di riforme istituzionali, si giustificò davanti alla Direzione del suo partito, sostenendo di doverlo fare per ragioni strettamente inerenti alle riforme istituzionali, che, senza una intesa con Forza Italia, non sarebbe stato possibile fare (“e con chi dovevo parlare, con Dudù?”). Dunque, nessun altro punto di contatto che le riforme istituzionali, e il governo Letta, che aveva una sua maggioranza parlamentare grazie al Ncd, non aveva nulla da temere (#enricostaisereno… ricordate?).

Poi Letta è stato abbattuto come un cavallo azzoppato ed è nato il governo Renzi che, però, poteva contare sulla stessa maggioranza di prima, con il Ncd e, dunque, niente intese con Fi. Ma, già nelle settimane successive faceva capolino il “soccorso azzurro” al governo zuzzurellone. Patto d’acciaio sulle riforme elettorali e costituzionali, passando allegramente sulla testa degli alleati del Ncd, ma anche discreto appoggio su altre materie meno illuminate dai riflettori mediatici.

Ora, alla ripresa, si profila una intesa secca Pd-Fi, escludendo tutti gli altri, anche sulle nomine in Corte Costituzionale e Csm (compresa l’intesa sulla vice presidenza), c’è la sostanziale intesa sul dossier giustizia e sulla politica economica Silvio fa il morbido con Matteo. Mi pare che il terreno dell’intesa è decisamente allargato, anche se Matteo fa il ritroso quando Silvio gli propone un bel matrimonio regolare, al posto di quell’amorazzo clandestino. Ma, tanto, se dovesse scatenarsi la burrasca dello spread, si fa sempre in tempo a fare un bel governo di “Unità nazionale”.

Non siamo di fronte ad una momentanea intesa su singoli temi o ad un accordo contingente dovuto ad una emergenza, siamo di fronte ad una organica intesa politica che sta venendo fuori un po’ alla volta.

Certo, Berlusconi ha bisogno vitale di Renzi per uscire dalla sua terribile situazione giudiziaria, di far fronte alla crisi del suo gruppo imprenditoriale, di frenare la frana di Forza Italia; ed anche Renzi ha le sue convenienze a cercare Silvio: il 40% è ormai un alloro passato che pagherà la sua rendita sino a quando non ci saranno altre elezioni, il governo perde pezzi, l’insofferenza dei poteri forti nei suoi confronti cresce di giorno in giorno, nel partito rialzano la testa i suoi oppositori, il big bang sblocca Italia è già un big flop e delle famose riforme ”una-al-mese” non si vede l’ombra.

Ricordate il quadro di Bruegel: i ciechi che si appoggiano allo zoppo? Tutto questo ci sta, però non si tratta solo di questo, si tratta di qualcosa di più profondo che viene da più lontano del momento particolare e che va oltre il mutuo soccorso. Riflettiamo su una cosa: chi sono gli amici di Renzi (o quelli di cui Renzi è amico)? La destra repubblicana americana (ricordate Ledeen?), Israele, Putin, certi ambienti toscani non lontani dalla P2, come Verdini, ad esempio. A pensarci bene, sono gli stessi amici di Berlusconi.

E chi sono i nemici di Renzi? Obama, la Merkel, la Bce, l’asse Fiat-Confindustria, il gruppo De Benedetti, il Qatar. A pensarci bene, gli stessi nemici che aveva Berlusconi.

Al di là delle persone ci sono “campi magnetici” di interessi che saldano blocchi di potere contrapposti. Decisamente, non si tratta di convergenze occasionali, ma di qualcosa di molto più strutturale e che si proietta non solo sui casi italiani.

Questo articolo è stato pubblicato qui

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