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L’Ucraina come piace a Nato e Ue: un inferno di nazisti alle porte dell’Europa

“Collocare sul medesimo piano il comunismo russo e il nazifascismo in quanto entrambi sarebbero totalitari, nel migliore dei casi è superficialità, nel peggiore è fascismo. Chi insiste su questa equiparazione può ben ritenersi un democratico, in verità e nel fondo del cuore è in realtà già fascista, e di certo solo in modo apparente e insincero combatterà il fascismo, mentre riserverà tutto il suo odio al comunismo” Thomas Mann.

 

Più di un anno è passato dal violento colpo di Stato in Ucraina dell’inverno 2014, che ha scalzato il corrotto presidente Yanukovic, fautore di una politica di equilibrio economico e militare fra Russia e blocco NATO.

Quanto ne è seguito sono avvenimenti più o meno noti a tutti: affermazione di un Governo filo-occidentale, persecuzione delle minoranze etniche e linguistiche, secessionismo delle regioni russofone, crisi in Crimea con intervento russo, repressione nel Donbass e guerra civile, deteriorarsi rapidissimo della situazione economica, moltiplicazione esponenziale della corruzione e della criminalità diffusa, formazione di milizie neonaziste armate dagli industriali e finanzieri più ricchi del Paese (per Pravij Sektor si parla del ruolo di Kolomoisky) per sopperire alla mancanza di voglia di battersi contro il loro stesso popolo della gran parte dei soldati delle armate "regolari".

Naturalmente queste milizie – spesso radunate nella fascia sottoproletaria in ambienti di piccola criminalità o di tifo calcistico da sempre sensibili ai discorsi ultranazionalisti che riecheggiano di nuovo in Ucraina a partire dal suo formarsi come Stato indipendente – al fronte, come riporta la stampa on-line, rispondono a catene di comando autonome, commettono efferatezze e vere e proprie operazioni di pulizia etnica nelle regioni popolate da russofoni, torture ed esecuzioni sistematiche di prigionieri e civili, potrebbero essere associate a traffici di organi e violano a piacimento i cessate il fuoco sottoscritti dal debole governo degli oligarchi di Kiev: di qui le periodiche recrudescenze di combattimenti, in ultimo lo scorso inverno.

Nelle città invece miliziani sono dediti ad attività di crimine comune, così come di guardie private dei personaggi più ricchi del Paese, e inoltre alla persecuzione degli oppositori politici, a partire dai comunisti: aggrediti, sequestrati e fatti sparire, assassinati, torturati, talvolta esecutati pubblicamente; in cambio i capi nazisti sono ricompensati con lauti finanziamenti e posti chiave nella politica pubblica e nell’amministrazione statale, o addirittura ricevuti con tutti gli onori negli USA e fatti destinatari di supporto militare di Paesi NATO. La società si divide fra una borghesia in gran parte complice e intenta ad arraffare e spartirsi le risorse locali e gli aiuti dell’Occidente, un consenso attivo oppure silenzioso (anche secondo le regioni) al regime della piccola borghesia e delle masse di sottoproletariato urbano, una classe lavoratrice e le fasce intellettuali progressiste tenute sotto scacco dal terrore e dalla repressione tendenzialmente, ostili al Governo, ma che vedono annullarsi gli spazi di opposizione legale.

A colpire è l’atteggiamento dell’Occidente, a parole sempre attento al rispetto dei diritti umani, nei fatti complice di tutto quanto avviene in quanto mirante all’indebolimento del rivale russo: di qui il sostegno attivo (e per alcuni Paesi il contributo diretto) al sanguinoso golpe (attribuendo falsamente la responsabilità dei massacri del Maidan al Governo deposto) e poi al nuovo regime filo-NATO e filo-UE, chiudendo gli occhi di fronte a tutto: bombardamento di popolazioni civili inermi per punirne il dissenso, campagne militari condotte con metodi terroristici, il massacro di Odessa, esecuzioni di massa di civili, presumibilmente in parte connesse agli interessi economici del traffico di organi, rivalutazione revisionistica di Stato di Bandera e dei suoi accoliti, vale a dire i più cruenti sterminatori di ebrei e polacchi di tutta Europa durante la Guerra mondiale. Anche lo sperpero in corruzione e armamenti degli aiuti europei è curiosamente tollerato dagli stessi Paesi che chiedono sacrifici e austerity alla Grecia, a sua volta ulteriormente danneggiata economicamente dal clima di nuova guerra fredda, mentre per l’Ucraina in pieno disastro finanziario il rubinetto è sempre aperto in cambio di una doppia adesione incondizionata ai dettami del neoliberismo economico e dell’ombrello militare NATO.

Particolare virulenza ha raggiunto nel frattempo la persecuzione anticomunista, in presenza di un Partito che in questi mesi, malgrado le violenze e forte di un capillare radicamento nel territorio, si è dimostrato capace di avanzare un’articolata critica al regime: non solo sulla guerra terroristica, sulle retorica bellicistica e sulla persecuzione delle minoranze etniche e linguistiche e degli oppositori politici, ma anche in ambito economico. In presenza di un crescente immiserimento della popolazione, di un crollo dei rapporti commerciali con i precedenti principali partner (Russia e altri Paesi dell’Unione Economica Euroasiatica), della svendita del rimanente patrimonio pubblico per finanziare guerra e corruzione, dell’inflazione galoppante nel disinteresse delle istituzioni, della riduzione di salari e pensioni e della crescita della tassazione indiretta (che colpisce ulteriormente le fasce sociali più deboli), il PCU propone una pace con i separatisti, una ripubblicizzazione dei settori fondamentali dell’economia, un sostegno alle attività produttive e misure per un’equità sociale e fiscale.

Già sfuggito ad un tentativo di messa fuorilegge nel 1991, mentre aveva luogo la prima spartizione fra oligarchi del potere politico e delle risorse economiche, il Partito comunista è risultato il bersaglio interno principale del nuovo regime: incarcerazioni arbitrarie dei suoi dirigenti e militanti sono da tempo all’ordine del giorno, insieme alla devastazione di sedi, spesso favorita dalle autorità. (D’altronde, cosa può aspettarcisi da un Ministro degli Interni come Avakov, che ha conosciuto la detenzione nel nostro Paese per presunti reati comuni?)

Al Segretario comunista Simonenko è stata impedita con la violenza la partecipazione alle ultime elezioni presidenziali. Il gruppo parlamentare, oggetto di continue aggressioni, è stato sciolto con un atto illegale, votato in un periodo in cui spesso le sedute avvenivano in presenza di miliziani nazisti armati, salvo poi procedere a nuove elezioni in un clima di terrore per impedire che fosse eletta una nuova rappresentanza del PCU. Poi sono stati avviati procedimenti giudiziari per la messa fuorilegge del Partito. Infine, poche settimane fa si è preteso di mettere persino al bando l’“ideologia” comunista e i suoi simboli, equiparati a quelli nazisti… peccato che i nazisti nel frattempo girino e delinquano indisturbati e siano il puntello militare e repressivo dell’attuale regime. Il tutto mentre i reduci di guerra sono sbeffeggiati, come già accade nei Paesi baltici, e i collaborazionisti della Germania di Hitler esaltati e additati pubblicamente come modello, anche nelle scuole. Importanti risposte di popolo si sono manifestate nelle città a più importante tradizione rivoluzionaria come Odessa, con manifestazioni di massa con bandiere rosse e simboli della guerra contro il Terzo Reich.

(Un momento della manifestazione a Odessa, da "Con l'Ucraina Antifascista")
 

Prossimo passo atteso, la totale messa fuorilegge del Partito e la detenzione definitiva dei suoi dirigenti rimasti in libertà che hanno scelto di restare nel Paese a rischio della vita per dare un punto di riferimento come opposizione pubblica organizzata alle classi popolari. Altre organizzazioni comuniste come Borotba hanno invece già scelto la via della clandestinità o dell’organizzazione in bande partigiane dietro le linee a sostegno dei ribelli del Donbass, fra i quali la presenza dei comunisti, della sinistra e delle organizzazioni di massa dei lavoratori risulta preponderante dopo la sostituzione dei vertici della scorsa estate e le successive elezioni a suffragio popolare degli organi rappresentativi.

Si ripropone da parte dei governi occidentali uno schema che ricorda da vicino la politica statunitense di sostegno alle dittature anticomuniste in Sudamerica negli anni ’70 e ’80. Organizzazioni come la famigerata Tripla A e le reti di Gladio trovano inquietanti parallelismi in ong e organizzazioni che godono oggi come allora di importanti finanziamenti statunitensi; spicca il ruolo di Otpor\Canvas, segnalate in vari articoli di stampa come emanazioni del miliardario Soros. La differenza rispetto al passato è però l’allineamento cieco e convinto dei Paesi europei (eccezione principale la Grecia dopo la recente vittoria di Syriza), sia pur caratterizzato da una dialettica nelle sfumature, laddove invece vi era stato uno sforzo di fare del rispetto della democrazia e dei diritti umani uno dei pilastri dell’Europa. Mentre allora emuli delle bande di sterminatori xenofobi e antisemiti di Petljura e poi di Bandera – le cui efferatezze ci vengono trasmesse dalle cronache storiche come dalle pagine di importanti autori della letteratura moderna – tornano a calpestare il suolo ucraino e a seminare il terrore, persino la Germania, finora custode del senso di colpa collettivo degli orrori del nazismo, tace ostinatamente, accogliendo volentieri come migliore alleato ad Est un Paese dove ancora nel 2015 si può rischiare la vita per il solo fatto di aver appreso dai genitori un idioma diverso da quello del gruppo linguistico dominante.

A fronte del silenzio dei governi, si è manifestata la solidarietà attiva dei movimenti antifascisti e dei partiti della Sinistra Europea, con iniziative a supporto dei comunisti ucraini e per far conoscere la loro situazione e a sostegno diretto della Resistenza popolare del Donbass. In Italia si è distinta in questa campagna la Banda Bassotti, gruppo musicale della sinistra militante conosciuto a livello nazionale e internazionale, che, dopo il diffuso interesse suscitato dalla prima, promuove adesso una seconda Carovana Antifascista, un viaggio di solidarietà a Lugansk (città operaia del Donbass) in occasione dell’anniversario della sconfitta del nazismo, il prossimo 8 maggio.

Tra le adesioni italiane, vari movimenti e reti antifasciste e Rifondazione comunista a livello nazionale e con molte federazioni locali; ma importanti adesioni si registrano anche dal resto d’Europa e del mondo e probabilmente nella città-martire dei bombardamenti si terrà un meeting internazionale delle sinistre antifasciste, di varia provenienza e tradizione ideologica.

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