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L’Italia è un paese che non sa crescere

“L’Italia è un paese che non sa crescere!”. A quanti è accaduto di ascoltare questa espressione in televisione, alla radio o più semplicemente al bar bevendo un caffè? Era il 16 novembre dello scorso anno, quando Mario Monti ha iniziato il suo percorso alla guida del governo. Ma prima di allora tutti noi avevamo già preso confidenza con termini prima del tutto sconosciuti: spread, differenziale, bolle speculative, etc. Si può quindi affermare, senza essere smentiti, che da qualche anno, nonostante sia nei fatti in difficoltà, l’economia ha preso il sopravvento nei discorsi quotidiani, sia nei salotti governativi che nelle strade governate.

Fin dagli inizi, la crescita del “Sistema Italia” (i giornalisti riescono a rendere numerici anche i concetti più difficili!) è stata strettamente legata al differenziale tra i nostri titoli di stato e quelli tedeschi, all’aumento del debito pubblico, al numero incerto degli esodati, alla costante diminuzione del nostro prodotto interno lordo. Numeri, numeri ed ancora numeri. Ma siamo proprio sicuri che la mancata crescita dell’Italia sia rappresentabile solo da dati? Certo, fotografano una realtà veritiera: rappresentano al meglio una crisi che ormai non ricordiamo quando sia iniziata ma che neanche sappiamo quando possa finire. In realtà, però, un’analisi corretta, ce lo insegnano anche le scienze sociali, non può basarsi esclusivamente su dati quantitativi ma necessita anche di quelli qualitativi. Quelli, cioè, che sono in grado di percepire gli umori delle persone, le loro difficoltà e le loro speranze.

Ed allora lì le cose si complicano, perché capire le emozioni è decisamente più complesso che fare quadrare i conti, specialmente se si è obbligati a fare l’una e l’altra cosa. Probabilmente, facendo questo sforzo, capiremmo che l’Italia è un paese che non sa crescere non solo da un punto di vista economico ma per tanti altri motivi che spesso vengono omessi, quasi fossero di secondaria importanza o, peggio ancora, irrisolvibili.

L’Italia non sa crescere perché è un paese composto e gestito da gente “cresciuta” che non ha nessuna intenzione di lasciare il passo a chi, se non altro, avrebbe l’entusiasmo e la fantasia per accollarsi il peso di provare a trovare una soluzione con strumenti nuovi;

L’Italia non sa crescere perché sta ancora discutendo se ci sia una parte della penisola migliore dell’altra e se questa debba diventare indipendente.

L’Italia non sa crescere perché difficilmente è in grado di impegnarsi a raggiungere obiettivi comuni, quelli cioè che vanno incontro all’interesse generale e non a questo o quel colore (politico e non).

L’Italia non sa crescere perché ancora oggi ad un colloquio può succedere di ascoltare la fatidica domanda “lei è sposata, ha intenzione di mettere su famiglia?”.

L’Italia non sa crescere perché molti laureati pensano che probabilmente se avessero iniziato a lavorare subito dopo la maturità, a quest’ora probabilmente avrebbero soldi da parte e magari la possibilità di comprarsi una casa.

L’Italia non sa crescere perché non riesce ancora a proteggere e valorizzare il suo immenso patrimonio culturale.

L’Italia, infine, non sa crescere perché non è in grado di comprendere che non serve mettere uno o due giovani in posti “simbolici” per dirsi un paese giovane ma che servono professionalità, impegno ed energie sincere e non basta avere 30 anni o giù di lì per essere considerati “capaci”.

L’Italia non sa crescere perché fondamentalmente non vuole crescere, perché come la storia ci insegna è spaventata dai cambiamenti, specialmente quelli “rivoluzionari” e preferisce limitarsi a rimanere a galla ed aspettare che passi la tempesta. Ma la cosa bella di questa crisi (ebbene sì, anche in una crisi c’è del bello!) è che invece c’è una parte di Italia, quella fatta dalle persone, che sta cambiando e lo sta facendo in un modo che mai avevamo visto. Sta cambiando le sue abitudini, sta mostrando un bisogno di capire la realtà e di essere informata su quello che succede. L’Italia, lentamente e forse in modo inconsapevole, sta scoprendo la necessità di indignarsi. Un processo che coinvolge pochi? Forse solo temporaneo e superficiale? La risposta a queste domande non è possibile averla ora.

Chissà mai però che tra qualche anno, sorseggiando un buon caffè al bar, si potrà ascoltare che “l’Italia è davvero cresciuta: lo dicono i conti e lo conferma la gente.”

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