L’Ice Bucket Challenge e la visibilità di tanti gesti “nascosti”
Si parla molto, in questi giorni, dell’Ice Bucket Challenge, la campagna internazionale promosso dalla Asl, l’associazione impegnata per diffondere la conoscenza sulla sclerosi laterale amniotrofica, più conosciuta come Sla. Vip e meno vip hanno aderito, gettandosi addosso un secchio di acqua gelata. Specialmente negli Usa l’iniziativa sta tenendo banco rivelandosi un successo: arrivano tanti fondi alla ricerca e l’aspetto mondano è passato in second’ordine.
È accaduto nonostante i vertici della Chiesa cattolica statunitense abbiano chiesto ai fedeli di non prendere parte all’Ice Bucket Challenge, perché i fondi donati potrebbero essere utilizzati per la ricerca sulle cellule staminali embrionali. Che, com’è noto, la Chiesa condanna, nonostante sia considerata indispensabile per individuare una cura per tante malattie, quali Alzheimer e Parkinson. In Italia, feudo vaticano, tale ricerca è guarda caso vietata dalla legge. E comunque di ricerca si parla sempre di rado. Inizialmente, i mass media hanno parlato ben poco dell’Ice Bucket Challenge. Se la “secchiata” è diventata un trend è soltanto grazie alla viralità di internet, sebbene i commenti online a volte sembrino un “coro di suocere permanente”, composto da “correttori delle vite altrui”, come l’ha definito Michele Serra su Repubblica. Non stupisce dunque il suo relativo insuccesso nostrano: il denaro raccolto è stato sinora scarso, mentre il pettegolezzo per contro dilaga.
Qualcuno, evidentemente poco avvezzo ai dogmi cattolici, ha sperato che il papa aderisse all’iniziativa, o quantomeno invitasse i fedeli a prendervi parte. Sul suo account Twitter Francesco ha invece pubblicato un messaggio in cui ha scritto: “Un cristiano sa dare. La sua vita è piena di atti generosi — ma nascosti — verso il prossimo.”
Non sappiamo se sia una coincidenza. Sappiamo però che raramente la Chiesa “nasconde” i gesti che essa o i suoi rappresentanti fanno. La machine vaticana lavora a pieno regime per esaltare mediaticamente i contributi che devolve in carità. Il caso più clamoroso rimane quello della campagna pubblicitaria per l’Otto per Mille del 2005, basata sulle firme per la Chiesa “trasformate in barche e reti” per le vittime dello tsunami: campagna costata otto milioni, fondi devoluti soltanto tre. In questi giorni si parla dell’Iraq, ma gli aiuti sembrano circoscritti “ai cristiani perseguitati”, stando almeno a quanto scrive Avvenire. La pagina Facebook Chiedilo a loro nasce del resto istituzionalmente per non nascondere affatto “i gesti” fatti con l’Otto per Mille, in alcuni casi linkando altri siti che non nascondono a loro volta per nulla tali “gesti”.
Il sostegno alla ricerca è un nostro obiettivo. Lo è anche denunciare come la ricerca, in Italia, sia posta in estrema difficoltà a causa di un acritico pregiudizio favorevole a chi la combatte, drenando nel contempo fondi dalle casse pubbliche per i propri fini. Molto, molto visibili. Tutto legittimo, per carità. Ma di nascosto — e pure male — c’è soltanto l’ipocrisia.
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