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L’Europa prende un tè

 

Gente, sono oramai passate ere geologiche dall’ultima volta che ho scritto. Questo fatto si riscontra in severissime ramanzine del nostro beneamato Cattivo, che mi manda minacciosi e maligni messaggi privati su facebook. Comunque, come avrete inteso sono qui per tornare alla riscossa.

In particolare torno per notare un curioso fenomeno che sta investendo al tempo stesso Europa ed America. Come saprete, recentemente negli Stati Uniti ci sono state le cosiddette “Midterm Elections” (Elezioni di Metà Mandato, come viene tradotto dalla stampa italiana), ovvero le elezioni della maggior parte del ramo legislativo del governo americano, il congresso, composto da Senato e Camera dei Rappresentanti, e di una serie di governatori statali. Come succede spesso, e come anche questa volta era previsto, le elezioni di metà mandato sono state una grande batosta per il partito in carica – democratici, in questo caso. Fin qui non c’è nulla di sorprendente: è quasi intrinseco nella natura delle elezioni di metà mandato che chi sta al potere perda, per una serie di motivi che non staremo a spulciare.

Quello che invece è stato sorprendente è la nascita e lo sviluppo, nei mesi precedenti alle elezioni, del cosiddetto "Tea Party". Il Tea Party è una formazione politica decisamente peculiare, che molti non esitano a chiamare di “estrema destra”, ma che in ultima analisi è decisamente diversa da quello che, almeno noi europei, intendiamo per estrema destra. Infatti, la mia impressione è che il Tea Party sia un movimento profondamente frainteso dalla maggioranza degli europei, troppo abituati alle tematiche della nostra estrema destra per capire quella americana. Il Tea Party e’ voce di un movimento quasi fondamentalista, nel senso che predica (o dice di predicare) un ritorno alle origini - alle fondamenta, appunto – dell’America: pochissime tasse, no debito pubblico, e tanto cristianesimo (preferibilmente protestante, grazie). Lo stesso nome “Tea Party” nasce da un celebre episodio della guerra rivoluzionaria americana, in cui i patrioti americani versarono un intero carico di té inglese in mare, per protestare contro i dazi e le tasse imposte dal parlamento britannico. Paradossalmente, tuttavia, il Tea Party si lancia al tempo stesso contro una serie di valori che stanno alla base della democrazia americana, come ad esempio la separazione tra chiesa e stato o l’immigrazione.

Queste profonde e alquanto assurde contraddizioni si aggiungono alla peculiarità dei leader del movimento. Nonostante ci siano eccezioni degne di nota, molte delle figure di spicco del Tea Party sono personaggi a dir poco caricaturali: giusto per fare dei nomi, ricordiamo Sarah Palin, candidata come vice-presidente alle elezioni del 2008, ex-governatrice dell’Alaska, che ribadì in un’intervista la sua competenza nel campo diplomatico dovuta al fatto che l’Alaska fosse tanto vicina alla Russia e al Canada; oppure possiamo ricordare Christine O’Donnell, candidata senatrice nel Delaware. Durante un dibattito la O’Donnell mentre si è dichiarata favorevole dell’insegnamento nelle aule di scienza del creazionismo al posto della teoria darwiniana dell’evoluzione (un altro argomento che sta a cuore a molti tea partiers), ha dato prova di avere una conoscenza quasi nulla della costituzione che tanto sbandiera.

Insomma, il Tea Party sta senz’altro avendo molto successo e probabilmente lascerà un marchio a lungo termine sulla politica americana; tuttavia, queste caratteristiche sembrano indicare che la sua presente popolarità non sia causata da un vero e proprio cambiamento nel pensiero politico americano, ma piuttosto sia un semplice sintomo della corrente frustrazione economica, che si traduce in frustrazione politica e sociale. Evidentemente in America, dove esiste un punto fermo, una convinzione portante – l’ideologia dei padri fondatori e il cristianesimo protestante – la gente tende ad aggrapparsi a queste credenze. Proprio per questo, è interessante capire cosa sta succedendo allo stesso tempo in Europa.

L’Europa non ha lo stesso tipo di “origine comune”, ma condivide lo stesso tipo di preoccupazioni e frustrazioni che affliggono gli americani. Dopo la seconda guerra mondiale, gli Europei si sono abituati ad un modello sociale socialdemocratico, che provvedeva ai bisogni del cittadino, dandogli gratuitamente (o quasi) educazione, salute, provvedendo una vasta gamma di servizi, e mandandoli in pensione molto presto (non so voi, ma io conosco gente dell’età dei miei nonni che è andata in pensione a 42 anni – che, in sostanza, è pesata sulle spalle dei contribuenti per più di metà della sua vita). Le recenti misure d’austerità potrebbero segnare la fine dell’Europa come la conosciamo, e soprattutto potrebbero segnare l’inizio di un’era più difficile per gli europei, e in particolare per le generazioni più giovani di europei. Il New York Times ha recentemente fatto un servizio (che vi consiglio molto vivamente se capite un minimo d’inglese) sulla crisi in Europa, dove si intervistano una serie di personaggi rappresentativi di una serie di gruppi sociali importanti – il sindacalista, l’imprenditore, lo studente, le pensionate, eccetera. Il messaggio che emerge è chiaro: come dice una giovane parigina nel serivizio, i nuovi europei sono persone molto coscienti del fatto che “le cose possono scomparire”: quello che è oggi potrebbe non essere domani, e viceversa.

Con tutta questa insicurezza, tutta questa instabilità, a cosa si aggrappano gli europei? Come abbiamo detto, e come ha fatto notare Gavin Hewitt in un articolo per il sito della BBC, l’Europa non ha punti fermi pari a quelli americani, e questo si riflette nel modo in cui gli Europei reagiscono alla crisi: c’e’ chi si dà alla violenza per strada, chi si sfoga contro le minoranze etniche, chi manda bombe in giro… Altri ancora sono troppo occupati dalle faccende personali del Presidente del Consiglio per occuparsi di altro. Persino quelli di noi che in passato si sono dimostrati più calmi e ragionevoli, hanno dato segni di rabbia e instabilità. La mia impressione, tuttavia, è che in Europa non esiste nulla come il Tea Party perché l’Europa è decisamente più rassegnata dell’America. Gli europei, e in particolare i giovani europei, sembrano aver capito che alcune cose possono scomparire, e che non c’e’ niente da fare per farle riapparire. Puff.

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