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L’Aquila: Laura Tarantino scrive nonostante tutto

L'Aquila: Laura Tarantino scrive nonostante tutto

Era quasi un anno fa e Laura Tarantino, dall’ Università dell’Aquila, scriveva: "A L’Aquila la gente mi chiede come sto, come volete che stia? Di merda."

L’amicizia con Laura è continuata, anche grazie a Facebook, è così che riscrive, questa volta per conoscenza a me e alla Federalberghi. Quello che mi ha colpito questa volta sono le risposte stanche e rassegnate degli amici, ce lo diciamo tra noi…Forse non è vero? Dove passano queste testimonianze?

Ho detto a quelli della Protezione civile di non andare più all’Aquila 2. Appena vanno in Abruzzo gli saltano addosso, qualcuno con la mente fragile rischia che gli spari in testa”: forse questa affermazione, fra tante altre e in contemporanea, non contrasta con l’art. 2 della Costituzione?

La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale

Di seguito la lettera odierna e quella non recente, ma attuale come non mai, sempre per conoscenza a tutti coloro che leggono è la voce di Alessandra Cora, che ancora vive. Grazie Rete.

 

"Gentile Federalberghi, ho avuto purtroppo il dispiacere di poter vedere il filmato dell’intervento odierno del presidente del consiglio ad un incontro con voi.

Non vi saranno certo sfuggite le osservazioni, gravissime da un punto di vista politico e inaccettabili da un punto di vista umano, nei confronti della popolazione terremotata – ed in particolare dei familiari delle vittime – e nei confronti della magistratura ai quali i cittadini si sono civilmente rivolti per avere chiarimenti su alcuni fatti poco limpidi nella gestione del pre-terremoto.

Le affermazioni del premier sono allo stesso tempo una forma di ricatto verso la magistratura, un rifiuto di ottemperare al dovere di assistenza nei confronti di un territorio piegato dal sisma e una profonda offesa nei confronti di coloro che maggiormente sono stati colpiti, accusati di essere degli instabili violenti probabili assassini.

Di fronte a tutto questo mi chiedo cosa possa aver provocato gli applausi che si sono levati dalla vostra assemblea, numerosi e per questo forse ancor più gravi delle esternazioni di un singolo. Mi chiedo quale sia il vostro rispetto per i vostri connazionali che da quattordici mesi stanno compostamente e dignitosamente convivendo con condizioni di vita inimmaginabili ai più (anche perché mai raccontate nella loro cruda verità).

Resto in attesa di spiegazioni da parte vostra, di scuse personali e di scuse alla città dell’Aquila e ai suoi cittadini.

 

La gente mi chiede come sto. Come volete che stia? Di merda. Stiamo tutti di merda. Settanta mila persone stanno di merda. Senza casa, senza la città, senza tessuto sociale, senza gli uffici. Molti di noi non rientreranno nella loro casa, se non tra molti anni (me compresa). Molti di noi non ci rientreranno più, perché la casa l’hanno già perduta, o perché gliela stanno per abbattere. Tutti noi non rivedremo la città ricostruita prima di sette, otto anni, almeno. Le persone anziane rischiano di non rivederla mai più.

Tra parentesi: non viene neanche data comunicazione ai proprietari che le case vengono abbattute, ci si aspetta che siano loro ad informarsi. Che so, una cosa tipo: “scusi, che per caso state per abbattermi la casa? ah no? allora che faccio, ripasso tra qualche giorno e magari me lo dite?

E intanto che facciamo? Chi può lavora. Lavora 100 volte più di prima, lavora in condizioni disastrate e disperate. Anche perché tutti gli spazi agibili in città sono stati occupati dalla Protezione Civile, obbligando altri operatori cruciali per la ripresa della città, come l’Università ad esempio, ad andare altrove. Una Protezione Civile che, con le parole del rettore Di Orio «ha una visione dell’occupazione degli spazi inquietante», parole su cui non posso essere più d’accordo.
Non tutti però riescono a lavorare, neanche in condizioni disastrate. E’ il caso dei dipendenti della Transcom, trecentosessanta persone in mobilità. La direzione generale spiega di non essere più in grado di pagare gli stipendi perché non è più competitiva anche a causa del terremoto del sei aprile, che ha reso inagibile la sua sede. E’ il caso dei dipendenti della Technolabs – uno dei più importanti Centri di Ricerca e Sviluppo del centro-sud Italia a capitale esclusivamente italiano – cento su centosessanta dei quali hanno solo la prospettiva di tredici settimane di cassa integrazione a partire dall’inizio di agosto.

A fronte di questa drammatica situazione, qual è la risposta del Governo per rilanciare l’economia? Ad esempio quella di richiedere ai residenti dei quarantanove comuni del “cratere”, a partire da gennaio 2010, la restituzione dell’Irpef non versata a seguito del terremoto, da effettuarsi al 100% in ventiquattro rate. Per darvi un parametro di confronto, nei paesi colpiti dal terremoto dell’Umbria, l’Irpef non venne versata per ventiquattro mesi, e viene restituita adesso, dopo dieci anni e più, al 40% e in centoventi rate (situazione analoga si verificò per gli alluvionati in Piemonte). Cosa passa invece dai mezzi di comunicazione “istituzionali”? Passa la voce di un Presidente del Consiglio che grida al miracolo per la costruzione di alloggi per circa tredici mila persone, quando allo stato attuale solo il 54% delle abitazioni fuori del centro storico è agibile. Se la stessa percentuale fosse valida anche per il centro storico i conti sono presto fatti: circa trentacinque mila sfollati (tralasciamo, poi l’incresciosa situazione del centro storico di cui posso dare testimonianza diretta: del nostro futuro. A tutt’oggi non sappiamo nulla, nulla di nulla al di là di poche parole del premier: «nel centro storico il tempo sarà contato non in mesi ma in anni»). E basta. Questo è il suo miracolo. E ad agosto il premier vuole prendere casa all’Aquila per seguire i lavori di queste casette perché, parole sue, «l’occhio del padrone, come si dice, sappiamo cosa produce» : padrone? Padrone? siamo noi i padroni della nostra città, caro premier. Racconto queste cose, fuori dal “cratere” e la gente sembra non credermi. Abbiamo tutti la sensazione di essere stati abbandonati. Ma anche qui, tranne in rare eccezioni, le informazioni sulla situazione dei terremotati continuano ad essere condivise solo dai terremotati stessi. E così continuiamo a parlarci addosso. E il resto d’Italia continua a non sapere niente. E voi, che pensate di fare? Continuare a guardarci come poveri animali allo zoo, che forse stanno anche diventando un po’ noiosi a fare e dire sempre le stesse cose da tre mesi? Beh, temo proprio che la noia continuerà ancora per qualche anno…"

 

 

 

 

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