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Kaies Bohli è morto dopo l’arresto per asfissia: "C’è la responsabilità dello Stato"

Secondo l'autopsia, Kaies Bohili, il pusher tunisino della cui morte avevamo parlato qui, sarebbe morto per asfissia. Più precisamente per "Arresto cardiocircolatorio neurogenico secondario ad asfissia violenta da inibizione dell'espansione della gabbia toracica". Del caso se ne era parlato a lungo, ma il risultato al quale si è giunti potrebbe significare molto per l'andamento delle indagini. Chi invece rimane sulle sue posizioni è l'Arma, che non ha commentato.

Ricordiamo innanzitutto le dinamiche dell'arrivo in caserma di Kaies Bohili. Il pusher entra in Asl con solo qualche segno di colluttazione. Ciò che l'ha ucciso, insomma è intervenuto durante il tragitto e si tratta, secondo le informazioni arrivate lo scorso 6 agosto, di "asfissia violenta".

Nelle parole del procuratore Roberto Cavallone: "Nella morte di Bohli Kayes [sic] c’è la responsabilità dello Stato. Perché al di là di quello che poteva aver commesso, in quel momento o in passato, la vita è sacra, e quando un cittadino italiano o straniero, chiunque esso sia, è nella disponibilità delle Istituzioni, la sua integrità fisica deve essere assolutamente tutelata".

Buone notizie insomma, se si considera che lo stesso procuratore a giugno smentiva che si trattasse di un nuovo caso Cucchi. Le ragioni della morte di Bohili sarebbero infatti le condizioni che l'hanno impossibilitato a respirare.

Svaniscono così le ipotesi che fosse stata l'assunzione di droghe ad aver causato il malore, fatto che l'autopsia ha smentito (nonostante la lieve assunzione di cannabis). Il caso non lascia di conseguenza alcun alibi alle forze dell'ordine presenti, certificandone la responsabilità a fronte del fatto che a causare il malore sia stato il trattamento subito dal tunisino: l'asfissia deriverebbe infatti da compressione della cassa toracica. Forse un tentativo di mantenere Bohili fermo, che però comunque ricade sotto l'autorità dei carabinieri e non sarebbe derubricabile ad un deprecabile incidente. I carabinieri sono di conseguenza sotto accusa di omicidio colposo, anche se l'Arma tarda a fare le proprie scuse (come invece accade a Londra, dove è spuntato un caso analogo).

Intanto continua a chiarirsi la dinamica dell'arresto. Il Messaggero parla infatti di un malore che si sarebbe verificato già nel parcheggio, anche se rimane dubbio il fatto che sentitosi male già sul posto Bohili venga portato fino in caserma. Sembra incoerente, a meno che le cause dell'asfissia non si siano registrate nel trasporto, e non prima.

Intanto arrivano i primi commenti alla sentenza, il più "autorevole" dei quali è quello di Lino Aldrovandi, padre di Federico:

"Fatti del genere [...] discreditano indifferentemente tutte le istituzioni e i principi del vivere democratico e vanno quindi perseguiti e condannati con fermezza assoluta, nell'interesse anche delle stesse Forze dell'Ordine, che devono avere la forza di isolare i responsabili".

Sulla stessa strada sembra avviato Cavallone, anche se inizialmente si era mostrato titubante: "È una grave responsabilità di cui lo Stato dovrà farsi carico". È sicuramente una piccola buona notizia, anche probabilmente non sarà mai possibile sapere come effettivamente Bohili sia stato trattato dalle forze dell'ordine.

Il punto starà nel vedere come queste ultime reagiranno: tocca ora ai Carabinieri iniziare a selezionare il proprio personale e controllarlo, fatto smentito dai casi di cronaca che si sono susseguiti negli anni. L'autorità giudiziaria (nella persona di Cavallone) si è mossa. Quella di polizia?

Foto: Alessandro Prada/Flickr

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