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James Bond, una pedina della Guerra Fredda

Cosa c’entra James Bond con i contrasti fra Cia l’MI5? C’entra, c’entra. Nel maggio 1951, Guy Burgess e Donald McLean, due giovani diplomatici, fuggivano poco prima di essere arrestati come spie sovietiche. Erano omosessuali e la loro defezione venne attribuita ad un ricatto dei russi. L’immagine della diplomazia e dei servizi di Sua Maestà Britannica ne uscirono a pezzi. Tempestivamente, Jan Fleming (che era stato nel servizio segreto della Royal Navy) pubblicava “Casino Royal” (1952), nel quale compariva per la prima volta James Bond: intelligente, forte e, soprattutto, bello e “sciupafemmine“. Una brillante trovata che ristabiliva l’immagine dei servizi inglesi.

La cosa tornò di attualità qualche anno dopo. Lo apprendiamo da un documento curato dal Centro Alti Studi militari nel 1962, “La guerra psicologica nel campo nazionale e nel quadro dell’Alleanza Atlantica“. Dal 1960, gli americani, sostenuti da tedeschi e francesi, proposero di istituire in sede Nato un organismo permanente per guidare la lotta anticomunista.

Beninteso, non di solo controspionaggio si trattava, ma anche di contrastare la penetrazione comunista (o pretesa tale) nella politica, nel sindacato, nella cultura ecc. Contrari si dissero inglesi e canadesi, subito attaccati come poco sensibili alle esigenze della lotta comune contro l’Urss e per motivi forse inconfessabili (indovinate un po’ a che si alludeva…). In realtà, gli inglesi non erano affatto tiepidi in materia di anticomunismo, ma temevano che il coordinamento fosse uno strumento di ingerenze negli affari del loro paese, senza, peraltro, nutrire eccessiva fiducia sulla sua efficacia. Gli italiani mediarono, -pur notando, con un certo orrore, che “gli inglesi sembrano non dare eccessivo peso al pericolo comunista“- e si giunse ad un compromesso costituendo un gruppo di lavoro, peraltro sfornito di poteri effettivi.

Gli inglesi avevano parato il colpo, ma la loro posizione restava ancora debole (e lo sarà ancor più un anno dopo con la fuga a Mosca di Kim Philby) mentre il tema tornava a proporsi negli anni successivi. Ma, ancora una volta, giungeva in soccorso il personaggio di Fleming che, sino a quel punto aveva avuto notevole successo solo nei paesi di lingua inglese.

A trasformarlo nel leggendario 007, sinonimo, in tutto il mondo, di “agente segreto” fu il cinema. Nel 1962, proprio in coincidenza con le vicende che riferiamo, compariva nelle sale “Licenza di uccidere” con James Bond interpretato da uno strepitoso Sean Connery, cui seguirà “Dalla Russia con amore” a ricordare, ancora una volta, che i servizi inglesi non hanno nulla da imparare quanto ad anticomunismo e che i loro agenti hanno spiccate preferenze eterosessuali. Al servizio di Sua Maestà Britannica.

Aldo Giannuli, L’Unità 28/09/08

Questo articolo è stato pubblicato qui

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