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Istria, Fiume e Dalmazia non si toccano. Basta con le provocazioni dei nazionalisti italiani

Nel 2014 scrivevo, in merito al Giorno del Ricordo, che questo ha tra i suoi scopi possibili quello di fomentare e legittimare l'idea, attraverso la propaganda storica e revisionistica, della “restituzione” delle terre "contese" oggi giustamente appartenenti alla Slovenia e Croazia. 

In Italia esiste un movimento, quale il Movimento Irredentista Italiano e nel sito si legge che “è un’organizzazione militante che punta alla creazione di una coscienza nazionale, volta all'unità e alla riscoperta dei valori dell’italianità. Esso lavora per l’Italia e per raccogliere tutti i patrioti in un unico progetto con l’obiettivo del raggiungimento dell’Unità, dell’Integrità e dell’Indipendenza della Nazione. Tale lavoro contempla le terre irredente di: Venezia Giulia, Fiume, Dalmazia, Arcipelago di Malta, Corsica, Nizza ed ex contea, Ticino, Grigioni italiano”. 

Il numero 30 della loro rivista ha pubblicato l'articolo di un tale Riccardo Pelucchi, ove si legge che “È difficile definire il concetto di irredentismo nel 2015, specialmente per quanto riguarda la nostra nazione. Di sicuro, il fine ultimo cui ogni irredentista italiano anela è l'unione di tutti i territori appartenenti alla regione geografica e culturale italiana sotto un'unica entità nazionale. Questo è il principio base di chiunque possa definirsi irredentista”.

E dopo una breve riflessione sulla situazione attuale scriverà che “La nuova frontiera dell'irredentismo moderno deve assolutamente contemplare un adeguato ritorno agli ideali passati. Un nuovo risorgimento nazionale deve passare imprescindibilmente dalla riscoperta dei comuni valori nazionali e delle nostre radici cristiane - da non confondere con bigottismi di sorta ma da intendersi come presa di coscienza sensibile dei valori che hanno indubbiamente fondato la nostra nazione a livello identitario, innegabili persino da un ateo - dal mantenimento dello ius sanguinis, dalla presa di distanze da partiti e movimenti che hanno come fine ultimo la dissoluzione della nostra Nazione, dalla tutela dei confini della Patria, dalla riscoperta delle celebrazioni nazionali, cadute in un oblio tacciato di nostalgia e di revanscismo, e delle date importanti della storia patria” concludendo che “solo in questo modo ambire al ricongiungimento con le terre irredente avrà senso: occorre conoscere le proprie radici per poter capire dove andare”. 

Questo movimento, che su Facebook conta poco più di 4 mila “mi piace”, come scrivono sulla loro pagina ha organizzato diverse iniziative che hanno anche riguardato le scuole. Ed emblematico è il manifesto realizzato in occasione del giorno del ricordo 2015, “ricordare per tornare”. Il 26 settembre 2005, Menia, considerato come il padre della Legge che istituisce il Giorno del Ricordo, proponeva una interrogazione a risposta orale indirizzata al Ministro degli affari esteri.

“Per sapere - premesso che: lo scorso 15 settembre, a Portorose, cittadina istriana, già facente parte della zona B del territorio libero di Trieste, ceduta alla Jugoslavia con il trattato di Osimo del 10 novembre 1975, il premier sloveno Janez Jansa ha celebrato in diretta televisiva la «Prima Giornata del ritorno della Primorska (quello che definiscono oggi Litorale sloveno) alla madre patria», in ricordo del 15 settembre 1947, data dell'entrata in vigore del Trattato di pace di Parigi, che sancì i nuovi confini italo-jugoslavi;(...) in questo contesto si sono registrate affermazioni, secondo l'interrogante, gravissime da parte del premier sloveno Jansa, il quale ha testualmente affermato che «se dopo la seconda Guerra mondiale il regime iugoslavo non avesse trascinato il Paese al di là della cortina di ferro, avremmo potuto contare anche su Trieste, Gorizia e la Slavia veneta»”. Chiedendo dunque al Governo quali fossero le sue valutazioni in merito alle affermazioni del premier sloveno. Ora, non volendo entrare nel merito delle parole di Jansa, è innegabile comunque che nella storia revisionistica nostrana, quando si parla della fantomatica corsa per Trieste, durante la primavera del '45 emerge unicamente quella Jugoslava, mentre quella posta in essere dagli anglo-americani viene presentata in modo completamente opposto, prospettiva storica che trasformerà il 1 maggio del '45 in occupazione e non liberazione dal nazifascismo, mi domando se non sia il caso di intervenire, in modo risolutivo, nei confronti di coloro che invocano il nuovo risorgimento nazionale che dovrebbe trovare compimento con il ritorno nelle terre così dette “irredente”. 

Perché sapere dell'esistenza di gruppi variegati anche politici, che magari organizzano iniziative nelle scuole, che, per ragioni politiche, storiche, ed ottocentesche, possono seminare convinzioni e sentimenti finalizzati a legittimare il “ritorno” nelle terre "contese"per il nuovo risorgimento italiano è un qualcosa di una gravità inaudita. Senza ignorare i gruppetti che organizzano "gite" od iniziative finalizzate a rimarcare i caratteri dell'italianità di certi e dati luoghi, magari rivalutando alcuni personaggi o personalità italiane od italianissime, con lo scopo di porre le basi per un "ritorno" in queste terre, iniziative da non sopravvalutare ma neanche da sottovalutare stante la situazione disastrosa in cui si trova l'Europa. 

Deve indurre alla riflessione quanto pubblicato, ad esempio, dalla rivista Limes .Ovvero pubblica una cartina a dir poco inquietante, ove si parla della netta affermazione degli indipendentisti nel voto catalano e della possibilità che tale successo apra la strada ad una rivoluzione geopolitica su scala europea. E tra i luoghi caldi vi sono, ad esempio, l'Istria e Fiume...

Per non parlare di quelle realtà, a quanto pare ora solo virtuali, che vogliono battersi per la difesa dell'Italia. Penso al Risollevismo, fronte patriottico e corpo volontario di difesa territoriale ovvero "all'associazione Risollevista denominata "CORPO VOLONTARIO di DIFESA TERRITORIALE " (espressione del Fronte Patriottico Sociale Nazionalista - Risollevismo) è finalizzata a creare, su tutto il territorio nazionale, dei gruppi di volontari in ogni città (e coordinati tra loro) che abbiano come scopo quello di monitorare visivamente punti sensibili a rischio attentati e come prevenzione al degrado sociale e ambientale". E dicono o meglio scrivono di essere presenti in centinaia di località italiane....

Continua su: xcolpevolex 

di Marco Barone 

Commenti all'articolo

  • Di Mader (---.---.---.195) 11 marzo 2016 06:24

    E’ vero, in Istria e Dalmazia tutto parla di Roma e Venezia, note citta’ sloveno-croate, oltre al dettaglio dei 400.000 italiani cacciati e di chissa’ quanti infoibati,a bitanti quelle terre da 3000 anni. 


    L’Istria e la Dalmazia, in tutta la loro storia, non hanno mai avuto un’etnia che avesse il 95 % di prevalenza, con gli slavi al potere cio’ e’ avvenuto, e poi saremmo noi i nazionalisti. 

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