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Israele: governo in difficoltà

Un possibile rovesciamento di fronte dietro le dimissioni del Ministro dell'Ambiente.

Dopo la decisione del primo ministro israeliano, Bibi Netanyahu, di “aprire a destra” inglobando nell’esecutivo il super-falco Avigdor Liberman, le varie ipotesi interpretative formulate dagli analisti coprivano un ventaglio non molto ampio di possibilità: la volontà di riposizionare in senso filo-russo le alleanze strategiche del paese, la possibilità di un nuovo conflitto estivo contro Hamas, oppure una machiavellica operazione di restyling portata avanti dallo stesso Netayahu che poteva aver aperto a destra per consolidarsi nella sua area politica naturale o anche - e qui si rendeva necessario un volo di fantasia politica - per poter poi virare di 180 gradi e andare, più liberamente, a sinistra.

Come è noto il governo di centro-destra, dopo il fallimento dell’ipotesi della Grande Coalizione con l’Unione Sionista (centrosinistra), aveva al parlamento una risicatissima maggioranza di due seggi (61-59); vale a dire che un solo parlamentare poteva decidere delle sorti di qualsiasi progetto di legge e della vita del governo stesso: lo stallo del 60-60 era appena dietro l’angolo.

Il partito di estrema destra di Liberman (6 seggi) era stato accantonato per accogliere nella coalizione il partito centrista, nazionalista e molto pragmatico Kulanu, con i suoi 10 deputati, che non aveva accettato un’alleanza di governo con Liberman.

In queste ultime settimane Netanyahu aveva deciso un’operazione di consolidamento del suo esecutivo ed accolto Liberman e i suoi parlamentari nella coalizione dopo una trattativa con i rappresentanti dei partiti di governo complicata e a tratti accalorata. Le cose sembravano fatte all’inizio di questa settimana con la nomina di Liberman nientemeno che a ministro della Difesa. Cosa che ha suscitato nelle sfere militari un malcontento piuttosto esplicito e un notevole fermento nelle file di Kulanu.

Oggi il (prevedibile) colpo di scena: il ministro dell’Ambiente Avi Gabbay, guardacaso uno dei rappresentanti di Kulanu nel governo, si è dimesso con clamore accusando Netanyahu di aver indebolito pericolosamente i rapporti con gli Stati Uniti e di aver minato gli equilibri, già fragili, all’interno della società israeliana dando spazio e visibilità agli estremisti di Liberman.

Ma, secondo il quotidiano Haaretz, «la goccia che ha fatto traboccare il vaso e, infine, lo ha portato a dimettersi, è stato il licenziamento di Moshe Ya'alon da ministro della difesa e la sua sostituzione con Avigdor Lieberman».

Prende corpo così quella che sembrava essere l'interpretazione più fantasiosa dell’operazione di Netanyahu: aprire all’estrema destra per spingere Kulanu a far cadere il governo. E avere quindi le mani libere per poter percorrere più speditamente la strada della Grande Coalizione con l’Unione Sionista.

I prossimi giorni ci diranno se le dimissioni di Gabbay sono state solo una sua iniziativa personale o un segnale preciso che il suo partito sta lanciando, per ora con molta cautela, all’esecutivo.

E, ancora più importante, se porteranno ad un semplice aggiustamento della coalizione, con qualche modifica degli equilibri interni, oppure ad un vero e proprio rovesciamento di fronte del governo di Israele.

Con tutte le conseguenze sull'area mediorientale che si possono facilmente intuire.

 

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